Dal 12 ottobre la Cineteca di Bologna – per il progetto Il Cinema Ritrovato – riporta nelle sale, in un nuovo restauro 4K, Caro Diario (1993), il film che valse a Nanni Moretti il premio per la Miglior Regia al Festival di Cannes nel 1994. Sarà lo stesso Nanni Moretti a presentarlo al pubblico del Cinema Arlecchino di Bologna nella serata di sabato 10 ottobre (proiezione alle 19 e alle 22).
Il film
Diviso in tre capitoli autonomi e complementari (In vespa, Isole e Medici), Caro Diario rimane, a quasi trent’anni dalla sua prima uscita in sala, un sorprendente oggetto estraneo di un autore unico del nostro cinema. Per Nanni Moretti, “splendido quarantenne” , è un punto di svolta: dopo la crisi ideologica di Palombella rossa, il “leone di Monteverde” abbandona il suo alter ego Michele Apicella e porta sullo schermo se stesso, senza filtri, dalle gite in vespa nella Roma agostana deserta fino alla sua, reale, malattia. Un’autobiografia profondamente collettiva, dove le ossessioni personali del regista – il passato, le case, il ballo, i (cattivi) critici… – si fondono con quelle di un paese intero, incapace di ricordare, di comunicare, di ascoltare, di capire. Divertentissimo, colmo di indimenticabili tormentoni morettiani, ma capace anche di momenti di autentica commozione (la lunga scena del pellegrinaggio verso il luogo dove morì Pasolini).
Nanni Moretti dixit…
“Ho iniziato a girare Caro Diario senza rendermi conto che avevo appena iniziato a girare il mio nuovo film. Alla fine del 1991 avevo in mente un soggetto che assomigliava di più ai miei film precedenti, un film in cui c’era il personaggio di Michele. Ho cominciato a lavorare su questo progetto; però a un certo punto non mi convinceva più e ho abbandonato l’idea. Decido allora di girare una specie di diario, un film a basso costo, sei o sette episodi di dieci-quindici minuti. Ne parlo col mio socio Angelo Barbagallo, gli dico che dobbiamo fare in modo che il film costi poco, con una troupe ridotta […]“.
“Durante quattro o cinque mesi, all’inizio del 1992, lavoro su questo progetto. In realtà gioco quasi sempre a tennis, non riesco ad andare avanti. In primavera riprendo invece il mio vecchio soggetto, la storia di uno psicoanalista che vive alle Eolie. Comincio a scrivere la sceneggiatura e faccio i primi sopralluoghi. In agosto, mentre sono in vacanza in Sardegna, mi viene voglia di tornare a Roma: mi piace Roma d’estate. Roma era deserta, come sempre d’agosto. Dico ad Angelo Barbagallo che voglio girare un cortometraggio – io che passeggio in Vespa per le vie di Roma –, un cortometraggio da proiettare soltanto nel cinema che abbiamo aperto a Roma l’anno prima, il Nuovo Sacher. In autunno dovevamo programmare In the Soup, di Alexander Rockwell, e io dico ad Angelo che potremmo presentare il mio cortometraggio prima del film. Giro durante due week-end, verso fine agosto, inizio settembre. Vado in proiezione e quando vedo il materiale girato, mi accorgo che quella libertà narrativa e quel tono sono più vicini a ciò che ho voglia di fare in quel momento, tanto più che non riesco ad andare avanti con l’altro film più tradizionale“.
“Mi rendo conto che, oltre alla storia delle passeggiate in Vespa per le strade di Roma, ho voglia di raccontare altre storie: la serie di medici che ho incontrato quando ero malato, poi una storia ambientata nelle isole Eolie, con alcuni dei personaggi della sceneggiatura che avevo appena abbandonato, e anche una storia comica intitolata Il critico e il regista. All’inizio, Caro Diario era quindi composto da quattro capitoli. Decido allora di buttarmi in questo nuovo progetto. Ho cominciato a scrivere Isole e Medici, anche se per quest’ultimo episodio la sceneggiatura in un certo senso era già pronta: mi bastava riprendere in mano una vecchia cartellina in cui avevo conservato tutte le ricette, e un quaderno di appunti su cui annotavo, dopo ogni visita, le conversazioni con i vari medici“.
“Il film stesso potrebbe chiamarsi Isole perché sono isole i quartieri di Roma, in senso architettonico e come classi sociali, sono isole quelle dell’arcipelago delle Eolie, sono isole anche i medici nella terza parte, ognuno rinchiuso nella propria specializzazione. Ho invece voluto chiamarlo Caro Diario perché fosse subito chiaro allo spettatore che si trattava di un film molto personale, intimo, privato, anche se – non è una battuta, a volte i registi capiscono qualcosa in più sul loro lavoro attraverso il contatto con gli spettatori – mi è stato ‘spiegato’ che si trattava di un film in cui, benché dessi l’impressione di parlare maggiormente di me, parlavo in realtà di più degli altri rispetto al passato. Non saprei… Comunque, in questo film, non mi nascondo più dietro il personaggio di Michele Apicella. Quando ho cominciato a fare cinema scrivevo, dirigevo e recitavo allo stesso tempo. Mi è venuto naturale stare non solo dietro, ma anche davanti la cinepresa. Pian piano mi sono divertito a costruire un personaggio affibbiandogli le mie ossessioni: l’attenzione per le scarpe, la precisione nel linguaggio, una certa rissosità, la passione per i dolci e per lo sport più praticato che visto. In Caro Diario sono precipitato nella prima persona, non c’è più Michele, ma Nanni“.