Max Nardari torna alla regia con Di Tutti i Colori, una commedia corale – al cinema dal 18 luglio – prodotta da Bell Film, White Wolf Production e due case di produzione russe. Il cast è ricco di nomi: Andrea Preti, Olga Pogodina, Nino Frassica, Alessandro Borghi, Paolo Conticini, Giancarlo Giannini, Tosca D’Aquino,Luis Molteni e Pietro De Silva.
Intervista a Max Nardari
Per farci raccontare il film, abbiamo deciso di intervistare il regista, Max Nardari.
Max, Di Tutti I Colori è una commedia che parla di vita reale, fatta di opposti e di contraddizioni. Perché ti stava a cuore raccontare questo aspetto?
Di Tutti I Colori è una commedia, caratterizzata da equivoci e pregiudizi che trae la sua linfa proprio dai pregi e dai difetti dei suoi personaggi, dai loro eroismi e dalle loro fragilità, dalle loro debolezze e dai loro inaspettati riscatti. Il tema principale del film è la verità. Giorgio, il protagonista del film, farà un percorso di crescita poiché da donnaiolo impenitente e bugiardo, sia nella sfera privata che lavorativa, succube delle sue stesse menzogne, pian piano imparerà a rivelarsi una persona vera. ll film, scritto insieme ad Alba Calicchio e Daniele Malavolta è stato prodotto da due società russe e due italiane. Il difficile è stato conciliare, già dalla scrittura, il gusto russo con quello italiano e quindi alcune scelte sono state dettate dalle richieste dei russi. Alcune scene le avremmo scritte diversamente, approfondendo maggiormente la psicologia dei personaggi, ma abbiamo dovuto fare dei compromessi andando incontro alle esigenze di tutti, in particolare dei russi. Il film è stata la mia prima opera di lungometraggio, un’esperienza molto formativa che mi ha permesso di lavorare sia con attori italiani che russi molto importanti.
Uno dei punti di forza del film è il cast e la coralità dei personaggi. Ognuno con i propri pregi e i propri difetti, le proprie virtù e fragilità. Come hai diretto “l’orchestra”?
Il cast è di gran rilievo e dirigere attori come Giannini e Frassica per me è stata una grande occasione per mettermi in gioco come regista. Sono contento anche della partecipazione di Alessandro Borghi, nel ruolo dell’amico del protagonista. Con Alessandro avevo già lavorato nel cortometraggio Lui & l’altro, uno dei suoi primi lavori, e vedere che ora ha avuto questo incredibile successo internazionale per me è un grande piacere.
Uno su tutti spicca: Giancarlo Giannini. Cosa puoi dirmi su questo gigante del cinema?
La cosa più evidente che salta all’occhio quando si lavora con un grande attore e professionista come Giancarlo Giannini è la sua facilità ad entrare in ogni tipo di ruolo e personaggio, senza alcuna indicazione. Già dopo la prima lettura, il suo personaggio era perfetto ed efficace senza dover aggiungere nulla.
Il tema principale del film è la verità. Sempre più spesso celiamo la nostra autenticità dietro a maschere di convenienza. È la vita stessa, durissima, che lo impone. Concordi? È possibile essere sempre coerenti con noi stessi e i nostri valori nel mondo moderno?
Si è vero, spesso celiamo la nostra autenticità dietro maschere di convenienza. E così accade per Giorgio, il protagonista del mio film che, per fare carriera si ritrova ad impersonare un ruolo che non è il suo. Nella mia opera seconda La mia famiglia a soqquadro ho trattato anche il tema dell’omologazione, proprio per rimarcare questa paura che abbiamo a volte di essere noi stessi e affermare la nostra identità ritenendo più semplice e appagante conformarci con gli altri. Entrambi i protagonisti dei miei due film riescono a fare un percorso attraverso il quale capiscono che la propria identità è un punto di forza e non un limite.
Altro aspetto che hai affrontato è quello legato al pregiudizio. Secondo te una società senza pregiudizi è pura utopia?
Sicuramente per i tempi in cui viviamo oggi è complicato prevedere una società senza pregiudizi. Rispetto al passato il pregiudizio è forse meno evidente ma in qualche modo più subdolo. Io ho già trattato questo argomento varie volte nei mie precedenti lavori, parlando di omofobia (lui & l’altro), razzismo (Noi & gli altri), integrazione (Uno di noi), interreligiosità (L’amore non ha religione). Quindi è un tema a me molto caro e ritengo che fare la differenza dipenda da ciascuno di noi portando avanti i nostri valori e non avendo mai paura di dire quello che pensiamo. Anche attraverso la mia fede buddista cerco prima di tutto di partire da me stesso, rafforzandomi e dando valore alla mia individualità, ma soprattutto cerco di realizzare quello che nella nostra fede si chiama Kosen Rufu, ossia creare le condizioni affinchè non solo io, ma tutte le persone, possano essere felici in un mondo che gli appartiene realmente.
Intervista di Giacomo Aricò