Dopo essere stato presentato in anteprima alla Festa del Cinema di Roma all’interno della rassegna Alice nella città, dal 13 maggio arriva finalmente nei cinema il documentario Il Futuro Siamo Noi di Gilles De Maistre, un toccante racconto che dà voce ai bambini di tutto il mondo impegnati in cause umanitarie e che non hanno mai pensato di essere troppo giovani, troppo deboli o troppo soli per opporsi all’ingiustizia o alla violenza.
Il film
I protagonisti del film sono José, Arthur, Aissatou, Heena, Peter, Kevin e Jocelyn. Non si sono mai sentiti troppo giovani, troppo deboli o troppo isolati per opporsi alle ingiustizie e alle violenze. Al contrario, grazie alla loro forza di carattere e al loro coraggio, sono riusciti a combattere per difendere i propri ideali, per un futuro migliore per tutta l’umanità. Sfruttamento di esseri umani, lavoro minorile, matrimoni forzati, devastazioni ambientali, povertà estrema… Sono coinvolti su molteplici fronti. Per quanto piccoli, si sono resi conto molto presto delle disuguaglianze e delle storture del mondo, sia perché le soffrivano loro stessi, sia perché ne erano testimoni. Come ad esempio José Adolfo, che a sette anni ha creato una banca cooperativa per permettere ai bambini della sua città di guadagnare dei soldi grazie alla raccolta di rifiuti riciclabili. Dall’India al Perù, dalla Bolivia alla Guinea, passando per la Francia e gli Stati Uniti, questo documentario racconta le storie emozionanti di questi bambini che hanno trovato la forza di combattere le loro battaglie per un futuro migliore.
Gilles De Maistre
Vi proponiamo qui sotto un estratto dell’intervista rilasciata dal regista Gilles De Maistre.
Com’è nata l’idea del film?
L’idea è nata molti anni fa. Sono più di 30 anni che giro il mondo per raccontarlo e niente mi ha mai sconvolto e impressionato tanto come i bambini. Ho filmato bambini soldato, bambini schiavi, bambini in prigione, bambini per strada e – all’apice dell’orrore per me – i bambini che muoiono di fame. Quanti bambini distrutti, maltrattati, rovinati, rubati. Li ho filmati perché volevo denunciare questi abusi e queste violenze. Ci credevo. Volevo che la gente si rendesse conto e si ribellasse contro tutto questo. Il compito era così grande, e la ricerca senza fine! Le mie immagini scioccavano, sconvolgevano, provocavano emozioni e dolori. Fondamentalmente, il mio lavoro non ha mai realmente cambiato il mondo. Ognuno tornava alla sua vita, ai suoi problemi, io per primo. Anche se in fondo al mio cuore tutte queste ferite restavano aperte, queste immagini inamovibili e tutte queste esperienze vive dentro di me… la vita quotidiana riprendeva il sopravvento ogni volta. Mentre viaggiavo, ho scoperto che era difficile cambiare il mondo. C’erano, e ci sono ancora oggi, milioni di bambini che lavorano, che fanno la guerra e che muoiono di fame… Bambini i cui diritti sono violati!
Un incontro tuttavia, in tutti questi anni, mi è rimasto impresso più di altri e ha piantato un seme nel mio cervello: mentre filmavo bambini soldati arruolati nella guerriglia colombiana, mi sono avvicinato a uno di loro, un piccoletto, Fidel, di 10 anni appena. Secondo me era «travestito» da soldato, vestito con una maglia troppo grande per lui, imbracciando fucile e munizioni, vederlo evocava un’immagine davvero violenta e gli chiesi: «Credi che questo sia il posto per un bambino come te? E anche fare la guerra?» Mi ha risposto con una calma e una flemma che mi ha lasciato di sasso: «E tu, chi sei per farmi questa domanda? La realtà della vita dei bambini poveri nel mio paese è l’accattonaggio, la prostituzione o il lavoro. Allora lascia che io mi batta almeno per cercare di cambiare il mio futuro». Non ho mai smesso di pensare a quel bambino e il seme è germogliato dentro di me. Il senso profondo delle sue parole ha risuonato in me finché non compresi… Certo, stiamo parlando di una situazione estrema, e arruolare bambini per fare la guerra è ingiustificabile e indifendibile. Ma mi ha aiutato a capire che niente era semplice, che giudicare dal mio punto di vista occidentale era assurdo e che i bambini hanno il diritto di difendersi. Filmare dei bambini impegnati significa quindi oggi per me filmare dei bambini che non chinano il capo, che combattono, che reclamano affinché il diritto internazionale dei minori sia applicato definitivamente in tutto il mondo. Oggi desidero mostrare che questi bambini hanno sofferto così tanto che hanno deciso di alzarsi e farsi sentire, e sono, giorno dopo giorno, sempre più numerosi coloro che dicono no alle ingiustizie e alla sofferenza dell’altro. Si battono per il pianeta, affinchè venga rispettato e per difendere i più deboli… I bambini sono sempre più consapevoli dei problemi che devono affrontare e il loro grido inizia ad essere ascoltato. Quindi oggi voglio andare a cercare e a mettere in luce tutti questi piccoli creatori di speranza che si trovano ai quattro angoli del pianeta e usare la mia telecamera nel modo migliore e più utile possibile. Voglio piantare dei semi positivi nei cervelli degli spettatori per dire loro che sì, questi bambini cambiano e salvano il mondo…
Questa freschezza e genuinità nell’impegnarsi è tale da poter mobilitare gli adulti secondo te?
