In programma mercoledì 9 settembre alla 77esima Mostra del Cinema di Venezia ci sono due pellicole proveniente dall’Oriente che ci teniamo a presentarvi. La prima, in Concorso, è Spy No Tsuma (Moglie Di Una Spia) di Kiyoshi Kurosawa (Giappone); la seconda, nella categoria Orizzonti, è Senza Sosta, Senza Riposo di Jing Wang (Cina).
Spy No Tsuma
È il 1940 a Kobe, la notte prima dello scoppio della Seconda guerra mondiale. Il mercante locale Yusaku Fukuhara sente che le cose stanno prendendo una brutta piega e decide di recarsi in Manciuria, senza portare con sé la moglie Satoko. Lì è casualmente testimone di un atto di barbarie e, determinato a renderlo pubblico, entra in azione. Nel frattempo, Satoko viene contattata da Taiji Tsumori, suo amico d’infanzia e membro della polizia militare, il quale le racconta della morte di una donna che suo marito ha riportato in Giappone dalla Manciuria. Satoko è accecata dalla gelosia e se la prende con Yusaku. Ma quando scopre le vere intenzioni del marito, fa una cosa impensabile per garantire la sua incolumità e la loro felicità.
Kiyoshi Kurosawa racconta…
“Ambientato in una città della campagna giapponese, durante il periodo angosciante e terribile della guerra, il film narra la lotta di una coppia per superare la sfiducia e restare fedele al proprio amore l’uno per l’altra. Si tratta del mio primo film ambientato nel passato. Muovendomi in un contesto storico e sociale già determinato, ho avuto modo di fare delle riflessioni molto interessanti mentre immaginavo quanto le persone dovessero sentirsi tormentate quando pensavano a cosa le aspettava in futuro”.
Senza Sosta, Senza Riposo
Cina, 2003. La società è in fermento, e tutti vogliono mettersi alla prova. Internet non ha ancora preso il sopravvento, i giornali dominano. Han Dong, stagista pieno di energia ed entusiasmo, decide di cambiare il destino di cento milioni di persone con un unico articolo. Il film si ispira a fatti realmente accaduti. “A causa della pandemia, la post-produzione è avvenuta online – racconta Jing Wang – io e il montatore eravamo lontani 1300 chilometri. Ma la distanza suscita riflessioni. Il film è ambientato a Pechino, diciassette anni fa. La storia di Han Dong è un evento marginale in un’epoca di infinite possibilità, in un tempo in cui la società era ancora alla ricerca di un suo equilibrio. La Cina si è sviluppata così in fretta che persino gli archivi di dieci anni fa risultano ormai stranianti. Io ho scelto di puntare il mio obiettivo sui volti della gente: i desideri, le incertezze, la sofferenza e la dignità per me emergono soprattutto nella memoria collettiva di un’epoca. Chi poteva dire che la storia si sarebbe ripetuta con la pandemia di coronavirus? I cambiamenti che Han Dong ha sognato nel film, sarebbero mai diventati realtà? Solo il tempo potrà dirlo”.