A dire il vero, e le sue fan più accanite lo ricorderanno perfettamente, nel 2002 aveva già recitato in Un Amore Perfetto (film diretto da Valerio Andrei che sfruttava l’onda lunga di un vero e proprio fenomeno generazionale: la band bolognese i Luna Pop). Ma la sua vera e indimenticabile prova da attore è senza dubbio quella ne Il Cuore Grande Delle Ragazze del maestro Pupi Avati (2011), il film con cui vogliamo oggi festeggiare, per il suo 40° compleanno, un grandissimo artista dell’ultimo ventennio. Avete già capito chi è: Cesare Cremonini.
Il film
Prima metà degli anni ’30, in una cittadina dell’Italia centrale immersa nella campagna. La famiglia contadina dei Vigetti ha tre figli: il piccolo Edo, Sultana e Carlino (Cesare Cremonini), giovanotto molto ambìto dalle ragazze. Gli Osti invece sono proprietari terrieri che hanno fatto fortuna e vivono in una casa padronale con le loro tre figlie, tutte da maritare: le più attempate, Maria e Amabile, e la giovane e bellissima Francesca (Micaela Ramazzotti). Facendo buon viso a cattiva sorte, Sisto e Rosalia Osti accettano che il giovane contadino Vigetti corteggi le due sorelle maggiori con l’intento di sistemarne almeno una. Inizia un periodo di incontri con le due ragazze nel salotto di casa Osti, turbato però un giorno dall’arrivo improvviso di Francesca dalla città in cui è stata mandata a studiare. Tra i due è colpo di fulmine. Tutti i piani vanno in fumo: Carlino non vuole più corteggiare le due sorelle bruttine, e Francesca, la perla della famiglia, non vuole sposare altri che lo spiantato contadino. Dopo l’iniziale contrarietà gli Osti devono cedere: Francesca, disperata, forza loro la mano con tutti i mezzi.
La scelta dei fratelli Avati
Antonio Avati, fratello di Pupi e produttore del suo cinema, sulla scelta di affidare la parte da protagonista a Cesare Cremonini, disse: “abbiamo chiamato Cesare e dopo cinque minuti lui era già nel nostro ufficio: è una persona eccezionale, dopo due ore aveva già capito tutto del cinema e lo ha dimostrato in seguito intonandosi facilmente con tutti. Interpreta un “bello” conquistatore ma anche un po’ tontolone, questa cosa gli è piaciuta molto e l’ha sfruttata benissimo in scena recitando con dei tempi comici perfetti“. Anche se rischiosa, la proposta di Antonio fu accolta dal fratello regista: “essendo una pop star pensavo dovesse obbedire a certi stereotipi “maledetti” – raccontò Pupi Avati parlando di Cesare Cremonini – invece si trattava di un bravo ragazzo che parlava di famiglia con una compostezza che ho riconosciuto essere la mia: le cose che diceva, il suo modo di pensare mi hanno ricordato il modo di essere bolognese di sempre e l’ho cercato subito perché ho rivisto in lui molto di me stesso alla sua età“.
Cesare Cremonini, ricordi sul set
“Ero pronto per andare in tour, ne avevo una voglia matta – raccontò a Gino Castaldo di Repubblica, in occasione dell’uscita del fim – e a quel punto mi chiama Avati, che non conoscevo affatto, e mi dice: t’ho visto in televisione in un’ intervista, voglio vederti, per una parte nel nuovo film. Io sinceramente non me l’ aspettavo, o meglio pensavo a una particina, un cameo, avevo visto in un suo film Guccini che faceva il barista, pensavo magari un arciere dietro la colonna o, peggio, me stesso che cantavo in un locale e, detto sinceramente, avrei preferito un arciere. E invece mi ha detto: protagonista, prendere o lasciare, senza provino, io mi sono sentito fortunato, grato, ho messo da parte tutto, la storia me l’ aveva solo accennata, e ho detto sì“.
“Un film è una storia scritta a penna da una testa, da un cuore, ma anche da un regista che ha una visione, una grande mente artistica e io me ne sono nutrito per due mesi. Ed è stato meraviglioso. C’ è bisogno di proporsi per sconfiggere la tendenza a nascondersi, e intendo non solo professionalmente. Pupi ha insistito molto su questo, tramite metafore, racconti, col suo modo di guidare la macchina del cinema. E poi c’è una grande differenza col mio lavoro. Recitare non è come stare sempre tra la vita e la morte, in tempesta, come quando faccio le mie cose, io la vivo così, la sensazione di essere in un uragano, sempre in bilico tra l’abisso e un obiettivo irraggiungibile, fare l’attore è molto più rilassante, più giocoso, hai 50 chili in meno sullo stomaco, gli attori sono comunque nelle mani di un altro”.
“Questa terra, che poi è anche la terra di Pupi, è la mia Strawberry Field. Sono cresciuto a Culunga un piccolo paese a dieci chilometri da Bologna, e sono molto legato alla campagna. Il mio personaggio è un ragazzo degli anni Trenta della provincia bolognese, Pupi è di Sasso Marconi, e la storia è quella del nonno di Pupi, di come si è innamorato e si è sviluppato il suo amore, in pieno fascismo, un ragazzo di provincia quasi analfabeta, che non ha studiato, povero, diviso a metà tra il sentimento e la carne. In quegli anni si faceva di necessità virtù, l’amore era al centro della vita degli adolescenti, allora come oggi, ma con più carnalità, più desideri. Il nonno s’ innamorò di questa ragazza e fece una gran fatica per sposarla, scombinando i piani di mille famiglie”.
“Scoprire l’arte della recitazione è stato abbastanza facile perché Avati chiede naturalezza, quindi verità. Mi diceva che il contesto in cui mi trovavo e i dialoghi già dicevano moltissimo, che non c’era bisogno di enfatizzare, però bisogna essere privi di vergogna, dimenticarsi del giudizio degli altri. Ma a questo sono abituato, a trovarmi davanti a una telecamera ed essere me stesso, Pupi mi ha chiesto quello che in fondo per me è la cosa più facile, essere spontaneo e vero“.
“Un aneddoto, sul personaggio di Carlino. All’ inizio c’ era qualche problema. Dissi a Pupi: sono in difficoltà perché non capisco se Carlino è un mascalzone che vuole solo trombarsi le donne, oppure pensa all’ amore. Lui mi ha preso da parte e mi ha detto: ma non ti rendi conto che tu sei assolutamente così, canti l’amore nelle canzoni, insegui l’amore, poi però sei attratto dal mondo femminile. E’ vero, anche nelle cose che scrivo questi due aspetti convivono perfettamente“.
Auguri Cesare, sarebbe bello rivederti, presto, in un nuovo film, al cinema.