Solo pochi giorni fa si spegneva Simon Fitzmaurice, scrittore e regista irlandese ucciso dalla SLA. Solo pochi giorni prima dell’uscita al cinema di My Name Is Emily, il film da lui diretto nel 2015 – dal 1° novembre nelle sale – interpretato da Evanna Lynch, George Webster, Michael Smiley e Barry McGovern. La colonna sonora è firmata dal pluripremiato compositore Stephen McKeon.
Dopo la morte della madre e l’internamento del padre in una clinica psichiatrica, Emily (Evanna Lynch) viene affidata a una famiglia adottiva e inizia a frequentare una nuova scuola dove fatica a integrarsi. Quando, per la prima volta, nel giorno del suo sedicesimo compleanno non riceve l’annuale biglietto d’auguri da parte del padre Robert (Michael Smiley), un eccentrico autore di bestseller a cui lei è molto legata, Emily intuisce che qualcosa non va. La ragazza decide allora di risolvere da sé la questione e, chiedendo aiuto ad Arden (George Webster), l’unica persona che le abbia offerto la propria amicizia e dimostrato interesse nella nuova scuola, decide di partire per liberare il padre dalla clinica in cui è ricoverato. I due giovani iniziano così un viaggio attraverso l’Irlanda del Nord che li porterà a conoscersi, ad aprirsi all’ignoto e a fidarsi dell’altro.
Riportiamo un estratto della presentazione che Simon Fitzmaurice fece nel 2015 riguardo a questo film:
“Voler sempre un lieto fine può trasformarsi in una pericolosa ostinazione, soprattutto quando questo desiderio è in realtà mosso dal timore di voler vedere le cose come sono realmente. I media fanno di tutto per assecondare questo desiderio. Ma sono fermamente convinto che ci sia un altro impulso, molto più profondo e forte della paura: la voglia di vivere. Vivere significa imparare a coesistere con la tristezza, la perdita e l’amore. Bisogna essere capaci di attraversare tutto ciò che la vita ci presenta e non mollare. E questa è la storia di Emily”.
“Il personaggio di Emily mi affascina molto perché credo nella redenzione. Credo nella possibilità di sopportare le difficoltà che la vita ti scaglia addosso e nella capacità di risollevarsi, di elaborare tutto ciò che abbiamo o ci resta senza essere annientati dalla tristezza e dalla perdita. In tal senso questa è una storia di redenzione. Non c’è altro modo per dirlo: la gente è schiacciata giorno dopo giorno dalla tristezza e dalla perdita. In My name is Emily ciò non accade”.