La Casa del Cinema di Roma, in collaborazione con Zetema Progetto Cultura di Roma Capitale, dal 4 febbraio al 3 marzo presenta la mostra Frame del fotografo Luca Carlino (opening, lunedì 4 febbraio, ore 18). Si tratta del racconto per immagini dei nuovi protagonisti del cinema italiano. Una nuova compagine di attori che sta imponendo la propria presenza nei film di maggior successo in Italia.
La mostra nasce in seguito all’esigenza di indagare un lato inedito del cinema, attraverso la scelta di immortalare volti emergenti del panorama cinematografico italiano, racchiusi in un unico “Frame” cinematografico. 40 ritratti, rigorosamente in bianco e nero, descrivono i volti di questa nuova generazione.
Attirato dalla bellezza di questi scatti, ho deciso di intervistare Luca Carlino.
Come hai scelto questi 40 volti?
La scelta dei 40 volti è stata maturata in seno a diverse motivazioni, sicuramente non ho guardato il loro curriculum, ma mi sono basato sulla loro personalità, e su quello che potevano trasmettere di fronte alla macchina fotografica, cercando di tirare fuori quel qualcosa che li rappresentasse, e soprattutto che li rendesse più intimi e più riconoscibili…perchè poi nel ritratto la cosa più difficile è esaltare agli occhi di chi guarda, la figura che stai fotografando.
Perchè il bianco e nero?
“Il mondo è a colori, ma la realtà è in bianco e nero” parto da questa citazione del grande regista e fotografo Wim Wenders per sintetizzare il concetto legato alla scelta del bianco e nero…mi ricorda le prime pellicole realizzate, i film muti di Chaplin, il neorealismo italiano, il cinema di Ozu, passando per quello di Hitchcock, dai quali ho sempre trovato profonda ispirazione e linfa creativa. Mentre se parliamo di fotografia ci sono dei grandi nomi a cui puntualmente mi ispiro, contemporanei e non, tra cui Richard Avedon, Anton Corbjin, Terence Donovan, Angelo Novi per citarne solo alcuni.
Cosa cercavi nelle loro espressioni?
Non cerco nulla in particolare, voglio solo far trasparire la naturalezza dei loro sguardi, eliminando quella sottile barriera che si crea tra il soggetto e la macchina fotografica.
Molti scatti sono dei cameralook. Cosa pensi dello sguardo in macchina?
Il cameralook è fondamentale, come dicevo prima, abbatte completamente quella sensazione di distacco tra il fotografo e il soggetto, creando un’empatia unica, impressa al momento dello scatto, e resa eterna nel tempo.
Se metti insieme tutti i tuoi 40 ritratti, che immagine vedi del nuovo cinema italiano?
Metterli insieme mi riempie di orgoglio per tutto il lavoro che ho svolto, sicuramente mi rassicura sapere che c’è un movimento vivo ed energico che anima il panorama del cinema italiano. Parafrasando il cinema vedo l’immagine di un film di Xavier Dolan dal titolo Laurence Anyways, dove i protagonisti si proiettano in un momento di libertà e gioia, percorrendo un viale innevato, in una splendida giornata di sole, mentre dal cielo piovono abiti coloratissimi. Ecco questo è quello che auspico per la nuova generazione di attori.
Intervista di Giacomo Aricò