Antonio Banderas è lo straordinario protagonista di Dolor y Gloria, il nuovo film scritto e diretto da Pedro Almodóvar che oggi – in contemporanea con la presentazione in Concorso al 72° Festival di Cannes – esce nelle nostre sale. Un’opera autobiografica che tra gli interpreti vede anche Asier Etxeandia, Leonardo Sbaraglia, Nora Navas, Julieta Serrano e Penélope Cruz.
Il film
Salvador Mallo (Antonio Banderas) è un veterano regista cinematografico affetto da molteplici disturbi; il peggiore dei suoi mali è l’incapacità di continuare a girare film. Le sue condizioni fisiche non glielo permettono e senza poter svolgere il suo lavoro, la vita non ha più senso. La miscela di farmaci che assume, insieme alla dipendenza da eroina, fanno sì che Salvador trascorra la maggior parte della giornata prostrato. Questo stato di dormiveglia lo trasporta in un’epoca della sua vita che non ha mai visto dal di fuori: la sua infanzia negli anni ‘60, quando emigrò con i suoi genitori a Paterna, un comune situato nella provincia di Valencia, in cerca di fortuna.
Sua madre è la figura centrale di quel tempo, che si è battuta per la sopravvivenza della famiglia. Appare anche il primo desiderio. Il suo primo amore da adulto nella Madrid degli anni ‘80. Il dolore della fine di questo amore quando era ancora vivo e palpitante. La scrittura come unica terapia per dimenticare l’indimenticabile, la precoce scoperta del cinema quando i film venivano proiettati su un muro imbiancato, all’aperto. Il cinema della sua infanzia odorava di pipì (i bambini urinavano dietro quel muro), di gelsomino e brezza estiva. E il cinema tuttavia era l’unica salvezza contro il dolore, l’assenza e il vuoto. Nel recupero del suo passato, Salvador sente l’urgente necessità di narrarlo, e in quel bisogno trova anche la sua salvezza.
La trilogia
Senza volerlo Dolor y Gloria è la terza parte di una trilogia di creazione spontanea che ha richiesto trentadue anni per essere completata. Le prime due parti sono La Legge Del Desiderio e La Mala Educación. I tre film hanno come protagonisti dei personaggi maschili che sono dei registi cinematografici, e sempre in tutti e tre, il desiderio e la finzione cinematografica sono i pilastri della narrativa: ma il modo in cui la finzione si intreccia con la realtà differisce in ognuno di essi. La finzione e la vita sono le due facce della stessa medaglia, e la vita include sempre dolore e desiderio.
Due storie d’amore
Dolor y Gloria rivela, tra gli altri temi, due storie d’amore che hanno segnato il protagonista: due storie determinate dal tempo e dal caso che si manifestano nella finzione. La prima è una storia che il protagonista non era consapevole di vivere quando avvenne e la ricorda cinquant’anni dopo. È la storia della prima volta che sentì l’impulso del desiderio: Salvador aveva nove anni. La sensazione fu così intensa che cadde svenuto a terra, come colpito da un fulmine. La seconda è una storia vissuta nel pieno degli anni ottanta, quando il paese celebrava l’esplosione di libertà che arrivò con la democrazia. Questa storia d’amore, che Salvador scrive per dimenticare, finisce per trasformarsi in un monologo interpretato da Alberto Crespo e firmato dallo stesso attore; Salvador non vuole che qualcuno riconosca e dia la paternità all’interprete, cedendo alla sua insistente richiesta.
La Dipendenza
Il monologo è intitolato La Dipendenza e Alberto Crespo lo interpreta di fronte ad uno schermo bianco, nudo, come unica scenografia. Lo Schermo Bianco lo rappresenta in tutto: il cinema che Salvador ha visto nella sua infanzia, la sua memoria adulta, i viaggi con Federico per fuggire da Madrid e dall’eroina, la sua forgia come scrittore e come cineasta. Lo schermo come testimone, compagnia e destino.