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Chiara Mastroianni nell’Hotel Degli Amori Smarriti di Christophe Honoré

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Giovedì 20 febbraio arriva nelle nostre sale L’Hotel Degli Amori Smarriti, il film scritto e diretto da Christophe Honoré con protagonista Chiara Mastroianni, vincitrice del Premio per la Miglior Interpretazione nella sezione Un Certain Regard al 72° Festival di Cannes.

Il film

Dopo vent’anni di matrimonio, Richard (Vincent Lacoste) scopre che Maria (Chiara Mastroianni) lo tradisce. Lei decide di lasciare il domicilio coniugale e di trasferirsi nell’hotel di fronte, dal quale avrà una vista privilegiata sul suo appartamento, su Richard e sul loro matrimonio. Nella stanza 212 Maria riceverà delle visite inattese dal suo passato, con le quali rivivrà i ricordi di amori sognati e perduti in una magica notte che le cambierà la vita.

Christophe Honoré racconta…

Come spesso accade, anche L’Hotel Degli Amori Smarriti proviene da un altro film che non è mai stato girato, a malapena è stato scritto, ma che è la sua fonte segreta. L’avevo intitolato Les Fleurs (I Fiori). La storia era ambientata durante l’occupazione e fino agli anni ’50. C’era un pittore immaginario, un pianoforte, la regione della Picardia, l’Opéra Garnier e due personaggi femminili che custodivano un segreto inaccessibile. Scrivendo e girando questo film ho guardato diversi film di Sacha Guitry, Ingmar Bergman, Woody Allen e ognuno di loro, senza saperlo, e con un senso di fratellanza che ero l’unico a sentire, mi ha permesso di dare un’identità a questo nuovo film”.

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Volevo che L’Hotel Degli Amori Smarriti esprimesse, in modo sentimentale e testardo, il mio attaccamento al cinema di finzione dove il “facciamo finta” ha più valore del “facciamo così com’è”. Qui intendo “finzione” nel senso di “incantesimo”. Mi sono lasciato trascinare in una danza dai passi dimenticati, affascinata da questo incantesimo”.

E a poco a poco mi è sembrato che non ci fosse niente che reclamasse, in questo giorno e in questa epoca, i preziosi strumenti di recitazione, di metafora, che favorissero la magia del backstage, dei trucchi, in un’opera che mirasse a creare la vita durante un film. Nabokov ha scritto: “Definire una storia – una vera storia – è un insulto all’arte e alla verità“. Sin dall’inizio, volevo che la mia storia assomigliasse più a un racconto coniugale che a un resoconto sulla vita di coppia”.

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Più Maria vorrebbe pensare alla sua vita, più la sua vita risulta essere piena di protagonisti che vogliono parlare per lei. Maria attraversa la strada, sperando in qualche nuova prospettiva, di vedersi dall’esterno, di vedere il suo appartamento, suo marito e il suo matrimonio dall’alto. Eppure ora non sta affrontando la solitudine, ma il gruppo rumoroso di persone che sostengono di aver sofferto a causa sua, della sua libertà e dei suoi desideri. Tra loro, Maria è come una prigioniera di segnali più o meno insidiosi che lei deve interpretare. Era da tempo che volevo mettere in scena i pensieri di un personaggio. E siccome volevo riprendere la fronte ansiosa e le fossette iconiche di Chiara Mastroianni, ho iniziato subito la produzione di questo film”.

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