Giovedì 15 novembre 2018, alle ore 20.30, inizierà la nuova stagione del cineteatro Volta di Pavia (Teatro Cesare Volta, piazza Salvo d’Acquisto 1) con un artista d’eccezione: Marco Baliani. Sarà infatti lui, figura di spicco del panorama teatrale nazionale e padre fondatore del teatro di narrazione, a portare sul palcoscenico Ogni Volta Che Si Racconta Una Storia, una conferenza-spettacolo tratta dal suo omonimo romanzo (Laterza, 2017). Baliani si confronterà con il bisogno di raccontare attraverso letture, ricordi e riflessioni, esplorando una vasta geografia di esperienze, fondate sull’oralità e veicolate da quel potente mezzo, che è la voce del narratore.
Per capire l’anima di Ogni Volta Che Si Racconta Una Storia abbiamo avuto l’onore di intervistarne l’autore ed interprete, Marco Baliani.
Inizio subito dal titolo e le chiedo: cosa succede ogni volta che si racconta una storia?
Prima di tutto bisogna essere almeno in due. Quindi la prima cosa che succede è una relazione, altrimenti si parlerebbe a vuoto. Il libro da cui è tratto inizia con la storia tra due fidanzati, l’amore è una delle situazioni nelle quali si veicolano grandi storie. Poi c’è il racconto a più persone, fatto di ricordi, di momenti e situazioni diverse. Sono andato a cercare i luoghi in cui mi è accaduto di essere testimone di una narrazione. Sono momenti intensi, quando l’essere umano ha bisogno di raccontare qualcosa che urge alla sua anima. Questo testo quindi non ha un percorso univoco e non è un saggio. È una sorta di diario di incontri che ho fatto, al cospetto di una cosa per me emozionante, ovvero il miracolo della voce umana che racconta una storia.
Lei pone l’attenzione sull’oralità come forma di comunicazione, anche per tramandare la memoria, attraverso i ricordi e le esperienze passate. Quanto la parola, sussurrata o urlata, è ancora incisiva e potente rispetto alle immagini incessanti e perpetue che dominano il nostro presente?
È una bella domanda alla quale non so rispondere. Siamo ancora troppo immersi in questa epoca per capire realmente cosa sta succedendo. Forse solo tra trenta o quarant’anni ci renderemo conto cosa è accaduto. Solo adesso ad esempio riusciamo a capire che impatto ha avuto la televisione degli anni ‘70 e ’80 sulla società e sulla sua percezione ed educazione. Ora invece siamo nel pieno della comunicazione social, iper-veloce, fatta di tweet e di pensieri contratti. E queste incessanti immagini continue mi ricordano la vita a reality di The Truman Show. A me, che appartengo ad una generazione ormai obsoleta (ride ndr.), tutto questo spaventa, sembra non ci sia più spazio per altro. Poi però, quando faccio un seminario, uno stage o un incontro con dei ragazzi, siano essi studenti o giovani attori, scopro con piacere che la voglia di parlare e di raccontare non si è mai persa, e questo mi ridà molto ottimismo. La dimensione dell’oralità – oggi più sotterranea e meno importante e vitale rispetto al periodo precedente all’avvento di questi nuovi mezzi di comunicazione – c’è ancora, rivive in tanti momenti. La voce ha ancora la facoltà e il potere di evocare immagini indimenticabili, ha una sua realtà incarnata. E in questa società è molto più incisiva delle immagini stesse.
Lei ha citato i social. In uno di questi, Instagram, c’è un vero e proprio tsunami di “Storie”, fatte di foto e piccoli video che, pur condividendo (prima di svanire nel nulla) pensieri e situazioni, spesso sembrano essere, a mio modo di vedere, espressione di un vuoto profondo. Non ci raccontano niente, sembrano essere più il soddisfacimento del bisogno, unilaterale, di esprimersi. Lei cosa pensa di questo uso social della parola “Storia”?
Ormai “Storia” è una parola abusata, la si usa in tutte le direzioni. Sui social la usano perché pensano che chi condivide stia veicolando una Storia . In realtà direi che sta veicolando una storia non memorabile. Mi vengono in mente le prime chat di diversi anni fa, erano già un primo esempio di dialoghi di dispersione e di solitudine. Oggi i social hanno dato la possibilità alle solitudini mondiali di esprimersi. Il problema è che queste solitudini che si esprimono, solo per il fatto di comunicare, pretendono di dire delle verità inconfutabili. Ma spesso non è così, basti pensare al fenomeno, fino a dieci anni fa inimmaginabile, delle fake news, un pericolo non indifferente..
Ovvero?
Tutto ciò fa sempre parte di questa società che spinge le persone a un individualismo estremo proprio perché le ha già annichilite da un punto di vista economico e sociale. Quello che sta accadendo, in questo senso, lo trovo abbastanza terribile. Il consumo dell’immagine è diventato il consumo della propria dignità di essere umani. La dignità diventa una merce come le altre. Sono strumenti complessi, altro che Grande Fratello o 1984! È un problemaccio, legato ad una situazione molto più grande di noi, ovvero la dimensione economica. La velocità moderna è la stessa delle transazioni finanziarie, il capitale ha bisogno di rapidità! Ma la nostra mente non è adatta a questo tipo di velocità, non siamo stati programmati per costruire un pensiero con questi ritmi, per questo siamo sotto stress. Forse ci dobbiamo passare dentro, io spero che accada qualcosa, non penso che tutto questo durerà in eterno.
Prima ha citato le sue esperienze con le nuove generazioni che, purtroppo, sono sempre più isolate, impoverite di parole ed impegnate in comunicazioni “virtuali”. Il prossimo 15 novembre al cineteatro Volta di Pavia sarà soprattutto a loro che vorrà rivolgersi?
È soprattutto a loro che amo parlare. E quando vedo che dopo questa conferenza-spettacolo si fermano e vengono a parlarmi mi fa capire la loro grande voglia di esserci e di dire la loro. Probabilmente in questa società ci sono sempre meno luoghi dove gli è data la possibilità di esprimersi, in una forma ampia e non contratta. Voglio che riflettano sulla capacità degli esseri umani di tessere relazioni attraverso storie sentite nell’animo, vere o immaginarie che siano. Per questo mi rivolgo a voi: lasciatevi andare a questa possibilità della voce che racconta, lasciatevi andare all’ascolto.
Intervista di Giacomo Aricò
Orari
inizio spettacolo ore 20.30 | aperitivo ore 19.30.
Servizio bus navetta gratuito al termine dello spettacolo (dal Teatro Volta a Piazza Petrarca)
Info e Prenotazioni
cineteatrovolta@comune.pv.it – 3482536624 Giada Cipollone, segreteria organizzativa Facebook/teatrovolta