Da pochi giorni anche in Italia è disponibile Quibi, un servizio di contenuti in streaming che cerca di differenziarsi enormemente all’interno di un panorama oggi estremamente affollato. La forza del progetto è costituita da contenuti pensati e realizzati espressamente per la visione sullo smartphone. In una settimana ci sono stati 1,7 milioni di download dell’app, ma la domanda sorge spontanea: siamo già di fronte ad una nuova abitudine di consumo che riuscirà ad inserirsi con successo nella nostra quotidianità?
Cosa vedere una volta aperta l’app
L’offerta di Quibi non è molto ricca ma si differenzia per le modalità e il tempo di visione. Ogni show ha al massimo 7 episodi, dalla durata massima di 10 minuti. Tutti i programmi presentano un nome di richiamo, una star nota perlopiù nel mondo anglosassone. Sull’homepage troneggiano il drama Survive con Sophie Turner e il thriller distopico Most Dangerous Game con Liam Hemsworth e Christoph Waltz.
Ci sono anche documentari naturalistici narrati da Reese Witherspoon, una reality sulla beneficenza di alcuni VIP come Jennifer Lopez, uno show di cucina, una sorta di “Forum”. Ci sono infine notiziari realizzati in collaborazione con grandi siti e network statunitensi come da E! oppure TMZ. In alcuni retroscena nella parte produttiva, pare che in ogni episodio gli showrunner debbano inserire un cliffhanger – un colpo di scena poco prima che termini l’episodio – così che lo spettatore sia ulteriormente invogliato a proseguire la visione. Un binge-watching in formato tascabile.
Turnstyle, lo schermo si adatta a noi
La tecnologia riveste infatti un ruolo chiave nella fruizione del servizio. Quibi è disponibile esclusivamente su smartphone, per iOs e Android. “Turnstyle” è il nome di questa modalità di visione ottimizzata sia per la versione panoramica, in orizzontale, sia per quella ritratto, in verticale. I video sono registrati in modo tale che in entrambi i casi l’esperienza non risulti castrata, e anzi addirittura i titoli di testa o gli altri elementi grafici sono piacevoli in tutte le modalità.
Dal punto di vista tecnico, il sistema scarica infatti due flussi video in contemporanea, così che si possa ruotare lo schermo senza perdere in qualità e minimizzare questo passaggio che altrimenti risulterebbe fastidiosa con qualunque altro contenuto. Un risvolto decisamente inaspettato: risulta quasi interessante la doppia visione, per scoprire come sarebbe stato guardare l’episodio con lo schermo nell’altra posizione. La proposta è originale anche in prospettiva: è in arrivo After Dark, una serie horror scritta da Steven Spielberg, i cui episodi potranno essere visti esclusivamente solo dopo il tramonto. Analogamente alcune trasmissioni potrebbero utilizzare il GPS o altri sensori del proprio smartphone, rendendo l’esperienza davvero particolare.
Un business dalle aspettative enormi
Quibi nasce nel 2018 grazie a Jeffrey Katzenberg, un professionista di Hollywood (con un passato in Walt Disney) noto per aver fondato DreamWorks insieme a Steven Spielberg. Se da una parte Katzenberg sa come sviluppare e guidare un progetto di intrattenimento come questo, per la parte tecnologica e CEO c’è Meg Withman, dirigente nei consigli di amministrazione di aziende come Procter&Gamble, Hasbro e Hawlett-Packard. Withman è colei che ha fatto fare il salto di qualità a eBay negli anni ‘90, facendola diventare il colosso della Silicon Valley che è tutt’oggi.
Due personaggi, due garanzie assolute, tanto che Quibi ha raccolto quasi 2 miliardi di dollari di finanziamento da parte dei più grandi gruppi di produzione cinematografica e telecomunicazioni mondiali, da Disney a WarnerMedia, da Sony ad Alibaba. Al momento ci si può abbonare con due piani, il primo da 5,99 Euro al mese che include alcuni annunci pubblicitari, il secondo invece da 8,99 Euro senza advertising. Durante queste settimane di emergenza sanitaria, il periodo di prova gratuito è stato esteso da 30 a 90 giorni, sufficiente per esplorare il catalogo e iniziare a valutare quanto possa adattarsi alla propria quotidianità.
Uno spuntino al posto dei social
L’ambizione del servizio è ben rappresentata dal nome, una contrazione di “Quick Bites”, che potremmo tradurre come “bocconi veloci” oppure, più consono, “mordi e fuggi”, ciò che occorre per una merenda o un rapido spuntino. Non abbiamo il tempo di goderci un film con calma sul divano e non abbiamo una pausa così lunga per gustarci un lungo episodio della nostra serie TV preferita, ma al contempo non vogliamo perdere tempo a cercare qualcosa cambiando siti, o piattaforme, e scoprire che sono troppo lunghi per il tempo che abbiamo a disposizione.
C’è YouTube e il suo mostruosamente ricco database di video, in cui però è facile perdersi. C’è Facebook oppure Instagram TV, ma il flusso dei contenuti è totalmente in mano agli utenti. In questo mondo manca una proposta strutturata, ecco allora le coordinate dove il servizio può posizionarsi e aspettare il suo pubblico. Quibi non cerca di cambiare le nostre abitudini, le asseconda. Gli utenti sono già assuefatti al mondo dei social e dei contenuti veloci a cui sottoporsi nei momenti di svago e relax. Siamo nel territorio dominato dalle Stories e da TikTok, dove però le meccaniche sono totalmente differenti: i ricavi arrivano dalle pubblicità mentre i contenuti sono generati dal pubblico stesso, dagli amici e al massimo dagli influencers.
Un percorso totalmente in salita
Se anche il terreno di gioco è differente da quello degli altri servizi di streaming, Katzenberg e Whitman si trovano di fronte alle loro stesse sfide in termini di qualità. Disney ha un catalogo che farebbe impallidire chiunque, Netflix ha un’offerta di “Originals” ormai consolidato e Amazon sta continuando ad investire grazie alla sua sterminata capacità di spesa. Star Wars, La Casa di Carta oppure Il Signore Degli Anelli in arrivo: questi i competitor hanno un richiamo che al momento Quibi ancora non dispone. E per costituire un catalogo adeguato, fatto da show sviluppati appositamente con una tecnologia specifica, la strada sembra essere ancora tutta in salita. Emerge insomma un servizio in grado di suscitare curiosità e attirare talenti attraverso la promessa di sperimentazione. Un rischio calcolato poiché, se adeguatamente sfruttato e ben trasferito al pubblico, offrirà l’elemento di differenziazione rispetto ai competitor. Una volta terminati i 90 giorni di prova gratuita, sarà questo l’aspetto che farà la differenza tra un successo e un flop.
Enrico Banfo