Diretto da Icíar Bollaín, che lo ha anche scritto insieme a Alicia Luna, giovedì 16 settembre arriva nelle nostre sale Il Matrimonio di Rosa, una storia di “solo wedding” (“matrimonio con se stessi”) con protagonista Candela Peña che sottolinea quanto sia importante che una donna rispetti prima di tutto se stessa.
Il film
Rosa (Candela Peña) ha un lavoro estenuante, un fratello ingombrante, un padre troppo presente, una sorella piuttosto sfuggente, un fidanzato che riesce a vedere a stento e una figlia che si è appena separata con due bambini. Abituata ad anteporre i bisogni degli altri ai suoi, Rosa sta per compiere 45 anni e la sua vita non solo è fuori controllo, ma è molto lontana dall’essere qualcosa che può definirsi “sua”. Decide così di dare uno scossone alla propria vita e afferrarne le redini, o almeno tentare di farlo. Il sogno di Rosa è riaprire la vecchia sartoria della madre, ma prima vorrebbe organizzare un matrimonio molto speciale: un matrimonio con sé stessa. Senza rivelare a nessuno le proprie intenzioni Rosa convoca i fratelli e la figlia a Benicasim, il paese di origine della madre, come testimoni del suo “matrimonio”. Ma presto scoprirà che i fratelli e la figlia hanno altri piani e ognuno i propri problemi, e che cambiare la propria vita non sarà una facile impresa.
Icíar Bollaín racconta…
“Raggiungere un punto di vista comune tra i sogni di Rosa e il resto della famiglia diventerà una grande sfida, anche quando si tratta di organizzare il proprio matrimonio. Ci sono molte Rosa tra noi, nella nostra routine quotidiana, e ognuno di noi ha dentro una parte di Rosa. Conoscere ciò che vogliamo veramente e non rinunciarci mai, è uno dei compiti più difficili che tutti affrontiamo nella nostra vita, e che spesso non riusciamo a realizzare. Ma Rosa si impegna a lottare per questo! Credo umilmente che Il Matrimonio di Rosa sia come tornare indietro nel tempo ai miei primi film. È una storia di persone vere, che rappresenta le relazioni tra di loro e con ciò che le circonda, cercando di dare voce ai pensieri interiori sulle cose della vita di tutti i giorni, che riguardano tutti noi, con umorismo ed emotività”.
“Mi sono imbattuta nel “solo wedding” leggendo un articolo di giornale poco più di due anni fa: un giornalista britannico ha raccontava di un’agenzia a Tokyo dove le donne possono realizzare il sogno di sposarsi ed essere “principesse per un giorno” nel loro abito da sposa, con auto da matrimonio e album fotografico inclusi, senza bisogno dello sposo. Cercando un po’ più a fondo (e andando a Tokyo per incontrare l’organizzatore di questi “matrimoni”), ho scoperto che il matrimonio in solitaria in Giappone hanno più a che fare con l’estetica e l’idea che non avere uno sposo non ti impedisce di diventare una principessa per un giorno e fare delle belle foto, una tradizione molto importante per le donne giapponesi. Queste donne pagano per avere il ricordo più bello della loro vita, e anche per le foto più belle, senza la necessità di sposare nessuno. E in qualche strano modo, questo aiuterebbe la loro autostima”.
“Tuttavia, al di là del Giappone, ho presto scoperto che il matrimonio in solitaria è un fenomeno internazionale: le donne di tutto il pianeta, Spagna compresa, da sole o in compagnia di familiari e invitati, hanno iniziato a sentire il bisogno di “impegnarsi” per se stesse: prendersi cura di sé, rispettarsi e, insomma, amarsi, in una cerimonia che prende in prestito tutti gli elementi del matrimonio convenzionale come le promesse, l’abito, l’anello e persino la luna di miele… tranne un piccolo dettaglio: lo sposo. Dietro l’idea di sposarsi con se stessi, che potrebbe sembrare assurda, ce n’è una più profonda di impegno e rispetto per sé: è l’idea che per essere rispettati dagli altri bisogna prima rispettare se stessi, e che per essere amati bisogna prima amare se stessi. E di conseguenza, avere il coraggio di portare avanti questo impegno nel corso di tutta la vita, “finché morte non ci separi”. In questi matrimoni c’è anche la volontà di andare controcorrente, se necessario, di imparare a dire di no, a disobbedire, cosa che noi donne, per cultura e storia, siamo poco avvezze a fare”.
“Sposandosi, la persona abbandona l’idea di mettere la propria felicità nelle mani di un’altra persona, e allo stesso tempo smette di essere responsabile della felicità di un altro. Sono idee universali, che valgono sia per gli uomini che per le donne, anche se sicuramente più per le donne, perché veniamo da una cultura secolare in cui le donne devono compiacere e prendersi cura degli altri, provvedendo ai loro bisogni mettendosi al secondo posto. Sono questioni esistenziali, ma nel mio film vengono raccontate con umorismo ed emozione, attraverso personaggi riconoscibili, umani, fragili e contraddittori, per non dire coraggiosi, pronti e disposti a “premere il bottone nucleare” e ricominciare da capo”.