A novembre Mescalito Film porterà nelle sale italiane Ira, un film indipendente italiano davvero forte, originale, fuori dagli schemi. Un film che resta dentro, che non sembra nemmeno italiano, un film che sperimenta, che azzarda, che osa. E che per questo ha già vinto. A tal punto che è stato selezionato ufficialmente al 42° Denver Film Festival, uno dei maggiori festival americani (basti pensare che tra i film italiani se la gioca con Il Traditore di Marco Bellocchio…). Mente e braccio della pellicola sono di Mauro Russo Rouge, che ho intervistato. Ma prima, senza svelare niente del finale, dirò due cose sul film.
Il film
La forza di Ira è la storia: un ragazzo (Samuele Maritan) incontra una ragazza (Silvia Cuccu), lui lavora ai mercati, lei invece è una prostituta di strada: tra i due nasce una fortissima complicità e un sentimento inatteso. Talmente forte che arriveranno a compiere un gesto estremo (ma qui non si spoilera, avevo promesso). Sullo sfondo c’è una metropoli fatiscente e desolata che diventa subito simbolo e fotografia del nostro presente. La città, il luogo, è esattamente come colui che la abita (in stato di degrado). Il clima, gelido, è uguale ai sentimenti dei protagonisti, vuoti, anaffettivi, mossi solo da istinto e pulsione senza una vera meta, senza uno scopo. I protagonisti sono la generazione dei ventenni, che vagano nel mondo come fantasmi. Corpi, solo corpi, di carne e di ossa.
Una generazione allo sbando che vuole riscattarsi
Mauro Russo Rouge li ha pedinati costantemente per settimane cercando di carpire situazioni reali, senza filtri (gli attori ad un certo punto, anche per via di alcune scene spinte, hanno abbandonato le riprese e sono stati faticosamente convinti a tornare sui propri passi). Si è introdotto all’interno di luoghi in cui il film è ambientato, in modo furtivo, con una troupe ridotta e con la volontà di filmare la verità dei due protagonisti e di coloro che li circondano. Senza una sceneggiatura, come un reporter. Infatti Ira sembra un documentario, ma alla fine non lo è. Per questo, diventa un grande film: per il suo linguaggio cinematografico, le modalità di ripresa, il montaggio, le atmosfere tangibili e nitide. Solo strada facendo il regista ha capito che una storia poteva germogliare: come un fiore nel deserto, ovvero una storia d’amore. Perchè i protagonisti, anche se sono allo sbando, hanno una fottuta voglia di provare sentimenti positivi, hanno voglia di rischiare, di riscattarsi, di farcela. Pur senza morale e senza etica: Iracondi destinati ad un Inferno diverso da quello che già vivono tutti i giorni. Sta a loro cercare di diventare padroni – con Coscienza – delle proprie vite. Ho scritto “vite”, non “esistenze”. E come minimo in due, perchè nessuno si salva da solo.
Intervista a Mauro Russo Rouge
Eccomi con il regista, Mauro Russo Rouge.
Mauro, lo stile registico di Ira è particolarissimo e inusuale nel cinema italiano. La forza del film è soprattutto il come hai deciso di raccontare questa storia. Ti sparo due nomi che mi sono venuti in mente per inquadrature (Malick) e atmosfere (Gaspar Noe). Dimmi subito se ho sbagliato in pieno.
Le atmosfere cupe e gli ambienti fatiscenti ricordano sicuramente il degrado periferico di Irreversible di G.Noe. Alle inquadrature di Malick non ci avevo mai pensato, ma l’accostamento mi piace e mi lusinga. Ti ringrazio. Volevo rappresentare la realtà nuda e cruda attraverso un linguaggio che fosse meno classico. E’ un film claustrofobico. Sentivo l’esigenza di “schiacciare” i due protagonisti attraverso inquadrature strette. Quando guardi il film ti accorgi della presenza ossessiva della telecamera e di quanto voglia essere protagonista. I due ragazzi conducono una vita difficile e il modo migliore di rappresentare questa condizione era attraverso i piani ossessivi.
So che la lavorazione e la realizzazione del film è stata travagliata. Mi puoi spiegare esattamente cosa è successo con i tuoi attori?
Sì, decisamente. Sono stati giorni difficili. La prima fase delle riprese è stata semplice e regolare poiché mi sono “limitato” a filmare e documentare tutto ciò che facessero i due ragazzi. Li seguivo ovunque. Li perseguitavo. Poi, nella seconda fase, ho deciso di prendere tutte le circostanze reali che mi avevano fornito fino ad allora e manipolarle. Volevo discostarmi dalla connotazione documentaristica che si stava concretizzando. Sentivo l’esigenza di romanzare la vicenda e di fare un passo verso il lungometraggio di finzione. Un vero e proprio esercizio di stile. Ho cominciato a fare loro richieste importanti e inevitabilmente si sono creati dissapori, soprattutto per quanto riguarda alcune scene di sesso. Non l’ho fatto con malizia, ma con la consapevolezza che il risultato finale mi avrebbe fatto riflettere. Tieni conto che io odio profondamente i film che realizzo, ma nel caso di Ira qualcosa è cambiato. E’ un film che mi ha turbato, non poco. E’ un emozione forte e non va sottovalutata.
