Alessandro Gassmann e Marco Giallini si scontrano aspramente in Beata Ignoranza, la nuova commedia – da domani al cinema – diretta da Massimiliano Bruno che riflette sulle relazioni umane online e offline. Nel cast anche Carolina Crescentini, Valeria Bilello e Teresa Romagnoli.
Ernesto (Marco Giallini) e Filippo (Alessandro Gassmann) hanno due personalità agli antipodi e un unico punto in comune: sono entrambi professori di liceo. Filippo è un allegro progressista perennemente collegato al web. Bello e spensierato è un seduttore seriale sui social network. È in grado di sedurre anche i suoi studenti grazie a un’app, creata da lui, che rende immediata la soluzione di ogni possibile calcolo.
Ernesto è un severo conservatore, rigorosamente senza computer, tradizionalista anche con i suoi allievi, che fa della sua austerità un punto d’onore e vanta una vita completamente al di fuori della rete. È probabilmente l’ultimo possessore vivente di un Nokia del ’95. Un tempo erano “migliori amici” ma uno scontro profondo e mai risolto li ha tenuti lontani, fino al giorno in cui si ritrovano fatalmente a insegnare nella stessa classe.
I loro punti di vista opposti li portano inevitabilmente a una nuova guerra. Saranno obbligati ad affrontare il passato, che ritornerà nelle sembianze di Nina (Teresa Romagnoli), una ragazza che li sottoporrà a un semplice esperimento che si trasforma in una grande sfida: Filippo dovrà provare a uscire dalla rete ed Ernesto a entrarci dentro. Questo viaggio li cambierà profondamente, costringendoli a trovare un equilibrio, sempre più raro e delicato ai giorni nostri, tra la coscienza globale di chi si affida alla rete e la totale indifferenza di chi si ostina a resistere a oltranza all’epoca digitale.
Con Beata Ignoranza, il regista Massimiliano Bruno ha voluto parlare di relazioni: “una volta le gestivo parlando, di persona o al telefono – racconta – mentre adesso le gestisco principalmente tramite messaggini, chat e post su Facebook. E Whatsapp è talmente diventato diffuso che pensare a una mail ha già un sapore antico, sorpassato”. Una riflessione che diventa un mea culpa: “quattro anni fa avevo scritto un post dove mi lamentavo di avere sempre meno tempo per le mie passioni e di dedicare troppo spazio alle sciocchezze on line. E così ci sono caduto, ero diventato uno di quelli che legge di meno, va meno a teatro, passa sempre meno tempo da solo a riflettere”.
Una regressione che lo ha mandato in crisi: “ho spento il mio profilo per un po’. In quel momento mi sono ricordato chi ero. Ironia della sorte quel famoso profilo è stato bannato da Facebook proprio durante le riprese di questo film. Pensavo di rosicare vedendo venir meno contatti, foto, video, ricordi e invece dal giorno dopo già avevo dimenticato tutto, ulteriore conferma che il consumismo social si può combattere semplicemente cambiando strada o, come nel mio caso, modificando percorso”.
Beata Ignoranza fa una precisa domanda al pubblico: vi sentite meglio on line o off line? Chi siete veramente? Voi stessi o il vostro alter-ego? Stimate di più le vostre sconfitte reali o i vostri successi virtuali? Gassmann e Giallini rappresentano le due opposte risposte e nella pellicola si azzuffano per affermare il proprio pensiero. Fino al punto di entrare nella vita dell’altro per dimostrare che è sbagliata. Ma è nella teoria del giusto mezzo che troveranno se stessi.
Gassmann ricomincia a riappropriarsi del tempo libero, delle sue passioni, delle relazioni umane e Giallini invece va in avanscoperta nelle sue paure più profonde realizzando quanto possa far male in rete esprime giudizi e ritrovarsi coinvolti in una shit-storm ma allo stesso tempo quanto è deresponsabilizzante corteggiare una donna attraverso un computer. Hanno una figlia in comune, Nina, (la bravissima Teresa Romagnoli al suo primo film) che fa da arbitro alla loro sfida e ne sottolinea gli errori.
Nina è della generazione nata con lo smartphone in tasca dove i social sono normale amministrazione e dove non c’è bisogno di ricordarsi un numero di telefono: una nativa virtuale. “Tutto il contrario di quelli della mia generazione – spiega il regista – che, con un po’ di timore e puzza sotto al naso, hanno assistito scettici alla rivoluzione del modo di comunicare“.
“Ma questo è un film che non vuole parlare male della rete, ne esalta anzi le qualità – conclude Massimiliano Bruno – suggerendo timidamente a tratti qualche soluzione di quieto vivere. Io stesso sono rimasto sorpreso da alcune manifestazioni di solidarietà partorite dai social in alcuni casi drammatici come attentati o cataclismi. L’essere umano alla fine spunta sempre fuori e cerca di resistere alla superficialità”.