Diretto dal regista premio Oscar Bong Joon-ho, giovedì 1 luglio arriva nelle nostre sale Madre, il film presentato nel 2009 al Festival di Cannes nella sezione Un Certain Regard, che racconta la storia della lotta di una vedova per scagionare il figlio accusato di aver ucciso una giovane ragazza in una piccola città nella profonda Corea. Film sulla colpa e la mostruosità dell’amore incondizionato, Madre affascina soprattutto per il virtuosismo disinibito di molte scene e per il terrificante ritratto della controparte asiatica e femminile del padre di Un Borghese Piccolo Piccolo di Mario Monicelli.
Il film
Un campo di grano dorato si dispiega attorno alla figura esile di una donna di mezza età (Kim Hye-Ja), che cammina guardando verso l’orizzonte. Dopo essersi guardata intorno con fare circospetto, prende coraggio. Parte una musica malinconica ma frizzante, e la donna inizia a eseguire con precisione i passi di una danza bizzarra, che la vede alternare stati d’animo abbandonati a scatti di seria contrizione o di ferma risoluzione, in bilico tra comico e tragico. Madre (non ha altro nome nel film) parte con questo incipit memorabile e spiazzante. Do-joon (Won Bin) ha 27 anni ed è l’unica ragione di vita di sua madre, che, per mantenersi, gestisce un piccolo dispensario di piante medicinali e pratica l’agopuntura. Il giovane è ben lungi dall’essere indipendente e la sua ingenuità lo porta a comportarsi a volte in modo stupido e pericoloso, il che rende sua madre ansiosa.
Una notte, mentre torna a casa ubriaco, incontra una studentessa che segue per un po’ prima che scompaia in un vicolo buio. La mattina dopo, viene trovata morta e Do-joon viene accusato del suo omicidio. Tra poliziotti pigri che pensano solo a portare a termine le loro indagini e un avvocato incompetente e venale che rinuncia di occuparsi di un caso così poco redditizio, la madre si rifiuta di credere che il suo amato figlio sia colpevole e intraprende immediatamente le proprie indagini per trovare l’assassino della ragazza. Armata di straordinario coraggio e di uno smodato istinto materno, si mette in viaggio, da sola, alla ricerca dell’assassino della giovane donna, ascoltando l’amore incondizionato che solo una madre può provare: fino a che punto sarà disposta a spingersi per salvare suo figlio.
L’origine del film
Il progetto alla base di Madre è iniziato con l’attrice Kim Hye-ja, veterana dell’industria cinematografica e televisiva coreana. Per la maggior parte dei coreani, Kim Hye-ja è un’icona della maternità e delle sue virtù, ma Bong Joon-ho ne ha sottolineata una diversa sfaccettatura, utilizzando la vicenda narrata dal film per catturare un’intensità psicologica e una sensibilità emotiva del tutto nuove, così come il lato più ‘distruttivo’ della sua personalità. Madre giustappone il corpo fragile di Kim Hye-ja e il potere esplosivo che è in grado di generare. Così facendo, Bong ha dato a Kim l’opportunità di esprimere, una volta nella vita, le energie negative contenute nella sua formidabile personalità, e così Madre offre una performance incomparabile da parte di una grande attrice, che al mestiere di recitare ha dedicato tutta la sua vita.
Una questione di lotta
Il film è costruito come in loop, e Bong Joon-ho alterna il molto prevedibile e il molto sorprendente. E mentre in The Host e Memorie di un Assassino – Memories of Murder ha colpito gli spettatori la capacità del regista di mescolare con successo i generi, qui non sono più i generi oggetto di un sapiente mix, ma le atmosfere, i toni e soprattutto gli affetti. A differenza dei suoi film precedenti che ricreavano una notizia ancorata alla realtà coreana o che utilizzavano mezzi spettacolari in un film di mostri, qui si tratta solo di una madre e della feroce lotta che conduce. Piuttosto che concentrarsi sul dramma del caso di omicidio, l’attenzione si concentra sulla psicologia e sul comportamento della madre che spinge. Il film è più attaccato all’interiorità che allo spettacolo esteriore e il pubblico accompagna la madre fino alla fine nella sua lotta seguendo il flusso dei suoi sentimenti.
Bong Joon-ho racconta…
“Questo film è come una lente d’ingrandimento che converge i raggi del sole in un unico punto per far bruciare tutto. È una storia nata dal sentimento istintivo e materno della madre e che viene trattata frontalmente, senza deviazioni. Tutti hanno una madre, e tutti hanno un’idea precisa di cosa sia una madre: è la persona che ciascuno di noi ama di più, la più gentile, e al contempo la più irritante. Sono molti i sentimenti che si contrappongono quando si ha a che fare con questa figura, e questo perché la relazione tra un figlio e sua madre è alla base di tutte le relazioni umane. Innumerevoli romanzi, film e programmi televisivi si sono avvicinati alla figura materna, ma io volevo esplorarla in un modo che fosse mio peculiare, funzionale a scoprire dove potevo portarla a livello cinematografico, per poi spingerla fino all’estremo. Volevo fare un film che scavasse in profondità, in ciò che è caldo e potente, come il cuore di una palla di fuoco”.