La storia d’amore tra i due protagonisti nasce per entrambi da un vuoto affettivo. Lui la carica in macchina e lei lo accontenta per soldi. Come descriveresti questo incontro tra anime perse?
Anime perse. Si, è proprio così. Anime perse e sospese. Nell’attesa che qualcosa accada, vagano come fantasmi. C’è rassegnazione, sconforto, malessere. Reputo l’incontro tra i due come un’opportunità di riscatto. Effettivamente qualcosa nei due cambia, ma è tutto sempre troppo sommesso. Non c’è un vero e proprio slancio emozionale e non volevo assolutamente ci fosse.
Pochi dialoghi (talvolta questi “Antonioniani” personaggi sembrano fantasmi che vagano smarriti nel mondo, senza comunicare), il clima invernale (il gelo dei sentimenti), i luoghi fatiscenti e desolati (un paese sempre più in stato di degrado). Quanto Ira diventa specchio della nostra società e del tempo che stiamo vivendo?
Ira è lo specchio riflettente di un malessere dilagante. Vedo nei ventenni di oggi poca spina dorsale e tanta rassegnazione per l’appunto. Si accontentano. Vivono in una sorta di bolla e purtroppo hanno poca ambizione. Questo non vuol dire che non abbiano dei sogni, il problema è che fanno ben poco per concretizzarli. Ho vissuto giorni intensissimi con entrambi i protagonisti e ti assicuro che è stata un’esperienza straordinaria. Hanno una luce particolare negli occhi. Ho visto un sacco di talento, purtroppo pero’ ancora inespresso. Auguro loro grandi cose in futuro.
Il film uscirà al cinema, e raggiungerà tutta l’Italia. Non diciamo nulla del finale. Però volevo chiederti cosa pensi della Rimozione (di Freudiana memoria): la coscienza, il peccato, la colpa, si possono davvero sotterrare? I due protagonisti sono convinti di aver agito secondo “giustizia”? Come gestiscono (o non gestiscono) quel momento?
Dirò ben poco sul finale. Non voglio ovviamente spoilerare. C’è un piano molto lungo, in auto, che ci accompagna a quel momento fatidico e risolutore. E’ un piano che reputo fondamentale. E’ privo di dialoghi ma emblematico. Siamo all’epilogo. I due protagonisti agiscono indifferenti di fronte la colpa e il peccato. Questo sentimento, l’indifferenza intendo, mi ha sempre parecchio destabilizzato negli anni. Può la sofferenza condurre all’indifferenza? Certo che si! Ma c’è un dettaglio nel finale, in uno sguardo, che probabilmente annulla quanto detto sopra (sorride ndr).
L’attacco d’Ira (uno dei sette peccati capitali), la violenza, il raptus omicida, ahinoi, sono sempre più diffusi. Il tuo film può essere anche una riflessione su tutti quei fatti di cronaca che leggiamo o vediamo e ascoltiamo in tv?
Sì assolutamente. Il mio film è tutt’altro che un inno all’ira. Io condanno tale sentimento, ma non si può far finta di niente. Esiste. La riflessione è fondamentale. L’assenza di dialogo e di comunicazione sono i principali pericoli di oggi. Si è inoltre ridotta la capacità di sopportazione. L’egoismo, la gelosia e la cattiveria sono attuali e poco trascurabili. Come puoi ben capire, il cocktail è ricco di sostanze nocive. Le conseguenze sono devastanti.
Ira inquadra la generazione dei ventenni allo sbando in un mondo spietato. Li hai filmati, li hai seguiti, hai colto il loro malessere esistenziale e la loro sensibilità. Che messaggio vuoi lanciare a chi vedrà il film?
Li ho filmati, li ho pedinati, li ho perseguitati. Ho cercato, con voracità, di appropriarmi del loro mondo. Lancio comunque un messaggio di speranza in un mondo migliore. In un futuro migliore. Un messaggio che intende valorizzare il dialogo e le interazioni. Cerchiamo di ascoltare di più, non solo gli altri, ma anche noi stessi.
Intervista di Giacomo Aricò
Ira, il tour cinematografico
Il 5 novembre rappresenta l’avvio ufficiale della distribuzione di Ira, a cura di Mescalitofilm. Infatti, proprio in quella data, il film di Mauro Russo Rouge sarà proiettato tra le 20.00 e le 21.30 a Catania, presso Anche Cinema di Bari (ubicato in corso Italia, 112), a Roma, presso il Cinema Multisala Moderno di Rieti (sito in Cintia, 60), presso il Cinema Italia di Ancona (sito in corso Carlo Alberto, 77), a Cagliari, presso il Cinema Italia di Poggibonsi (sito in viale Garibaldi, 40-42), a Firenze, presso il Nuovo Cinema Nosadella di Bologna (ubicato in via Lodovico Berti 2/7), al Cineclub Nickelodeon di Genova (ubicato in via della Consolazione, 1), presso il Cinema Beltrade di Milano (ubicato in via Nino Oxilia, 10) e presso il Cinemino di Milano (sito in via Seneca, 6), a Bergamo, a Verona, a Vicenza, a Padova e presso il Cinema Nazionale di Trieste (sito in viale XX Settembre, 30). Poi il 14 novembre farà tappa a Lamezia Terme e il 20 novembre al Cinema Ambrosio di Torino, sito in corso Vittorio Emanuele II, 52.