Uno degli attori che mi stanno più a cuore è, senza dubbio alcuno, Bill Murray. I motivi sono due. Il primo, attoriale: è sempre stato capace di farmi sorridere anche solo usando lo sguardo (le sue espressioni non hanno quasi mai bisogno di parole), quando incrocio il suo volto in un film mi sento meglio. Il secondo, affettivo: Bill Murray compare in un grande numero di film (tutti, ma proprio tutti, tassativamente Cult) che ho amato durante l’infanzia. Per questo quando lo vedo – ancora oggi che compie 70 anni – riprovo le stesse sensazioni vissute da bambino.
Il dolore dietro il comico
Quinto di nove figli, in una famiglia non troppo ricca, William James (in arte “Bill”) Murray non ha avuto per niente una giovinezza spensierata. In casa sua i soldi scarseggiano, così, da adolescente, Bill lavora come caddie. Il dolore lo travolge a 17 anni, quando suo padre (un modesto venditore di legname), muore di diabete. La rabbia di quell’età, mescolata con il lutto, lo rende un ragazzo turbolento, difficile da gestire e, una volta raggiunto il diploma alla Loyola Academy, poco dopo aver iniziato gli studi per diventare paramedico presso la Regis University di Denver, viene cacciato perché la polizia gli trova della marijuana nell’aeroporto O’Hare di Chicago. Così torna a fare lavori modesti (tra gli altri, fa anche il pizzaiolo per la catena Little Caesar’s), fino a quando entra nella troupe di teatro Second City Chicago, una compagnia di spettacoli d’improvvisazione.
L’esordio sul grande schermo
Nel gruppo teatrale, oltre ad un certo John Belushi (che Bill già conosceva), c’è anche suo fratello maggiore Brian. Quest’ultimo, nel 1974, lo inseriesce nel programma radiofonico comico The National Lampoon Radio Hour di New York City. Il talento di Bill è notevole, a tal punto che nel 1977 (un anno dopo il suo primo cameo al cinema nel film Stop a Greenwich Village), diventa autore e attore comico del celebre show Saturday Night Live (tra i suoi colleghi c’è anche Dan Aykroyd). Il pubblico lo ama, lui resta nel programma fino al 1980. Un anno prima, nel 1979, il suo debutto ufficiale sul grande schermo nella commedia canadese Polpette, diretta da Ivan Reitman. Da lì inizia la sua carriera nel cinema. Tra il 1980 e il 1982 prende parte a tre film di successo (nell’ordine, Palla Da Golf, Stripes e Tootsie), mentre nel 1983 è il protagonista ne Il Filo Del Rasoio (questo invece è un flop, anche perchè lui prova a fare un personaggio serio), un film che lo porta alla prima grande svolta della sua carriera.
Arrivano i Ghostbusters
Per finanziare Il Filo Del Rasoio, la Columbia lo “costringe” a recitare nel nuovo film ideato e scritto dall’ex collega Dan Aykroyd. Un film uscito nel 1984 ed entrato subito nel mito: Ghostbusters – Acchiappafantasmi. Il suo personaggio, Peter Venkman (che doveva essere interpretato da John Belushi, prematuramente scomparso nel 1982), un bizzarro e sarcastico dottore in parapsicologia, gli porta la sua prima nomination ai Golden Globe. Il successo non gli fa montare la testa, anzi. Non soddisfatto del proprio percorso professionale, si allontana da Hollywood per andare a Parigi, a frequentare il Cinematique e dei corsi universitario alla Sorbonne.
Altri tre film cult
Dopo un cameo in La Piccola Bottega Degli Orrori (1986), nel 1988 torna alla grande al cinema in un film che amo, la commedia fantasy S.O.S. Fantasmi (titolo italiano tradotto dall’originale Scrooged, che “giocava” con il successo di Murray in Ghostbusters e dell’imminente sequel Ghostbusters II, uscito nel 1989), una rivisitazione in chiave moderna del grande classico A Christmas Carol di Charles Dickens. Lui è uno Scrooge spietato, cinico ed egoista. La pellicola, diretta da Richard Donner, è annoverata ancora oggi di diritto tra le pellicole cult natalizie ed il merito è soprattutto di Bill Murray. Dopo Ghostbusters II (inferiore al primo per qualità e numeri d’incasso), Bill Murray sfodera il meglio di se stesso in altri due film che rivedo ogni anno, entrambi di enorme successo. Il primo è Tutte Le Manie Di Bob (1991) di Frank Oz, una commedia irresistibile che lo vede nei panni di un soggetto nevrotico e iperfobico che cerca di essere curato – ad ogni costo – dallo psichiatra Leo Marvin (eccellentemente interpretato da Richard Dreyfuss). Il secondo è invece Ricomincio Da Capo (1993, diretto e sceneggiato da Harold Ramis), in cui, al fianco di Andie MacDowell, si ritroverà a rivivere sempre lo stesso giorno: strepitoso.
