Nel 60° anniversario della sua morte (avvenuto lo scorso 26 marzo), Lab 80 Film omaggia con la rassegna La Giostra Delle Passioni il grande Max Ophüls, maestro del cinema francese che tra gli anni Trenta e gli anni Cinquanta ha realizzato numerose indimenticabili pellicole. Da oggi sono infatti in sala tre suoi capolavori restaurati in 2K: Tutto Finisce All’Alba (1939), Da Mayerling a Sarajevo (1940) e Il Piacere (1952). Tre film diversissimi tra loro, per soggetto e ambientazione, tutti girati con assoluta maestria e capacità compositiva: i movimenti di macchina sono vivaci; i protagonisti sono disegnati con straordinaria attenzione e le loro vicende sanno coinvolgere profondamente lo spettatore.
Tutto Finisce All’Alba (1939)
Nella Parigi degli anni Trenta, la giovane Evelyne (Edwige Feuillère) è rimasta vedova e senza denaro. Vive sola con il figlio Pierre (Michel François) e per mantenere sé e il piccolo si trova a lavorare come spogliarellista ed “entraîneuse” in un locale notturno di Montmartre. Un giorno ritrova per caso Georges (George Rigaud), un medico, suo grande amore del passato: non lo vede da anni ma ne è ancora innamorata. Per nascondergli il lavoro che fa e le modeste condizioni in cui vive si affanna ad organizzare una complicata e costosa messa in scena, fingendo una tranquilla vita borghese. Quando Georges la invita a partire con lui per il Canada, Evelyne deve compiere una scelta definitiva. La protagonista del film incarna la figura di una donna segnata da dolorosi abbandoni e pronta a sacrificarsi completamente per amore: un ritratto disegnato con sensibilità da Ophüls, che regala uno dei suoi più accurati personaggi femminili. Quella del regista è una fascinazione per il mondo dei protettori e delle “ragazze”, che trova nella storia di Evelyne lo spazio per esprimersi: il film, come ha affermato lo stesso regista, è stato censurato in diversi modi ed epoche.
Da Mayerling a Sarajevo (1940)
1889, Mayerling: l’arciduca d’Asburgo Rodolfo, figlio di Francesco Giuseppe ed erede dell’impero austro-ungarico, si suicida. Francesco Ferdinando subentra al primo posto nella linea di discendenza regale. L’arciduca, giovane dalle idee progressiste, s’innamora della contessa Sophie Chotek, un’aristocratica ceca dell’allora Regno di Boemia. Non accettata dalla famiglia reale, a Sophie viene concesso soltanto di essere moglie morganatica: poiché di rango inferiore, né lei né i suoi figli possono ambire ai titoli o all’eredità dell’arciduca. In un’accurata ricostruzione del clima storico e dei giochi di potere, Ophüls racconta la commovente vicenda personale delle vittime dell’attentato del 28 giugno 1914. L’interpretazione di Edwige Feuillère nel ruolo della contessa è raffinata e sensibile. Il regista, ebreo tedesco fuggito in Francia, rievoca con intenti antimilitaristi l’inizio della prima guerra mondiale, proprio allo scoppiare della seconda.
Il Piacere (1952)
Le Plaisir è basato sulla trasposizione cinematografica di tre novelle di Guy de Maupassant: Le Masque, La Maison Tellier e Le Modèle. Gli episodi, due brevi e uno, quello centrale, più lungo, formano un affascinante trittico in cui i pannelli sono autonomi ma uniti da un senso di simmetria, dai richiami tra le sequenze e dalla voce narrante di Jean Servais. I tre racconti ci mostrano, come dice il narratore, tre aspetti che si confrontano con il piacere: l’amore, la purezza e la morte. Un’opera virtuosa, splendido esempio di come il cinema di Max Ophüls abbia una struttura solidissima, il cui asse portante è la passione del maestro per la letteratura e per il teatro, supportata da anni di studio.
I trailer
EXTRA – Chi era Max Ophüls
Max Ophüls (6 maggio 1902, Saarbrücken, Germania – 26 marzo 1957, Amburgo) nasce col nome di Maximilian Oppenheimer in una famiglia di ebrei tedeschi, industriali del settore tessile. Rinuncia presto alla direzione dell’impresa paterna per coltivare la propria passione per letteratura e teatro. Nel 1919, quando decide di fare l’attore al Teatro Nazionale di Stoccarda, cambia il proprio cognome in Ophüls. Diventa regista, quasi per caso, quando al teatro di Dortmund gli propongono l’attività di regia in alternativa ai ruoli drammatici, per cui non è tagliato. È stato regista di numerose opere, tra lirica e teatro di prosa, a Dortmund, Vienna, Berlino e Francoforte.
Negli anni Trenta dirige i primi film in Germania, Olanda, Italia e Francia. Oltre ai titoli di questa rassegna, tra gli altri: Amanti Folli (1933), La Signora di Tutti (1934), Yoshiwara, il Quartiere delle Geishe (1937), Werther (1938). Emigra in Francia nel 1933 e ottiene la naturalizzazione nel 1938. In seguito si trasferisce in Svizzera e in Italia. Nel 1939 si arruola nella Legione Straniera francese e, dopo l’armistizio tra Francia e Germania, nel 1941 emigra negli Stati Uniti, dove realizza Lettera da una Sconosciuta (1948), Sgomento (1949) e Nella Morsa (1949). Nel 1950 ritorna in Francia. Gira La Ronde (1950), I Gioielli di Madame de (1953) e Lola Montès (1955), opere in cui affina uno stile sottile ed elegantemente autoironico, basato su una visione tragica e malinconica della vita che viene presentata al pubblico in modo apparentemente frivolo. Max Ophüls non volle mai diventare un regista chiuso in un solo genere. Come disse lui stesso, il suo campo d’azione era “la letteratura universale, la sola internazionale in cui posso credere“.
«Il vero fine dell’arte è offrire una nuova visione del mondo».
Max Ophüls