Un Anthony Hopkins da Oscar è al centro di The Father – Nulla è Come Sembra, il film diretto da Florian Zeller che lo ha tratto dalla sua opera teatrale Il Padre che portò in scena per la prima volta a Parigi nel 2012. Il regista si è aggiudicato il premio Oscar per la Miglior Sceneggiatura Non Originale (scritta insieme a Christopher Hampton). A completare il cast sono: Olivia Colman, Mark Gatiss, Imogen Poots, Rufus Sewell e Olivia Williams. Le musiche sono di Ludovico Einaudi.
Il film
Anthony (Anthony Hopkins) ha 81 anni. Vive da solo nel suo appartamento londinese e rifiuta tutte le persone che sua figlia Anne (Olivia Colman) cerca di imporgli. Presto però Anne non potrà più andarlo a trovare tutti i giorni: ha preso la decisione di trasferirsi a Parigi con un uomo che ha appena conosciuto. Ma se è così, allora chi è l’estraneo che piomba all’improvviso nel soggiorno della casa di Anthony, sostenendo di essere sposato con Anne da oltre dieci anni? E perché afferma con tanta convinzione che quella dove vive è casa sua e della figlia? Eppure Anthony è sicuro che quello sia il suo appartamento. Sembra esserci nell’aria qualcosa di strano, come se il mondo ad un tratto avesse smesso di seguire le regole abituali. Smarrito in un labirinto di domande senza risposta, Anthony cerca disperatamente di capire che cosa stia succedendo attorno a lui. The Father – Nulla è Come Sembra è il racconto di un uomo la cui realtà si sgretola pian piano davanti a nostri occhi.
Quando la vita cambia in modo irrevocabile
È un ineluttabile fatto della vita che in ogni rapporto tra un genitore e un figlio arrivi il momento in cui il figlio o la figlia diventa un/una badante e il genitore una persona non autosufficiente. Questa realtà è il nucleo centrale di The Father, una drammatica storia famigliare splendidamente cesellata e uno struggente racconto di quello che accade quando un rapporto che per decenni ha colorato ogni singolo momento di vita all’improvviso cambia in modo irrevocabile.
Padre e figlia verso l’ignoto
In The Father percepiamo la realtà attraverso il prisma dello stato confusionale del personaggio di Anthony, man mano che la sua demenza mette in moto un graduale declino che coinvolge ogni aspetto della sua vita quotidiana. Ma non si tratta solo di un film sulla demenza senile e Anthony è molto più di un inaffidabile narratore. È al centro di una lotta che regala al film elementi sia del thriller che dell’horror – con la mente di Anthony nel ruolo di un’incessante nemesi. Nelle parole del regista, il pubblico dovrebbe provare la sensazione di “cercare a tastoni la strada in un labirinto”. Malgrado un tema apparentemente cupo, il film è costruito su fondamenta di empatia umana, con momenti di ilarità e persino con un senso di gioia. Il film celebra l’indissolubile legame che esiste tra un genitore e una figlia mentre partono abbracciati per un viaggio verso l’ignoto.
Florian Zeller racconta…
“Quello che mi ha davvero colpito, in qualunque paese, è stata la straordinaria reazione del pubblico alla pièce. Affronta un argomento che malgrado sia doloroso, riguarda ciascuno di noi. Tutti noi abbiamo intravisto in un nonno, in un genitore o in una persona altrettanto cara, le prime inquietanti avvisaglie della perdita della ragione. E a quel punto chi di noi, con il cuore pesante, non si è fatto domande sul passare del tempo e su quello che comporta a livello personale? Voglio che questo film eviti ogni forma di ottusità e spero al contrario che possa ispirare un’immensa lucidità e un profondo senso di umanità. Porteremo il pubblico a provare la costernazione del protagonista e a commuoversi per il suo sgomento e per la vulnerabilità e insicurezza che ciascuno di noi sperimenterà quando si avvicinerà la fine della nostra vita”.
Le parole di Anthony Hopkins
“Lavorare a questo film mi ha fatto concentrare sulla mia mortalità. In un certo senso, tendo quasi a pensare che forse eviterò di soffrire di demenza perché ho impersonato un malato! Ci siamo molto divertiti sul set a cercare di memorizzare lo stile colloquiale dei dialoghi di Florian. Per certi versi, quando le macchine da presa si accendevano su di me, non avevo più bisogno di recitare! Ho ottantadue anni e sono riuscito a superare l’età che aveva mio padre quando è morto. Penso di aver capito Anthony fin dall’inizio: per certi aspetti è stato come interpretare mio padre. Morirei se smettessi di lavorare. Penso di essere un vecchio guerriero! Un sopravvissuto!“.