Dall’8 ottobre 2020 al 3 gennaio 2021 la Fondazione Mast di Bologna (via Speranza, 42) presenta due nuove mostre: Mast Photography Grant On Industry And Work 2020, a cura di Urs Stahel, e Inventions a cura di Luce Lebart.
Mast Photography Grant On Industry And Work 2020
La sesta edizione del concorso fotografico della Fondazione MAST su industria e lavoro dedicato ai talenti emergenti, presenta le opere dei cinque finalisti della sesta edizione: Chloe Dewe Mathews, Alinka Echeverría, Maxime Guyon, Aapo Huhta e Pablo López Luz. Questi giovani fotografi sono stati selezionati tra quarantasette candidati provenienti da tutto il mondo e hanno sviluppato un progetto originale e inedito per la Fondazione MAST. I cinque i progetti affrontano temi di grande attualità: i danni ambientali causati dall’agricoltura intensiva, il ruolo della donna tra presente e passato nel campo dell’industria cinematografica e dell’informatica, il fascino della tecnologia e del design del prodotto industriale, l’impatto dell’Intelligenza Artificiale sui modi di vita tradizionali e l’omologazione indotta dall’industria globale della moda. Il vincitore, annunciato oggi, è Alinka Echeverría (Città del Messico, 1981) con il progetto intitolato Apparent Femininity.
“Ogni due anni, la Fondazione MAST, attraverso il MAST Photography Grant on Industry and Work – spiega il curatore della mostra, Urs Stahel – offre a giovani fotografi l’opportunità di confrontarsi con le problematiche legate al mondo dell’industria e della tecnica, con i sistemi del lavoro e del capitale, con le invenzioni, gli sviluppi e l’universo della produzione. E spesso il loro sguardo innovativo e inedito ci costringe a scontrarci con incongruenze, fratture, fenomeni e forse perfino abissi che finora avevamo trascurato o cercato di non vedere”.
I progetti selezionati per questa sesta edizione sono diversi tra loro, ma legati dall’attualità dei temi affrontati e dalla molteplicità dei mezzi di rappresentazione scelti. Alinka Echeverría (vincitrice della sesta edizione) alla soglia della quarta rivoluzione industriale, indaga alcune immagini di femminilità guardando al ruolo svolto dalle donne agli albori dell’industria del cinema e della programmazione informatica; Chloe Dewe Mathews mostra i danni ambientali delle coltivazioni intensive nei polytunnel, le strutture in plastica che ricoprono quattrocento chilometri quadrati di superficie terrestre per consentire di produrre ortaggi tutto l’anno; Maxime Guyon usa il mezzo fotografico al massimo delle sue potenzialità per restituirci gli aspetti tecnologici e le alte prestazioni degli aerei.
Aapo Huhta esplora il mondo dell’Intelligenza Artificiale e mostra come “la macchina“ legga in modo eticamente sospetto le immagini, sollevando dubbi sulle modalità di implementazione dei software; Pablo López Luz fotografa le vetrine dei negozi di abbigliamento in America Latina, che resistono all’omologazione imposta dall’industria globale della moda e porta la riflessione sul paesaggio urbano quale luogo privilegiato per cogliere le trasformazioni sociali e culturali.
Inventions
La mostra Inventions, curata da Luce Lebart con la collaborazione di Urs Stahel, allestita nella Gallery/Foyer propone un’ampia selezione di fotografie prodotte tra le due Guerre mondiali che uniscono tecnologia e arte. Tutte le immagini provengono dall’ Archive of Modern Conflict (Londra) e dagli Archives nationales di Francia. Queste numerose invenzioni vengono realizzate e fotografate in Francia tra le due Guerre mondiali presso l’Office des inventions su iniziativa di Jules-Louis Breton, a capo del Sous-secrétariat d’État aux inventions. Breton, inventore a sua volta, voleva promuovere la ricerca scientifica e industriale, accelerando i processi e garantendo la rapida trasformazione di un’idea in un oggetto o in una macchina di pronto utilizzo. In tal senso, egli favoriva attivamente la collaborazione tra industriali, scienziati e inventori.
Di corredo ai progetti e alle descrizioni dettagliate delle invenzioni, le immagini ne facilitavano la valutazione e contribuivano a conservarne la traccia. Rappresentavano così una valida alternativa ai prototipi, facili da archiviare e prontamente disponibili per la presentazione di fronte alle commissioni. La mostra rappresenta la molteplicità delle invenzioni presenti nell’archivio di Breton, che vanno dagli oggetti usati per sopravvivere in tempi di crisi ai dispositivi per godere di una migliore qualità della vita in periodo di pace. Pur essendo prodotte senza intenzioni artistiche, le immagini hanno innegabili qualità estetiche e possiedono quello che si può definire uno stile fotografico, paragonabile a quello di un autore, benché non siano mai firmate.
Come spiega la curatrice e storica della fotografia (presso l’Archive of Modern Conflict di Londra) Luce Lebart “si tratta di un archivio visivo che colpisce per la sua fantasia, gli accenti umoristici e la libertà nello svelare i codici dell’oggettività fotografica. L’elemento comico è tanto più inatteso in quanto si inserisce in un contesto industriale e scientifico. Come al cinema, queste scene fotografiche ci raccontano delle storie”.
Info mostre: www.mast.org