Dopo aver aperto il 37° Torino Film Festival, giovedì 16 gennaio 2020 arriva nelle nostre sale Jojo Rabbit, il film scritto e diretto da Taika Waititi che si ispira al romanzo Il Cielo in Gabbia di Christine Leunens. La pellicola vede all’opera un cast formato da Roman Griffin Davis, Thomasin McKenzie, Taika Waititi, Rebel Wilson, Stephen Merchant, Alfie Allen, Sam Rockwell e Scarlett Johansson. Il film ha appena ricevuto ben 6 nominations agli Oscar per: Miglior Film, Miglior Attrice Non Protagonista (Scarlett Johansson), Miglior Sceneggiatura Adattata, Miglior Montaggio, Migliori Costumi e Migliori Scenografie.
Il film
Il regista Taika Waititi imprime il suo stile distintivo, caratterizzato da umorismo e pathos, nel suo ultimo film, Jojo Rabbit, satira sulla Seconda Guerra Mondiale che segue le imprese di un ragazzo tedesco piuttosto solitario (Roman Griffin Davis nei panni di Jojo), la cui visione del mondo viene sconvolta quando scopre che sua madre (Scarlett Johansson), che è single, tiene nascosta in soffitta una giovane ebrea (Thomasin McKenzie). Aiutato solo dal suo amico immaginario, Adolf Hitler (Taika Waititi), Jojo è costretto a confrontarsi con il suo cieco nazionalismo.
La società vittima dell’intolleranza
Jojo Rabbit offre, attraverso gli occhi di un bambino, la visione acutamente divertente, ma profondamente conturbante, di una società divenuta preda dell’intolleranza. Attingendo alla sua personale eredità ebraica e alle sue esperienze di vita circondate da pregiudizi, l’autore-regista Taika Waititi (la cui madre è ebrea, mentre il padre è Maori) è artefice di una potente presa di posizione contro l’odio attraverso una spietata satira della cultura nazista che si impossessò della psiche tedesca al culmine della seconda guerra mondiale. Waititi fa sua una storia che è un po’ troppo inquietante per potervisi avvicinare con sobria solennità, quella di un ragazzo che, come molti altri in quel periodo, viene sottoposto a lavaggio del cervello fino a raggiungere una devozione totalizzante nei confronti di Hitler. Ne ricava poi una commedia nera e affascinante, che in ultima analisi scardina l’ideologia malsana dell’antisemitismo e della persecuzione del prossimo.
Sovvertire il potere
Sempre in equilibrio sul filo della comicità, Waititi mescola la furia della sua satira con un persistente senso di fiducia nella possibilità che fanatismo e odio vengano messi da parte. Il film segue in modo evidente le tracce di alcuni degli eroi cinematografici di Waititi: Mel Brooks, Charlie Chaplin, Ernst Lubitsch e Stanley Kubrick, solo per citarne alcuni. Come questi registi, Waititi era alla ricerca di una nuova modalità di rivisitazione di uno dei temi più inquietanti, attraverso la forza paradossalmente morale di una genuina parodia. In particolare Waititi fa eco a Brooks, attore ebreo che sovverte il potere persistente dell’immagine di Hitler attraverso il suo ritratto stravagante e ridicolizzato. Ma tanto quanto il film è in debito con i suoi audaci precursori, così Jojo Rabbit richiama molti aspetti dei nostri tempi, con i suoi personaggi profondamente umani, le cui cieche manie possono anche divertire, ma i cui dissidi interiori sono tremendamente reali ed evidentemente attuali. Se per un verso Jojo Rabbit è un’allegoria comica sul prezzo del predominio del fanatismo, non importa se in camera da letto o in una nazione, quello di Jojo è anche il viaggio molto realistico di un bambino che diventa grande. Perché trovando il coraggio di aprire la mente, scopre come l’amore abbia il potere di cambiare il suo percorso.
Un caos che sconvolge
Waititi dice che la sua speranza è sempre stata quella che il film potesse portare un totale, profondo sconvolgimento. Voleva mettere in discussione la sua stessa comfort zone, ma anche la convinzione che le storie sull’era nazista fossero già state tutte raccontate, soprattutto in un momento in cui la lezione di quei tempi è ancora straordinariamente attuale. Con il nazionalismo, l’antisemitismo e altre forme di intolleranza religiosa e razziale che montano, la sfida di riuscire a catturare l’attenzione della gente era enorme. “Sapevo di non voler realizzare un film drammatico che trattasse apertamente di odio e pregiudizio, dato che siamo già più che abituati a quello stile – spiega il regista – quando una cosa mi sembra un po’ troppo facile, mi piace farci irrompere il caos. Ho sempre pensato che la commedia fosse il modo migliore per mettere il pubblico in una buona disposizione. Così, con Jojo Rabbit, voglio conquistare il pubblico con le risate, e una volta che si è abbassata la guardia, incomincio a somministrare questi piccoli carichi drammatici con il loro peso importante”.
Il messaggio di Watiti
Alla fine, per quanto Jojo Rabbit possa mettere in mostra la tragica e assurda realtà dell’autoritarismo e del fervore nazionalista, così come le guerre personali scatenate dal pregiudizio e dall’odio, la pellicola ci ricorda al tempo stesso l’implicazione umana e la nostra prima responsabilità di fare sempre tutto ciò che è in nostro potere, anche semplicemente cercando di essere buoni gli uni con gli altri. Waititi riassume: “È il momento giusto per raccontare questa storia. Oggi dobbiamo educare i nostri figli alla tolleranza e continuare a ripeterci che non ci deve essere posto per l’odio in questo mondo. I bambini non nascono nell’odio, vi vengono addestrati. Mi auguro che l’umorismo del film contribuisca a coinvolgere una nuova generazione; è importante continuare a trovare modi sempre nuovi e originali per continuare a raccontare l’orribile storia della seconda guerra mondiale alle nuove generazioni, in modo tale che i nostri figli possano ascoltare, imparare e progredire, uniti verso il futuro. Alla fine dell’ignoranza, sperando che possa essere sostituita dall’amore”.