Il Teatro Valle di Roma torna in mostra, dopo il periodo di sospensione pandemica, per ospitare lo straordinario e prezioso allestimento Ronconi e Roma, dal 6 maggio al 20 giugno, un omaggio del Teatro di Roma dedicato al geniale innovatore dei linguaggi della scena Luca Ronconi, maestro di generazioni di attori e artefice di un teatro senza limiti.
Ronconi e Roma
La mostra testimonia il fertile rapporto tra il regista e Roma, la sua città, attraverso un percorso per immagini e documenti, offerti in un doppio allestimento che si snoda nel foyer con la sezione documentaria Gli esordi al Teatro Valle, a cura di Sandro Piccioni con il contributo del Centro Teatrale Santacristina – Archivio Luca Ronconi, dedicata ai debutti di Ronconi come attore e come regista, avvenuti proprio al Valle; per poi ricongiungersi nella sala del teatro trasformata in una scatola magica per accogliere Lo sguardo di Luca, a cura di Gianfranco Capitta, un viaggio attraverso le fotografie di scena di Marcello Norberth, appositamente restaurate, che prenderanno vita con effetti illusori e spaziali per raccontare il rapporto del maestro con il Teatro di Roma, della cui storia è stato un grande protagonista.
Dal Foyer “Gli Esordi Al Teatro Valle”
L’itinerario inizia dal foyer, dove ritroviamo Roma e il Valle: la città in cui Ronconi comincia a recitare e il suo palcoscenico d’elezione; oltre ai suoi amici, già compagni di corso all’Accademia d’Arte Drammatica, che lo avrebbero spinto a farsi poi regista. Per questo motivo la prima parte della mostra – Gli Esordi di Luca – si concentra sulla rivelazione e il debutto alla pratica teatrale, offerti per la prima volta al pubblico in maniera articolata e attraverso le sue riflessioni più intime. Un inedito affaccio sulla breve carriera di Luca Attore al Valle traccia le tappe di 5 spettacoli che lo ritraggono impegnato nella recitazione al Teatro Valle: dall’esordio nel 1953, allievo dell’Accademia d’Arte Drammatica, in Tre quarti di luna diretto da Luigi Squarzina come spalla di un giovane Vittorio Gassman; a Candida di Shaw in cui recita guidato dal suo maestro Orazio Costa; transitando nel Lorenzaccio da Alfred de Musset nel 1954, sempre per la regia di Squarzina, mentre nasceva la Compagnia dei Giovani costituita da De Lullo-Falk-Buazzelli-Guarnieri-Valli, che individuarono in Ronconi un compagno per l’impresa da cui però si ritirò presto; per ritrovarsi ancora impegnato da interprete diretto da Squarzina in Thé e simpatia di Robert Anderson nel 1955 e nello spettacolo Romagnola nel 1959, che segnerà la scelta di interrompere il mestiere dell’attore.
Dopo l’esperienza come attore ecco Luca Regista al Valle con la sua prima regia nel 1963 per la compagnia Gravina-Occhini-Pani-Ronconi-Volonté con La buona moglie goldoniana, un insuccesso inappellabile, nonostante le buone recensioni di Flaiano e De Feo, che tenne Ronconi lontano dalle scene per qualche anno. Nel 1969 la seconda e ultima regia al Valle chiamato da Vito Pandolfi, primo direttore del Teatro Stabile di Roma che gli commissiona la regia della Fedra di Seneca. Con il successo della Fedra Ronconi inizia a dar corpo alla sua visione inarrivabile di teatro, per fantasie e percorsi insoliti per le scene dell’epoca, che lo avviarono verso l’esplosione dell’Orlando Furioso e la fama internazionale, fra tournée mondiali e il legame profondo con Roma, fino a rientrare nella Capitale alla direzione dello Stabile capitolino. Nella sezione ciascuno spettacolo è accompagnato dalle parole e dai ricordi del maestro estratti dai libri di Franco Quadri, Gianfranco Capitta e Giovanni Agosti, e da stralci di recensioni teatrali delle maggiori firme su quotidiani e settimanali. Inoltre, la sezione si arricchisce nel foyer con la proiezione delle riprese video degli spettacoli prodotti per il Teatro di Roma, e oggetto della sezione successiva.
In sala “Lo Sguardo di Luca”
Proseguendo nel cuore della carriera del regista, il percorso si inoltra nel corridoio del teatro popolato di immagini e frasi sui punti di riferimento romani del maestro che lo accompagnarono negli anni di direzione all’Argentina: la sua organizzatrice di fiducia, votata al suo teatro, la mitica “Nunzi” Gioseffi; l’amico e collaboratore Paolo Radaelli; i suoi cani.
Dopo questo attraversamento di ricordi e affetti, si giunge nella sala che si apre come un abissale spazio dalle rifrazioni prismatiche, in cui aleggiano le memorie di Ronconi, presentate in questa seconda parte della mostra – Lo sguardo di Luca – attraverso un viaggio per immagini proiettate su due pannelli che accolgono il pubblico all’ingresso in un abbraccio di rara suggestione quasi mistica. Un’immersione nelle tracce storiche e intime lasciate dal maestro nei 12 capolavori prodotti per il Teatro di Roma e che presero vita sul palco dell’Argentina; ora riproposte nel racconto visionario e magnetico delle foto di scena “rubate” dal fotografo Marcello Norberth, cui Ronconi affidò, con commissione ufficiale e tacito accordo, i bagliori profondi e lo spessore del suo lavoro.
È questa una documentazione di inestimabile valore storico e umano costituita degli scatti, in bianco e nero e a colori, in cui è rimasta impressa una vitalità dei corpi quasi tangibile e che restituiscono il senso di movimento destinato ad animarsi nello sguardo dello spettatore. Una dozzina di creazioni ipnotiche che raccontano il respiro e la profondità impresse al teatro e alla cultura del ‘900, un intero secolo che si è fatto carne e voce attraverso le messe in scena di: Due commedie in commedia (1984), Aminta (1994), Dio ne scampi (1995), Re Lear (1995), Quer pasticciaccio brutto de via Merulana (1996), Il lutto si addice a Elettra (1997), Davila Roa (1997), Questa sera si recita a soggetto (1998), I fratelli Karamazov (1998), Alcesti di Samuele (1999), Diario privato (2005), tutti sul palco dell’Argentina, e gli esercizi per gli attori Verso Peer Gynt al Teatro Centrale (1995).
Affidandosi a questo abbraccio avvolgente ci si lascia guidare verso il palcoscenico, sul quale si apre l’installazione realizzata dai video-artisti Luca Brinchi e Daniele Spanò, un’esperienza di immersione sensoriale tra video e suoni che aumenta l’osservazione di 6 dei 12 spettacoli attraverso un’animazione di grande fascino con in rilievo particolari, figure e pose che sembrano prendere nuova forma sulla scena. Una dilatazione visiva inquietante e struggente nella sua dimensione elettronica eppure palpabile, che grazie a uno speciale utilizzo dello spazio infonde una vita ulteriore all’opera ronconiana, legata ai frammenti di dialoghi degli stessi spettacoli miracolosamente ritrovati, riportati ora in vita anche per chi non ha avuto modo di assistervi.