Marco D’Amore è regista e interprete de L’Immortale, il film incentrato su Ciro Di Marzio, il suo celebre personaggio di Gomorra – La Serie. L’Immortale – al cinema dal 5 dicembre – non è solo un’opera cinematografica ma un nuovo capitolo che si integra completamente in Gomorra – La Serie e fa da ponte tra la quarta e la quinta stagione.
Il film
Il corpo di Ciro (Marco D’Amore) sta affondando nelle acque scure del Golfo di Napoli. E mentre sprofonda sempre più, affiorano i ricordi. I suoni attutiti dall’acqua si confondono con le urla della gente in fuga. E’ il 1980, la terra trema, il palazzo crolla, ma sotto le macerie si sente il pianto di un neonato ancora vivo. Dieci anni più tardi, ritroviamo quel neonato ormai cresciuto, mentre sopravvive come può alle strade di Napoli, figlio di nessuno. Ricordi vividi di un’educazione criminale che l’hanno reso ciò che è: Ciro Di Marzio, l’Immortale. Anni dopo, quello stesso bambino ormai adulto, sopravvive anche a quel fatidico sparo: allora è vero quello che si dice, l’Immortale non lo uccide nessuno. Ambientato tra la Napoli degli anni ’80 post-terremoto e la Riga odierna, la storia è un continuo dialogo tra il presente di Ciro, esiliato sul Baltico a migliaia di chilometri da casa e dagli ultimi affetti rimasti, e il suo passato da orfano. Dall’infanzia per strada alle fredde estati del nord Europa, dai primi furti all’ultima guerra tra fazioni in lotta: tutto per sopravvivere a un mondo dove l’immortalità in fondo è solo una condanna.
Marco D’Amore racconta
“Ciro Di Marzio è il male assoluto, il gesto efferato, la violenza ingiustificabile. Ma è anche la tenerezza improvvisa di una carezza, la compassione per il dolore, il gesto eroico del sacrificio. Ciro è una vetta insormontabile, un abisso senza fondo o lo sguardo sul precipizio, a seconda da quale punto di vista lo si osservi. È un personaggio totale, conflittuale, tridimensionale. Ha, a mio avviso, la potenza dei grandi protagonisti della letteratura teatrale come l’Amleto o lo Jago di Shakespeare, il Caligola di Camus. “Non ho mai smesso di pensare a lui, di interrogarlo come un oracolo nero, di sognarlo e averne l’incubo. Questa ossessione mi ha fatto immaginare infinite storie possibili che ne ampliassero il racconto. Una di queste ha preso sempre più spazio diventando in breve tempo il desiderio assoluto di farne un film. Questa è la storia che può far battere il cuore, turbare gli animi e stimolare le intelligenze. La storia di un uomo che sa quale condanna sia essere Immortale“.