Edward Norton ha diretto, scritto, prodotto e recitato in Motherless Brooklyn – I Segreti Di Una Città, una pellicola noir tratta dall’omonimo romanzo di Jonathan Lethem. Nel film – che dopo l’anteprima alla 14. Festa del Cinema di Roma arriverà nelle sale italiane dal 7 novembre – recita un cast stellare che comprende anche Bruce Willis, Gugu Mbatha-Raw, Bobby Cannavale, Cherry Jones, Alec Baldwin e Willem Dafoe.
Il film
Lionel Essrog (Edward Norton) è un solitario detective privato afflitto dalla sindrome di Tourette, che si avventura a risolvere l’omicidio del suo mentore ed unico amico, Frank Minna (Bruce Willis). Armato solo di pochi indizi e della sua mentalità ossessiva, Lionel svela lentamente dei segreti gelosamente custoditi che tengono in equilibrio il destino dell’intera New York. In un mistero che lo porta dai jazz club grondanti di gin di Harlem ai bassifondi di Brooklyn e, infine, ai salotti dorati dei potenti mediatori di New York, Lionel si scontra con i criminali, la corruzione e l’uomo più pericoloso della città (Alec Baldwin), per onorare il suo amico e salvare la donna (Gugu Mbatha-Raw) che potrebbe essere la sua stessa salvezza.
La trasposizione della storia sul grande schermo è iniziata nel 1999, quando Norton ha colto il potenziale cinematografico del romanzo di Jonathan Lethem Brooklyn Senza Madre (Motherless Brooklyn) e del suo indelebile personaggio centrale. Ma sin dall’inizio, Norton mirava a trasporre i personaggi contemporanei di Lethem in una trama ed un periodo diversi, ed a conferire un’atmosfera particolare al dramma, ambientandolo negli anni ’50 – un’epoca di grandi cambiamenti a New York. Il cuore pulsante del mistero investigativo plasmato con grande cura da Edward Norton, è un’improvvisazione molto originale e toccante sul protagonista: un detective noir – un uomo costretto a indagare nei meandri più oscuri di una New York del 1957 spinto dal suo bisogno di capire un mondo che lo ha giudicato male ed emarginato.
Lionel, da emarginato a eroe
Il protagonista è Lionel Essrog, il cui cervello sovraccarico sembrerebbe escluderlo dai classici regni investigativi del facile e del concreto. Ma nel fare di Lionel l’eroe di una storia di potere ed espropriazione, Norton ribalta un personaggio noir fondamentale nel cinema americano, e lo reinventa come un uomo in grado di districare una situazione complicata grazie al suo mix di caos, bisogni e vulnerabilità. Quando Lionel tenta di trovare l’assassino dell’unica persona a cui sia mai importato di lui, il suo capo Frank Minna, si addentra sempre più a fondo nella città che lo ha plasmato. La sua ossessione di fare ordine nello scompiglio, di rimettere insieme tutti i cocci rotti, lo conduce nella complicata rete che sorregge la moderna New York, e nei regni visionari – seppure venali – degli uomini che guidarono la sua ascesa a metà del secolo. La sua ricerca della semplice giustizia diventa un’odissea epica che lo porta ad affrontare forze senza tempo: da un lato trova ambizione, avidità, bigottismo e voglia di potere, dall’altro è appagato dalla musica in cui si imbatte e dalle nuove connessioni sentimentali.
Capire davvero cosa succede
Quasi vent’anni fa, Norton ha letto per la prima volta l’omonimo romanzo originale di Jonathan Lethem che attraversa i confini del genere e si è innamorato del suo narratore estremamente energico e altamente improbabile. Lionel si considera apertamente uno “scherzo della natura”, ma Norton ha visto in lui quella ricerca universalmente umana per capire chi è veramente, e come potrebbe elevarsi al di sopra di un mondo caotico: “sono stato molto preso da questo bambino orfano cresciuto nelle strade malfamate di Brooklyn, che è affetto dalla Sindrome di Tourette e da disturbi compulsivi-ossessivi; tuttavia, è anche estremamente brillante e ha un modo avvincente di vedere il mondo – afferma Edward Norton – c’è qualcosa di molto positivo nella personalità ossessiva di Lionel, capace di contenere informazioni, come lui stesso dice di avere un “vetro nel cervello”. Lionel non può lasciare che le bugie prendano il sopravvento, rimanere appeso a un filo invisibile, né fermarsi fino a quando non ha chiare le cose. Quindi, come detective, ha questo incessante bisogno di capire cosa succede davvero intorno a lui, che ho trovato emozionante e commovente”.