Ovviamente, questi bambini che agiscono si muovono dentro di noi e ci fanno andare avanti! I bambini che si impegnano per gli altri, soprattutto nei paesi sviluppati, coinvolgono anche le loro famiglie: i genitori sono spesso sopraffatti dall’avere figli così incredibilmente motivati, così connessi, in grado di mettere tanta energia per cercare di portare avanti le loro cause, ma c’è chiaramente un enorme sforzo dietro e spesso genera un effetto tipo palla di neve. E poi vediamo che i bambini che combattono per aiutare gli altri ricevono molto sostegno da parte dei social media, ricevono finanziamenti e donazioni, molte persone inviano soldi per sostenere le associazioni create da questi bambini. Questo mostra che molti adulti sono ispirati dalle loro azioni. I bambini che si impegnano per cambiare le loro condizioni di vita, provengono spesso dai paesi in via di sviluppo, penso ad esempio ai boliviani che hanno creato un sindacato minorile e che vogliono arrivare a cambiare la legge e che impongono agli adulti di lottare con loro. È una forza immensa a cui non è possibile resistere.
Viviaimo in un periodo in cui si fanno sentire più i bambini che gli adulti?
Ci sono grandi differenze tra tutti i bambini che ho filmato in giro per il mondo, ma una cosa li accomuna: ho scelto di mostrare nel film i bambini che fanno qualcosa di tangibile. Tutti i bambini del film sono bambini che fanno qualcosa di concreto. Questi bambini sono protagonisti della loro lotta, agiscono. Mi viene in mente il peruviano José Adolfo, che ha creato la prima banca ecologica per bambini. Ha inventato un sistema in cui i bambini ottengono un credito nel loro conto in banca in cambio della raccolta di rifiuti riciclabili e grazie alla quale lui a sua volta può offrire dei micro-crediti: quindi José Adolfo ha creato una macchina concreta che aiuta i bambini poveri. Anche Aïssatou dà veramente un aiuto concreto e in prima persona, passa le sue giornate a parlare del suo progetto per strada, nelle scuole e a volte si prende anche dei rischi fisici per portare avanti la sua lotta contro i matrimoni combinati delle bambine della Guinea. Quando entra in contatto con delle persone, per strada, per denunciare questo grave problema, molte persone non sono d’accordo con lei, trovano inconcepibile che una ragazza della sua età non sia «obbediente» e la aggrediscono verbalmente e fisicamente. E quando riesce a interrompere un matrimonio di bambini con il suo gruppo, rischia di subire una rappresaglia. Anche all’indiana Heena accade lo stesso, quando pone domande che disturbano o infastidiscono rischia di finire in situazioni pericolose, perché spesso gli adulti reagiscono violentemente. Ma questo non impedisce a queste due bambine di agire ogni giorno per le loro cause.