I sodalizi con Wes Anderson e Jim Jarmusch
Negli anni a seguire Bill Murray a recitato in tantissimi film, dimostrando di essere un attore versatile e completo, capace di interpretare anche personaggi drammatici e struggenti. Con Rushmore (1998), inizia al lungo sodalizio artistico con il regista Wes Anderson che in seguito lo dirige anche in ben altri 6 film: I Tenenbaum (2001), Le Avventure Acquatiche Di Steve Zissou (2004), Il Treno Per Darjeeling (2007), Moonrise Kindgome – Una Fuga D’Amore (2012), Grand Budapest Hotel (2014), The French Dispatch of the Liberty, Kansas Evening Sun (2020, a causa della pandemia non si sa ancora una data d’uscita). Altra grande collaborazione è quella con Jim Jarmusch: da Coffe And Cigarettes (2003) allo straordinario Broken Flowers (2005), da The Limits Of Control (2009) al recente I Morti Non Muoiono (2019). Nell’ultimo decennio, da ricordare sono anche le sue prove in: A Royal Weekend (2012, diretto da Roger Michell, dove interpreta l’ex presidente Franklin Delano Roosvelt), Monuments Man (2014, di George Clooney), St. Vincent (2015, di Theodore Melfi, lui riceve una nomination al Golden Globe), Rock The Kasbah (2015, di Barry Levinson). In questo incredibile 2020 ha invece ripreso il suo ruolo di Peter Venkman per l’attesissimo sequel Ghostbusters: Legacy, diretto dal figlio di Reitman, Jason (uscirà nel marzo 2021).
L’Oscar sfuggito
Nel 2004 rimasi sveglio fino all’alba per assistere alla Notte degli Oscar, appositamente per fare il tifo per lui, candidato come Miglior Attore Protagonista per il meraviglioso Lost In Translation di Sofia Coppola (2003). Lui interpreta Bob, un attore in declino che in una caotica Tokyo, irrefrenabile e totalmente incomprensibile, incontra e si innamora di Charlotte (una fantastica Scarlett Johansson), una giovane donna. Sono entrambi sposati, sono entrambi smarriti, sono entrambi infelici. Ma insieme, guardandosi negli occhi, vivono davvero. Prima del misterioso finale (cosa avrà sussurrato lui all’orecchio di lei durante il loro struggente saluto?), c’è la sequenza del karaoke: Bill Murray canta More Than This dei Roxy Music e Charlotte gli lancia uno di quegli sguardi che ti restano dentro per tutta la vita, momento altissimo. Nonostante la vittoria ai Golden Globe e ai BAFTA, alla fine quell’Oscar non arriva. Bill lo avrebbe meritato senza dubbio. (Ah, a breve dovrebbe uscire On The Rocks, il nuovo film di Sofia Coppola: lui sarà il protagonista).
Essere Bill Murray
Lunedì 21 settembre, in occasione del suo 70° compleanno, Sky Arte alle 21.15 manderà in onda Essere Bill Murray, il film documentario firmato da Stéphane Benhamou che, attraverso archivi e testimonianze, rivela la storia dell’incredibile personaggio dietro all’iconico attore, ripercorrendo i momenti decisivi della carriera dell’artista, dall’origine del suo genio comico fino alle più recenti interpretazioni drammatiche. La pellicola approfondisce le passioni dell’artista esplorando i luoghi più importanti della sua vita: da Wilmette, la piccola città dell’Illinois dove è cresciuto; a New York, dove ha stabilito la sua fama al Saturday Night Live; a Chicago, dove ha fatto il suo debutto; Parigi che lo ha affascinato e Los Angeles che odia.
Pioniere sovversivo del cabaret negli anni Settanta, icona delle grandi commedie anni ’80-’90. Bill Murray è tanti colori, è una cura per lo spirito, è un attore che esprime tutte le note della vita.