Il vincitore dell’Oscar Fernando Trueba (con Belle Époque) torna dietro la macchina da presa con La Nostra Storia, il film che – dopo la presentazione all’ultima Festa del Cinema di Roma – arriverà nei nostri cinema da giovedì 17 giugno.
Il film
Adattamento del romanzo di Héctor Abad Faciolince, uno dei capolavori della letteratura contemporanea latino americana, la pellicola è ambientata nella Colombia devastata dalla violenza degli ultimi decenni e racconta la vera storia di suo padre, l’attivista colombiano per i diritti umani Héctor Abad Gómez (Javier Cámara), un uomo combattuto tra l’amore della sua famiglia e la lotta politica.
Fernando Trueba
Fernando Trueba racconta l’enorme sfida di dirigere un film basato su uno dei libri più importanti della letteratura ispanoamericana del XXI secolo.
Cosa significa per lei il libro sull’oblio di Héctor Abad-Faciolince?
Quando l’ho letto per la prima volta, mi ha colpito profondamente, come è probabile che sia successo alle migliaia di lettori di tutto il mondo che hanno già reso questo libro un classico del suo tempo. Nel corso degli anni ho comprato il libro più volte, in Paesi diverse e in lingue diverse (francese, portoghese e inglese) per regalarlo ai miei amici più cari, non solo ai conoscenti.
Cos’ha pensato della proposta di adattare e dirigere il film?
Come si poteva competere con qualcosa di così sincero, essenziale, delicato, doloroso e reale? La mia prima reazione, davanti a una proposta così “felice”, è stata di… sfiducia, paura, terrore? Ero anche preoccupato per i tempi narrativi. Il libro copre un arco temporale di oltre vent’anni. A livello cinematografico, come si poteva risolvere, diciamo “artificialmente”, quel primo problema, che si poneva immediatamente e non era certo secondario? L’adattamento de libro affronta il problema temporale, a livello narrativo ma anche logistico, concentrando l’azione in due periodi: l’infanzia di Héctor Jr. e la morte di Héctor Sr. Il resto del materiale viene riorganizzato attorno a quei due “momenti.” Ma poco a poco, anche l’estetica del film ha cominciato a emergere nella mia mente, con due stili, due trattamenti, uno per ciascuno dei due periodi; ognuno doveva però fare da complemento all’altro, illuminandolo e dandogli significato.
Cosa ha comportato affrontare un libro così caro a lei e a migliaia di lettori?
Ogni volta che devo fare un adattamento, mi torna in mente una vecchia barzelletta di Hollywood: due capre cercano del cibo fra l’immondizia e una mangia una pellicola cinematografica. “Com’è?” chiede l’altra. “Era meglio il libro.” Nel caso di El olvido que seremos, la barzelletta sulle capre è più vera che mai, ma è anche il massimo della vigliaccheria. Perciò, se, come in questo caso, si tratta di un libro necessario non solo per la Colombia, non solo per l’America Latina, ma per tutti gli abitanti di questo pianeta bistrattato, allora non è necessario anche il film? Le possibilità di raggiungere più… stavo per dire “pubblici”, più gente, sono molto più alte per i film che per la letteratura. Allora El olvido que seremos deve per forza diventare un film; i valori che la storia sostiene, che ci muovono dal profondo e che non lasciano nessuno immutato perché ci colpiscono tutti, dovrebbero essere raccontati più e più volte. Anche per la mera speranza di rendere questo mondo un pochino migliore, o, più modestamente, di convincere altre migliaia di persone a leggere il libro.
Ci può raccontare di quello che le ha detto un giorno Billy Wilder? “Fernando, la virtù non è fotogenica”.
Credo che sia ora di correggere la lezione del maestro. E la figura di Héctor Abad Sr. e il libro di Héctor Abad Jr. non sono solo un esempio, ma anche un eccellente inizio per farlo. El olvido que seremos racconta ancora una volta, ma con rinnovata poesia e disarmante verità, lo scontro frontale tra bene e male, l’umanità e l’assenza di ragione, la bontà e l’irrazionalità, la civiltà e la barbarie. El olvido que seremos è una storia d’amore, la storia d’amore tra un padre e un figlio. Ed è anche il ritratto di un uomo buono in un momento in cui essere buoni non solo non è facile, ma può essere anche estremamente pericoloso. Un periodo in cui la natura fotogenica del male e il fascino della violenza occupano continuamente e insistentemente i nostri schermi cinematografici e televisivi, la nostra letteratura e, ancora peggio, la nostra vita quotidiana. Finalmente un giorno ho cominciato a sognare il film, letteralmente a sognare che lo stavo girando. E per la mia esperienza sapevo già che quando succede, quel film è ormai inevitabile. Ti possiede, ti chiede cose, ti parla, ti guida e ti dà ordini. E tu non hai altra scelta che obbedire e girarlo.