“Entra così intimamente nel mondo dei suoi personaggi che hai la sensazione di vivere con loro”. Con queste parole Martin Scorsese ha definito A Ciambra, il film che lui stesso ha prodotto, diretto da Jonas Carpignano e presentato in anteprima a Cannes (nella Quinzaine). Un film convincente e maturo, in sala dal 31 agosto, con Pio Amato, Koudous Seihon, Iolanda Amato e Damiano Amato.
Nella Ciambra, una piccola comunità rom nei pressi di Gioia Tauro, Pio Amato cerca di crescere più in fretta possibile, a quattordici anni beve, fuma ed è uno dei pochi in grado di integrarsi tra le varie realtà del luogo: gli italiani, gli immigrati africani e i membri della comunità rom. Pio segue ovunque suo fratello Cosimo, imparando il necessario per sopravvivere sulle strade della sua città. Quando Cosimo scompare le cose per Pio iniziano a mettersi male, dovrà provare di essere in grado di assumere il ruolo di suo fratello e decidere se è veramente pronto a diventare un uomo.
Lasciamo ora spazio ad un estratto dell’intervista rilasciata da Jonas Carpignano.
Entrambi i suoi film sono ambientati nel sud Italia in una città che si chiama Gioia Tauro. In Mediterranea, ci hai portato nel mondo di due immigrati africani che cercavano la propria strada dopo un pericoloso viaggio. In A Ciambra, ci fa conoscere la famiglia Amato, appartenente ad una comunità rom. Come è stato il suo primo incontro con la famiglia Amato? Può parlarci della comunità rom presente in Italia?
La prima volta che ho incontrato la famiglia Amato era il 2011, dopo che la mia Fiat Panda, con tutte le mie apparecchiature cinematografiche, era stata rubata. Eravamo a Gioia Tauro per girare A Chjana (il cortometraggio da cui poi sarebbe nato Mediterranea). A Gioia Tauro quando una macchina sparisce, la prima cosa da fare è “chiedere agli zingari”. Ed è stata la prima volta che ho visto la Ciambra. Mi sono innamorato immediatamente dell’energia di quel posto. Ogni volta che racconto questa storia, Pio dice di ricordarsi di avermi visto ma di non avermi notato, ma anche io non feci attenzione a lui, c’erano troppe cose da fare. Dovemmo aspettare tre giorni per riavere la macchina perché il nonno di Pio (che ha ispirato il personaggio di Nonno Emiliano ) era appena morto e loro non potevano contrattare il riscatto per la macchina prima dei funerali. La processione durante il rito funebre mi impressionò talmente tanto che cinque anni dopo la riproposi nel film. Tutta questa vicenda ebbe un tale impatto su di me che di lì a poco iniziai la stesura della versione breve di A Ciambra.
È difficile definire genericamente la condizione dei rom nella società italiana, e non ho lo spazio qui per spiegare la complessità della loro situazione in Italia o in Europa. Ci sono quelli che hanno raggiunto le vette della criminalità organizzata, come i Casamonica a Roma; o gli operai che lavorano a giornata e che non si distinguono dagli altri italiani; o i nomadi che vivono in squallidi campi creati dallo stato nelle periferie delle più grandi città italiane; e posso fare anche altri esempi. Quello che è importante nel film è il ruolo che i rom della Ciambra svolgono a Gioia Tauro e la loro relazione con i nuovi immigrati africani arrivati nel Sud Italia. Penso che partendo da questo esempio, possiamo parlare di una condizione più universale, l’obiettivo del film non è mai stato fare luce su articolate questioni sociologiche. Sono interessato a Pio e Ayiya e penso che il film racconti in maniera articolata la loro relazione, punti di forza e limiti.
Pio Amato ruba la scena. Era sua intenzione scrivere un film su di lui e la sua famiglia? Quanto c’è di vero su di lui? Può descrivere il vostro rapporto.
Ho incontrato persone che avevano ogni sorta di opinione sull’argomento mentre stavo preparando Mediterranea, ma una cosa metteva tutti d’accordo, l’amore assoluto e l’apprezzamento per Pio. Pio ha, come dicono i miei amici a New Orleans, qualcosa. Qualsiasi cosa sia, Pio brilla di luce propria e l’ho percepito la seconda volta che l’ho incontrato. Avrei voluto fare un film nella Ciambra anche prima di incontrare Pio, prima che iniziassimo a girare Mediterranea. Sono arrivato alla Ciambra con un’idea primordiale di storia. Quando ho incontrato Pio, ho modificato la storia inserendo lui e la sua famiglia. Gli elementi biografici della famiglia Amato hanno finito per modificare e cambiare la storia allo stesso modo in cui la storia di Koudous Seihon ha influenzato Mediterranea. In entrambi i casi, dopo aver incontrato i veri protagonisti, ho cercato di rendere il film più simile possibile alle loro vicende, conservando una traccia della struttura drammaturgica.
Il film si chiude con un ragazzo che diventa uomo, pagando un caro prezzo. Lo consideri un finale ottimista?
Ottimista? Nella vita cerco di essere sempre una persona ottimista, ma non voglio pensare ai miei film in termini di ottimismo o di pessimismo. Cerco di mostrare agli spettatori la mia interpretazione di com’è la vita dove vivo, ma lascio a loro il compito di decidere come sentirsi a riguardo. Sebbene i miei film non siano affatto “obiettivi,” non hanno uno scopo particolare e non il baluardo di una causa in particolare. Parlano di personaggi che si trovano in situazioni contraddittorie e conflittuali che devono affrontare la situazione nel miglior modo possibile. Anche se questo film affronta il tema della povertà, del rapporto tra diverse etnie, degli stereotipi identitari, della criminalità, ecc., alla fine è tutto incentrato su Pio, su chi è e su come io penso diventerà. Sono ottimista riguardo a Pio, il ragazzo della Ciambra, non il personaggio del film, e gli voglio davvero molto bene. Credo che se posto davanti alla scelta che deve compiere riguardo ad Ayiva, Pio farebbe esattamente come nel film. Ciò che accade è ovviamente molto, molto triste, ma alla fine non credo che lo spettatore proverà avversione nei suoi confronti. Anche le brave persone fanno cose cattive, e quando siamo con le spalle al muro è facile rifugiarsi nel tribalismo. Ci sono persone nella Ciambra che hanno commesso azioni che dal di fuori sono viste e giudicate come “cattive,” ma io penso che non siano cattive persone e ritengo che questo film ne sia testimonianza. Dunque, proprio come per Mediterranea, ci sarà chi vedrà il finale di questo film con ottimismo e altri che lo vedranno con pessimismo. Alla fine io penso che è importante che mentre Pio agisce noi osserviamo quanto sia difficile per lui. Tutto questo ha un costo e se si è riusciti a creare una forma di solidarietà tra gli emigrati africani e i rom è stato grazie a qualcuno simile a Pio. Tu puoi essere pessimista sulla struttura sociale imposta a Pio o puoi essere ottimista osservando come lui si senta a casa e come ti faccia sentire a casa, nella comunità africana. Nessuno è perfetto e personalmente sono felice di sapere che Pio Amato sia fuori nel mondo e stia facendo la sua parte.