Sono più forti di ogni altra cosa, come Malala, una bambina che lotta per il diritto all’educazione per le bambine del Pakistan, e che è sfuggita ad un attentato prima di ricevere il premio Nobel per la Pace. La piccola Khloe, quando distribuisce prodotti di prima necessità ai senzatetto di Los Angeles, dona concretamente il suo tempo, le sue energie per aiutare le persone a mangiare e a ritrovare la propria dignità di persona. Questi bambini sono in grado di fare, agire. Sono impegnati, a modo loro, in qualcosa di concreto. Questi bambini sono davvero diversi. Credo posseggano una specie di genio, di grazia, di forza…… Da dove viene non lo saprei dire, ma quello che hanno in comune è che non si accontentano di “dire” qualcosa. Credo sia un po’ questa la differenza con Greta Thunberg, che dice: «Il mondo è in pericolo, il pianeta è in pericolo, fate qualcosa». E’ un grido d’allarme, un urlo per mobilitare le persone, ma non agisce in prima persona per risolvere il problema. Questi bambini agiscono, anche se si tratta di salvare solamente tre persone, sono azioni concrete nella loro vita e penso che questo sia ciò che è interessante in tutti i ritratti illustrati nel film. E ce ne sono altre migliaia che fanno la stessa cosa. Il loro esempio potrebbe far nascere altre vocazioni e forse tra 20 o 30 anni, ce ne saranno così tanti che cambieranno il corso delle cose. E si salverà il mondo!
Questi bambini hanno la coscienza e la consapevolezza per difendere i loro diritti? Per agire in nome dei diritti dell’infanzia?
Anche se sono estremamente poveri e provengono dai bassifondi dell’Africa o dell’India, hanno assoluta coscienza del fatto che attraverso le loro azioni stanno difendendo i diritti dei bambini, stanno cambiando il mondo, stanno mettendo in luce tanti problemi importanti, e li stanno portando alla conoscenza di tutti. Sì, agiscono in piena coscienza. Ed è questo che è veramente nuovo e che stupisce noi adulti…Loro sono molto più lucidi, attivi e meno disperati rispetto a molti di noi!
Pensi ci sia un modello famigliare particolare che li spinge a impegnarsi verso il prossimo?
Coloro che si impegnano per difendere i propri diritti sono spesso bambini di paesi in difficoltà e appartengono a famiglie povere, con genitori che non sono andati a scuola, spesso analfa beti. Sono famiglie molto modeste che, improvvisamente, hanno un figlio che esce dall’ordinario e si impegna in qualcosa. Ma penso che sia un movimento che attraversa il pianeta. Ce ne sono sempre di più! I bambini boliviani, per esempio, che sono in lotta per cambiare le leggi in Bolivia, che sono nei sindacati, che lavorano e che allo stesso tempo vanno a scuola e aiutano i loro compagni del sindacato… Ecco loro provengono tutti da famiglie povere i cui genitori sono sempre stati sfruttati a loro volta e sono analfabeti. Quanta speranza tra queste due generazioni! Invece, nei paesi occidentali, sono spesso i genitori che hanno messo in atto un’educazione che dà la parola al bambino, che non lo frenano, che non gli dicono «taci» o «lascia perdere, torna a casa», se il bambino ha un’idea fuori dall’ordinario… Spesso sono dei genitori un po’ originali, se si guarda più da vicino. E questo favorisce la crescita di bambini sempre più aperti, coscienti, pronti all’ascolto e sintonizzati sulla realtà del nostro mondo.
L’impegno del bambino cambia qualcosa nel rapporto Genitore-Figlio?
L’impegno del bambino inverte completamente l’energia nella famiglia, il bambino si mette al servizio della sua causa e successivamente tutta la famiglia è coinvolta. I genitori sono obbligati a seguire il figlio, la sua energia è incredibilmente forte! È affascinante come alcuni genitori siano addestrati e non possano più tornare indietro! Ma questo ovviamente costringe i genitori ad avere un sacco di tempo libero per aiutare i figli nelle loro azioni. E questo sconvolge totalmente le loro vite! José Adolfo, che ha creato questa eco-banca, ha coinvolto suo padre, che è diventato il suo assistente. Ed è davvero così in tutto il film, il padre è dietro José come un segretario (ride). È il figlio che parla, è il figlio che dirige, che dà gli ordini e il padre segue suo figlio con grandissima ammirazione e orgoglio. Questo è ciò che si crea in una famiglia, è pazzesco!
Che messaggio vuoi lasciarci per concludere?
Quello, così ottimista e così positivo, che ci danno i bambini nel film: non esistono «piccole» cause. Non ci sono «piccoli» impegni; aiutare anche una sola persona, è già enorme e può cambiare il mondo. È la moltiplicazione di questi gesti che salverà il mondo! E la buona notizia è che possiamo farlo tutti.