Diretta da Robert Budreau, giovedì 20 giugno arriva al cinema Rapina a Stoccolma, una crime comedy basata su un fatto realmente accaduto: una rapina (avvenuta nel 1973 presso la Kreditbank di Stoccolma) dai risvolti psicologici complessi, giocata tra ironia e tensione. Protagonisti del film sono Ethan Hawke, Noomi Rapace e Mark Strong.
Il film
Stoccolma, 1973. Durante una rapina alla banca centrale Lars Nystrom (Ethan Hawke) prende in ostaggio alcuni impiegati per far rilasciare il suo amico Gunnar (Mark Strong) di prigione. Man mano che le ore si trasformano in giorni, gli ostaggi sviluppano un complesso rapporto con il loro rapitore, soprattutto Bianca (Noomi Rapace), moglie e madre di due bambini. Lars sembra avere a cuore le condizioni e le esigenze dei suoi prigionieri e questa connessione darà origine al fenomeno psicologico noto come “Sindrome di Stoccolma”.
La rapina i Stoccolma
Rapina a Stoccolma prende spunto dalla rapina avvenuta nel 1973 presso la Kreditbank di Stoccolma, dove un uomo prese in ostaggio tre dipendenti della banca. L’avvenimento divenne un caso mediatico non solo perché a essere colpita fu una delle più importanti banche del paese, ma soprattutto per lo strano e assurdo legame che si instaurò tra il rapinatore e gli ostaggi. Quello che per molti sembrò qualcosa di totalmente irrazionale, per i malcapitati, intrappolati nel caveau, risultò un’esperienza che cambiò le loro vite per sempre. Infatti, non solo si affezionarono al rapinatore, con risvolti paradossali e sovversivi, ma si ritrovarono anche a difenderlo dalle forze dell’ordine. Al termine della vicenda, quello che si andò delineando fu l’origine di una delle più strane e complesse sindromi psicologiche contemporanee: la sindrome di Stoccolma.
Tra dialoghi surreali, riferimenti allo spirto dell’America anni 70 e canzoni di Bob Dylan, la Rapina a Stoccolma diretta da Robert Budreau racconta qualcosa di unico e significativo in un film dove la realtà è davvero più strana della finzione.
Robert Budreau racconta…
“Prima di fare questo film, non sapevo che l’espressione ‘sindrome di Stoccolma’ fosse legata a questo caso di cronaca. Immaginavo che avesse avuto origine a Stoccolma, ma pensavo che fosse diventata nota per il caso di Patty Hearst, avvenuto nel 1974. Quello che mi ha molto colpito è stato il mix di commedia dark e dramma psicologico. È una storia vera in cui sono accadute cose incredibili e assurde e lasfida è stata quella di realizzare un caper movie non ortodosso che andasse al di là delle aspettative legate a un certo genere. Ero interessato anche allo scenario politico mondiale dell’epoca, che vedeva da un lato un’America conservatrice che usciva dalla guerra in Vietnam, con Nixon, e dall’altro una Svezia che continuava a essere fortemente socialdemocratica. Oggi è rimasta ancora qualche traccia di quella politica e nell’era di Trump c’è una certa atmosfera paranoica simile a quella degli anni ’70”.
“L’idea era quella di provare a nobilitare un film di genere: così, pur essendoci alcuni caratteri tipici dei film sulle rapine e del thriller, alla fine si rivela fondamentalmente uno studio sui personaggi, una storia d’amore sovversiva tra un criminale folle e divertente e una madre di famiglia all’antica– oltre a essere un dramma psicologico. È questo quello che mi entusiasma davvero“.