A distanza di 30 anni dalla sua prima uscita al cinema, lunedì 25 novembre nelle sale torna – restaurato in 4k e in versione originale sottotitolata – Santa Sangre, il capolavoro visionario del maestro Alejandro Jodorowsky che lo scrisse insieme a Roberto Leoni e Claudio Argento.
Il film
L’infanzia del piccolo Fenix (Cristobal Jodorowsky) non è come quella di un bambino come tutti gli altri. Lavora nel circo gestito dal padre Orgo (Guy Stockwell), un uomo ubriacone e infedele e la madre Concha (Blanca Guerra), trapezista magnetica a capo di una setta religiosa che idolatra una giovane martire a cui vennero amputate le braccia. Nel circo vivono anche Alma, una bambina sordomuta e unica amica del bambino, e sua madre, la Donna Tatuata (Thelma Tixou), autentica attrazione e seduttrice impenitente che intrattiene una storia segreta con Orgo. Un giorno, però, Concha li coglie in flagrante e, accecata dall’ira, versa dell’acido sul marito che, prima di morire, le amputa le braccia. Fenix assiste alla scena e lo shock di fronte a tanto orrore lo porta alla pazzia, al punto da venir rinchiuso in un manicomio in stato semi-catatonico fino all’età adulta. Ma il ritorno improvviso della madre lo spinge alla fuga.
Visionario e surreale
Alejandro Jodoorowsky girò Santa Sangre nel 1988, quindici anni dopo aver diretto i già visionari El Topo (1971) e La Montagna Sacra (1973). In quell’intervallo di tempo, trascorso a Parigi, scrisse romanzi, testi teatrali e le storie disegnate da Moebius per Métal Huriant, dirigendo una scuola psicoanalitica basata sui tarocchi della cui interpretazione è gran maestro (poco più di un mese fa, al cinema è uscito Psicomagia – Un’Arte Per Guarire). Quando Santa Sangre uscì, i commenti della critica furono eccellenti: “Momenti di gloria fantastica“, scrisse Maurizio Porro (Corriere della Sera, 22 gennaio 1990); “Cose fantastiche succedono in questo film (…) dove si sfrena il talento barocco, oltranzista e magico di Alejandro Jodorowsky” è invece quanto osservò Lietta Tornabuoni (La Stampa, gennaio 1990); ancora più grandi le parole di Alessandra Lavantesi (sempre su La Stampa, 3 marzo 1990): “la sua galleria di mostri potrebbe suscitare l’invidia di Federico Fellini (…). Onirismo e psicoanalisi, sincretismo religioso e spunti surreali, humor nero e senso macabro“.