Il 9 marzo 1989, trent’anni fa, moriva il Robert Mapplethorpe, forse l’artista più controverso del XX secolo, colui che è riuscito a trasformare la fotografia in arte contemporanea. Lo ricordiamo parlandovi di Mapplethorpe, il lungometraggio/documentario a lui dedicato (uscito nel 2016) diretto da Fenton Bailey e Randy Barbato.
Uomini nudi in tute di gomma, primi piani di erezioni, oggetti spinti nei più intimi dei posti: apertamente gay, Mapplethorpe ha ritratto il sesso maschile, la nudità e il fetish agli estremi, portando il suo lavoro ad essere ancora etichettato da alcuni come “pornografia mascherata da arte”.
Le testimonianze di amici, modelle, famigliari e dei suoi più stretti collaboratori e la speciale partecipazione di Patti Smith si intrecciano a inedite interviste dello stesso fotografo nelle quali racconta con un’onestà scioccante la sua vita, gli amori e il lavoro. Direttamente dall’archivio della Mapplethorpe Foundation i registimescolano alla narrazione filmati e un repertorio fotografico mai visto, che permettono allo spettatore di scoprire l’uomo che ha vissuto la propria vita nello stesso modo in cui scattava le fotografie: in bianco e nero.
Robert Mapplethorpe nasce nel Queens nel 1946, terzo di sei fratelli. Nel 1963 si iscrive alla Pratt Institute di New York dove studia disegno, pittura e scultura e presto incontra la sua prima fidanzata, Patti Smith, la prima di una serie di amanti che lo hanno profondamente influenzato.
Negli anni ’70, in pieno periodo Warhol, è determinato ad affermare il proprio nome: la notorietà arriverà nel 1976 con la sua prima mostra di fiori, ritratti e nudi. Nel 1986 gli viene diagnosticato l’AIDS; trascorre il resto della sua vita vivendo al massimo. Nel 1988, pochi mesi prima della sua morte, il Witney Museum of Modern Art gli dedica una retrospettiva. Muore nel 1989, diventando più famoso di quando non fosse in vita.
Essendo un fotografo ha naturalmente lavorato con la luce, ma il suo amore per le droghe, il sadomaso e la promiscuità hanno evocato il lato oscuro. Era un angelo o un diavolo?
Il film inizia con il discorso di Jesse Helms al Senato: “just look at the pictures – se le persone guardano solo le sue immagini si inorridiranno di come è”. La controversia, dalla protesta a Washington al processo a Cincinnati, ha portato notorietà a Mapplethorpe e, al tempo stesso, steso un’ombra sul suo lavoro, ombra che ci ha impedito di guardare le sue foto fino ad ora. Dopo 25 anni, grazie alla Mapplethorpe Foundation abbiamo potuto accedere all’archivio fotografico e di filmati e realizzare il primo film sull’artista dalla sua morte.
Mapplethorpe “non era bravo a parlare dei suoi lavori – spiegano i due registi Fenton Bailey e Randy Barbato – abbiamo però scoperto lettere, interviste e registrazioni e stiamo entrati in contatto con l’Uomo, riservato, onesto e candido. Così, se volete capire Robert Mapplethorpe, just look at the pictures, guardate le sue foto e ascoltate le sue parole. Così abbiamo cercato di proporlo nel film”.
“Il film è un ritratto dell’artista come essere umano, se fosse angelo o diavolo è il pubblico a deciderlo”.
Fenton Bailey, Randy Barbato