Ambientare la storia negli anni ’50
Norton ha voluto inserire Lionel in una sequenza temporale e in una serie di eventi completamente diversi dal libro. Allo stesso tempo, Norton voleva mantenere Lionel come un bambino senza madre di Brooklyn, un detective sulle tracce dell’assassino del suo mentore, un logorroico e un uomo profondamente in sintonia con i misteri e le esplosioni della mente umana. Voleva che il film, come il libro, fosse allo stesso tempo un omaggio al genere noir e una lettera d’amore a New York, una città in cerca della sua anima tra aspirazioni e tormenti – in effetti, voleva che questa idea fosse il principio guida. “Il romanzo è contemporaneo agli anni ’90. Ma i personaggi hanno una psicologia gestaltica degli anni ’50: parlano e si comportano come uomini fuori dal tempo”, osserva Norton che sapeva esattamente dove voleva portare Lionel: “mi sono da sempre interessato ai retroscena dello sviluppo della New York alla fine degli anni ’50, quando la vecchia New York è diventata una città moderna, sembrava un posto molto intricato dove posizionare Lionel”.
Uno specchio della nostra epoca
Ed Norton ha lavorato alla sceneggiatura ininterrottamente per quasi un decennio, quindi ha combattuto molti anni per portarla sullo schermo. Tuttavia, con il passare del tempo, i temi della storia continuavano a risuonare sempre più con le questioni sociali e politiche che ribollivano sotto la superficie della cultura americana. Ad inizio produzione, la New York del 1957 – quel bivio dove le scelte venivano fatte tra ambizione incontrollata e una città più giusta – sembrava uno specchio della nostra epoca. Mentre scolpiva la nuova storia di Lionel, Norton ha fatto sì che la caccia all’assassino di Frank Minna lo portava sempre più a fondo nel labirinto di una città, mettendo in rilievo sia la bellezza dei suoi sani principi che il sottofondo di ingiustizia che ancora oggi persevera.
I segreti oscuri di New York
“La storia di come New York City è stata convertita nella città moderna è davvero profonda e oscura – osserva Norton – ci sono molti grandi libri e documentari su quell’epoca, ma il tema non è stato ampiamente esplorato nel film. Spesso pensiamo alla metà del secolo come al periodo d’oro della democrazia americana, ma ciò che è stato nascosto è che il razzismo istituzionale veniva costruito direttamente nella pianificazione della città di New York e altrove. La verità è che molte cose che sono successe in città sono state raggiunte con metodi fondamentalmente in contrasto con l’impegno della leadership democratica Americana, di fatto, al limite dell’autocrazia reale. In molti modi, i ponti, le strade e i progetti abitativi sono per New York ciò che l’acqua è per Los Angeles: la linfa vitale ma anche un contenitore dei segreti più oscuri della città”.
La scelta di un genere: il noir
Nell’ambientazione del film di Norton del 1957, il noir era passato dallo status di film di serie B ad una delle forme d’arte più iconiche di Hollywood, amata e imitata in tutto il mondo. I fondamenti estetici del noir – le stradine bagnate dalla pioggia che pullulano di minacce, ribelli doppiogiochisti e disadattati, e grandi contrasti d’illuminazione- sono diventati, insieme al jazz be-bop, parte della nascita del cool. Attraverso questo genere il cinema pone delle riflessioni sull’instabilità della vita moderna e in generale sulle norme sociali. Così i personaggi emarginati della storia scoprono l’ipocrisia di un mondo dorato che in realtà costruito sui crimini. Per Norton, tornare agli anni ’50 è stato un modo per ritornare a ciò che il noir esprime meglio: “si percepiva la rapida ascesa al potere dell’America. Eravamo un paese giovane, ottimista, idealista. Ma attraverso il noir, chi faceva film diceva di stare in sospeso per un po’, per poi tornare a terra. E una volta a terra, andando a scavare a fondo si trovano molte cose oscure. L’idea di sbirciare in ciò che accadeva nell’ombra, e ciò che succedeva al di là della narrativa sul chi siamo e ciò che abbiamo realizzato, penso ora sia avvincente come non lo è mai stato”.
L’importanza delle relazioni
Come attore, Norton ha reinterpretato il personaggio più elementare del cinema noir – il loquace e cinico detective – in una interpretazione assolutamente nuova. Essrog non riesce ad arrestare le parole che gli escono nei momenti più inopportuni. Non riesce a controllarne il fragore, né riesce a stoppare la costante autoanalisi che lo rende molto più vulnerabile e trasparente dell’ intero pantheon di protagonisti noir. Nella sua agile interpretazione, Norton ha fatto tutto il possibile per impedire al personaggio di essere semplicemente la somma delle sue esplosioni e compulsioni. La speranza era che la Sindrome di Tourette di Lionel diventasse organica per il pubblico, come una parte di come è, come orfano o abitante di Brooklyn. “Per me, l’essenza del viaggio personale di Lionel è la sua necessità di relazionarsi – conclude Norton – si sente invisibile o non considerato per quello che è veramente, principalmente a causa delle sue condizioni. L’interazione del suo dolore e frustrazione con il suo umorismo e la sua tenacia, è un mix che ho trovato in molti dei miei personaggi preferiti e mi commuove sempre”.
“Sono sempre stato attratto dai perdenti, e mi sono innamorato di Lionel perché è una sorte di sfavorito che si rivela un eroe”.
Edward Norton