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Paura Non Abbiamo, la lotta femminile per il lavoro nell’Italia anni ‘50

Uno sguardo inedito sugli anni cinquanta, che getta nuova luce sulle ripercussioni in Italia della Guerra Fredda, attraverso le testimonianze dei prigionieri politici che transitarono nell’ex carcere di Bologna. E’ la narrazione del documentario Paura Non Abbiamo di Andrea Bacci, dal 2 maggio al cinema, che racconta le lotte per i diritti delle donne e del lavoro, la repressione poliziesca nei confronti dei lavoratori e delle lavoratrici, la solidarietà di un’intera comunità.


Bologna, 8 marzo 1955. Anna e Angela furono arrestate davanti alla fabbrica Ducati per aver distribuito la mimosa in occasione della Giornata Internazionale della Donna e condannate a un mese di reclusione da scontare nel carcere di San Giovanni in Monte, oggi sede del dipartimento di Storia dell’Università.

Sessant’anni dopo, San Giovanni in Monte è il luogo deputato a riportare alla luce le storie delle migliaia di persone che negli anni Cinquanta vennero ingiustamente licenziate dalle fabbriche a causa dell’affiliazione a organizzazioni politiche e sindacali della sinistra. Nel pieno della guerra fredda e della violenta repressione perpetrata dalla polizia nei confronti del movimento operaio durante scioperi e manifestazioni, persino un innocuo fiore come la mimosa veniva considerato un simbolo sovversivo, sinonimo della lotta per l’emancipazione femminile.

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Partendo dalla storia di Anna e Angela, Paura Non Abbiamo narra l’Italia degli anni Cinquanta attraverso le lotte per i diritti delle donne e del lavoro, la repressione poliziesca nei confronti dei lavoratori, i racconti dei prigionieri politici. Il film è al tempo stesso un documentario storico e un film carcerario in assenza, nel quale il carcere è presente unicamente come luogo simbolico della memoria. All’epoca, Bologna è la roccaforte comunista in Italia e come tale rappresenta una minaccia all’ordine costituito della Guerra Fredda. Le tensioni tra governo centrale e amministrazione comunale, sfociano in una vera e propria repressione poliziesca volta a contenere comportamenti non allineati con il pensiero dominante.

Il documentario racconta una delle epoche più controverse dello scenario politico italiano e internazionale, attraverso le testimonianze dei prigionieri politici incarcerati nel carcere di San Giovanni in Monte, oggi Dipartimento di Storia dell’Università, e attraverso la voce degli storici che, a sessant’anni di distanza, lavorano all’interno di quelle stesse celle per riportare alla luce le storie dimenticate delle migliaia di persone che negli anni Cinquanta lottarono per i propri diritti e per quelli delle generazioni future.

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Le vere protagoniste del film sono le donne, impegnate nella difesa dei propri diritti di lavoratrici e cittadine, interpreti di quell’anomalia bolognese che le vedeva impiegate nell’industria metalmeccanica al pari degli uomini, contrariamente agli stereotipi prevalenti.

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