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Il Disprezzo di Jean-Luc Godard con Brigitte Bardot torna integrale al cinema

La Cineteca di Bologna da oggi riporta in sala – per la prima volta in sala in versione integrale e restaurata in 2k – Il Disprezzo, il film di Jean-Luc Godard del 1963 tratto dall’omonimo romanzo di Alberto Moravia. Protagonista in copertina è la splendida Brigitte Bardot, mentre nel cast, nella parte di se stesso, troviamo il maestro Fritz Lang.


Questa director’s cut è completamente diversa della famigerata versione italiana o ‘versione Ponti’, scivolata senza scrupoli dagli schermi anni Sessanta ai successivi passaggi televisivi. Storia paradossale, quella del Disprezzo, dove il presunto conflitto tra arte e industria varca le soglie del ridicolo. All’inizio c’è il produttore Carlo Ponti che tenta il colpo grosso, mettere insieme la ragazza più hot del momento, Brigitte Bardot, e il genio scontroso della nouvelle vague, Jean-Luc Godard, sullo sfondo abbagliante e ultraglamour di Capri.

La pellicola mostra la crisi d’una coppia (un regista e sua moglie) che si dissolve tra baci, schiaffi, ipocrisie e rancori, e insieme storia d’un film da farsi (un adattamento dell’Odissea) che naviga a vista tra purezza dell’intenzione artistica e ciniche ragioni del mercato. Quell’Odissea alla fine si farà, mentre l’odissea del Disprezzo è appena cominciata.

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Pur davanti a uno dei film più lisci e narrativi della nouvelle vague, il produttore s’inquieta, rimonta, taglia venti minuti, appiattisce sull’italiano la babele dei dialoghi (nell’originale ciascuno parla la sua lingua), sostituisce la musica per archi di Georges Delerue con il jazz di Piero Piccioni, elimina di netto il finale e fa cadere sul pavimento della sala di montaggio il nudo della Bardot che lui stesso aveva richiesto. Naturalmente Godard disconobbe quel film. Questo film, invece, è una riflessione sul cinema e sull’amore asprigna e ironica, illuminata e luminosa, e “tutta incentrata sul rapporto classicità-modernità”, come scrive Alberto Farassino.

Il Disprezzo è il nono romanzo di Alberto Moravia; è stato pubblicato nel 1954 e la sua prima traduzione francese è del 1955. Si svolge nel mondo del cinema italiano degli anni Cinquanta, è raccontato da uno scrittore di teatro-sceneggiatore, Riccardo Molteni, alle prese con un produttore, Battista, e un regista, emigrato tedesco, Rheingold. Sul romanzo, quindici anni dopo le riprese, Godard disse: “era un romanzo che aveva avuto una certa fama, un romanzo che mi era piaciuto, un poco”.

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Le testimonianze di Jean-Luc Godard riguardanti il romanzo sono talvolta contraddittorie. Dichiara a Yvonne Baby su Le Monde del 20 dicembre 1963: “avevo letto il libro da molto tempo. Il soggetto mi era molto piaciuto e dato che dovevo fare un film per Carlo Ponti, gli ho proposto di adattare Il Disprezzo fedelmente, capitolo per capitolo. Ha detto sì, poi no, per paura, e quando gli ho suggerito di chiamare Kim Novak e Frank Sinatra, ha rifiutato: preferiva Sophia Loren e Marcello Mastroianni. Io non volevo, siamo rimasti fermi sulle nostre posizioni fino a quando ho appreso che Brigitte Bardot si interessava al progetto e accettava di lavorare con me. Grazie a lei, tutto è diventato improvvisamente facile, tutti erano contenti, compresi gli americani, o più precisamente Joe Levine, che finanziava in parte l’affare e al quale Ponti aveva affermato che il film sarebbe stato molto commerciale. Noi abbiamo quindi girato liberamente per sei settimane in Italia”.

Godard ha dichiarato invece a Jean-André Fieschi: “Il romanzo di Moravia è un volgare e grazioso romanzo da leggere in treno, pieno di sentimenti classici e desueti, a dispetto della modernità delle situazioni. Ma è con questo genere di romanzi che spesso si girano dei bei film”.

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Il montaggio del film era terminato alla fine dell’estate del 1963 e il film stava per essere selezionato dalla Mostra di Venezia, in settembre. “Ho mostrato il film a Ponti – raccontava Jean-Luc Godardgli è piaciuto, l’ha trovato un po’ più normale di quello che faccio di solito”. Ma questo non era anche il parere degli americani che lo consideravano molto artistico ma non commerciale. Per questo Ponti chiese a Godard di aggiungere una scena (di nudo, tra la Bardot e Michel Piccoli) che “in un certo senso – ricordò Godard – spiegasse e giustificasse il disprezzo”.

Inizialmente il regista disse di ritirare la firma, ma alla fine, dopo violente discussioni,  accettò di girare tre sequenze supplementari. Si tratta della prima sequenza del film con il celebre dialogo amoroso amoroso fra Camille e Paul, di un susseguirsi di inquadrature di breve durata e infine di una scena che rappresenta Camille e Prokosch in una camera della villa di Capri: Camilla distesa su un letto, Prokosch la guarda mentre lei si rimette i vestiti (una sequenza che non figura nel montaggio definitivo). In effetti le concessioni accordate da Godard alla produzione americana gli hanno permesso di reintegrare delle scene previste a livello di sceneggiatura, poi ulteriormente abbandonate.

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Su Le Monde, Yvonne Baby domandò a Godard se rimpiangesse di avere girato la sequenza iniziale: “Per nulla. La scena di nudo non era qualcosa che stonasse nel film, che non è erotico, al contrario. Che Brigitte Bardot venga mostrata così all’inizio della storia era una cosa possibile, è normale perché, in quel momento, lei è ancora quell’attrice che, sullo schermo, si spoglia: non è ancora Camille, la sposa toccante, intelligente e sincera dello sceneggiatore Paul Javal che in un’altra scena – è una coincidenza – dice più o meno queste parole: “Nella vita si vedono le donne vestite e al cinema le si vede nude”. In altre condizioni, avrei rifiutato questa scena, ma qui, l’ho fatta in un certo colore, l’ho illuminata in rosso e blu perché divenga altra cosa, perché abbia un aspetto più irreale, più profondo, più grave che non semplicemente Brigitte Bardot su un letto. Ho voluto trasfigurarla perché il cinema può e deve trasfigurare il reale”.

“Il Disprezzo è un film perfetto: classico, moderno, realista e romantico”

Jean Douchet

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