Gabriele Muccino torna a dirigere un grande film corale con A Casa Tutti Bene, pellicola da lui scritta (insieme a Paolo Costella) che sarà nelle sale mercoledì 14 febbraio. Il cast è composto da: Stefano Accorsi, Carolina Crescentini, Elena Cucci, Tea Falco, Pierfrancesco Favino, Claudia Gerini, Massimo Ghini, Sabrina Impacciatore, Gianfelice Imparato, Ivano Marescotti, Giulia Michelini, Sandra Milo, Giampaolo Morelli, Stefania Sandrelli, Valeria Solarino, Gianmarco Tognazzi.
A Casa Tutti Bene è la storia di una grande famiglia che si ritrova a festeggiare le Nozze d’Oro dei nonni sull’isola dove questi si sono trasferiti a vivere. Un’improvvisa mareggiata blocca l’arrivo dei traghetti e fa saltare il rientro previsto in serata costringendo tutti a rimanere sull’isola e a fare i conti con loro stessi, con il proprio passato, con gelosie mai sopite, inquietudini, tradimenti, paure e anche improvvisi e inaspettati colpi di fulmine.
Per entrare nelle dinamiche del film, vi proponiamo ora un estratto dell’intervista rilasciata dal regista Gabriele Muccino.
Con quale spirito è tornato a lavorare in Italia?
“Dopo 12 anni di vita e di lavoro a Los Angeles, dopo aver viaggiato fisicamente ed emotivamente in luoghi lontani scoprendo cose che mai avrei immaginato, il mio è un vero ritorno a casa, anzi una sorta di ritorno ad Itaca di un Ulisse un po’ più adulto, che ha visto e vissuto tanto. Fare film permette di aprire la mia finestra sul mondo e restituire il mio sguardo da esploratore e osservatore. Qui c’è forse una sintesi di quello che ho realizzato finora.
Che cosa succede in scena?
A Casa Tutti Bene è un titolo che rispecchia la condizione di una grande famiglia vissuta al riparo di una maschera di ipocrisia fino al momento in cui gli argini si rompono. Questo accade quando gli invitati alle nozze d’oro dei nonni vengono costretti a fermarsi oltre il previsto sull’isola che li ospita. Per festeggiare e farsi festeggiare sulla stessa isola in cui si era sposata 50 anni prima, Alba (Stefania Sandrelli) raccoglie intorno a se e a suo marito Pietro (Ivano Marescotti) tutti i suoi familiari: i tre figli Carlo (Piefrancesco Favino), Paolo (Stefano Accorsi) e Sara (Sabrina Impacciatore), generi e nuore ma anche cugini vicini e lontani, un’anziana zia e nipoti adolescenti. Tutti i familiari rimangono bloccati sull’isola a causa di una tempesta che impedisce ai traghetti di ripartire. Finiscono allora per convivere nella villa di famiglia per tre lunghi giorni e questa condizione forzata riaccende e fa esplodere tensioni sopite o anestetizzate dal tempo e lascia emergere irrequietezze, infelicità, frustrazioni, tradimenti e gelosie con cui tutti, condividendo spazio e tempo senza possibilità di fuga,saranno costretti a misurarsi.
Che cosa le stava a cuore affrontare?
La complessità dell’animo umano e delle relazioni, a tutte le età, una sorta di carotaggio, una trivellazione per estrarre e rappresentare le varie fasi delle nostre esistenze e una riflessione su come tutti noi possiamo fingere di essere migliori di quello che siamo e seguire codici di comportamento o regole di buone maniere che limitano le nostre azioni soltanto per un tempo limitato. Se questo tempo viene esteso e si va “fuori programma” si entra inevitabilmente in una zona non protetta in cui le dinamiche di facciata saltano e si aprono quelle comportamentali delle nostre vere nature che possono molto facilmente portare a confronti, conflitti, esternazioni anche furibonde e moti emotivi di ogni forma. Persino innamoramenti inaspettati.
Una storia di famiglia.
Attraverso la famiglia si raccontano le dinamiche delle grandi relazioni tra uomini e quindi la società tutta. I familiari che nel nostro film vengono a trovarsi a stretto contatto tra di loro, appartengono a diverse fasce sociali, hanno sofferenze finanziarie e inquietudini esistenziali. I bambini e gli adolescenti sono i testimoni impreparati e passivi di un mondo di adulti in tumulto. C’è chi comprende e chi non comprenderà mai, chi ha compiuto il suo viaggio e chi è ancora nella tempesta della propria vita. Gli adulti sono persone smarrite che cercano di essere migliori di quanto siano. Sono proiettati in avanti, soli con il proprio ego, lanciati verso un futuro che ritengono ancora possibile, carichi di voglia di ricominciare, apparentemente ignari del tempo che è passato e della irreversibilità dei propri errori.
Secondo lei si tratta di dinamiche particolari di questo momento storico o eterne?
Ho cercato di raccontare la società del nostro Paese, non necessariamente solo quella di oggi, e lo sforzo esplicito o sotterraneo di sopravvivere, di “rammendare” il passato, rimediare, migliorare il domani e ripartire. Ho cercato di realizzare un affresco che raccontasse la vita tra pathos, emotività e spasmo febbrile nella ricerca della felicità, un film che fosse senza tempo e che riflettesse uno stato di inquietudine sicuramente tipico dei nostri giorni ma che presumo e sospetto sia stato figlio di ogni epoca. La famiglia è nata insieme al primo villaggio primordiale, è un contenitore di vita e quindi di tutte le dinamiche di sopravvivenza della vita stessa. La famiglia è il nostro luogo di partenza, di fuga e di ritorno.
Quanto è stata importante per lei la lezione del cinema italiano del passato?
Ho voluto diventare un regista grazie a tanti capolavori degli scorsi decenni, la mia passione e il mio innamoramento per i grandi film e i grandi registi mi sono rimasti sotto pelle, tatuati nella conoscenza della vita (due delle attrici di A casa tutti bene, Stefania Sandrelli e Sandra Milo, provengono direttamente da quel cinema…) e hanno rappresentato il midollo spinale di questa nuova storia come riferimento di scrittura e di messa in scena. Voglio bene a tutti i componenti di questa famiglia, con tutte le loro debolezze e fragilità: per me sono tutti degli eroi, dei sopravissuti, dei combattenti e per questo la mia simpatia e la mia empatia nei loro confronti è assoluta.