Presentato all’ultimo Festival di Cannes nelle sezione Un Certain Regard, giovedì 16 settembre arriva al cinema Blue Bayou, film scritto e diretto da Justin Chon che racconta la storia commovente e molto attuale di una famiglia americana che lotta per il proprio futuro. Lo stesso Justin Chon è anche il protagonista del film, affiancato da Alicia Vikander e Sydney Kowalske.
Il film
Kathy (Alicia Vikander), Antonio (Justin Chon) e la piccola Jessie (Sydney Kowalske) sono una famiglia americana. Antonio ha origini coreane, ma essendo stato adottato da bambino, è cresciuto nella bayou della Louisiana. È sposato con Kathy, l’amore della sua vita, e si prende cura della figlia di lei, Jessie, come se fosse sua. Nonostante l’uomo lavori duramente per dare una vita migliore alla sua famiglia, sembra non bastare e la lotta quotidiana per uno stile di vita decente diventa una vera e propria battaglia quando si ritrova a dover combattere con i fantasmi del proprio passato. Antonio, che si è sempre definito americano, sebbene sia nato altrove, rischia di essere deportato e allontanato non solo dal paese che definisce casa, ma anche dalla sua unica famiglia.
Una realtà americana da raccontare
La storia di Blue Bayou potrebbe essere strappata dai titoli dei giornali di oggi – si ispira, infatti, ad una serie di articoli di notizie in cui Justin Chon si è imbattuto diversi anni fa su adottati dalla Corea del Sud che venivano deportati dagli Stati Uniti dopo aver vissuto tutta la loro vita nel paese. “Queste storie – racconta Chon, che viene dalla California meridionale – mi hanno davvero colpito, mi hanno emozionato molto, arrivando a spezzarmi il cuore. Crescendo, sono diventato amico di molti coreano-americani adottati, e ho sempre sentito che la loro esperienza di essere americani era molto diversa dalla mia. Ho pensato che fosse un lato dell’esperienza americana che davvero non veniva mostrato nei film“.
Una storia per riunire le persone
Tra i produttori del film, l’amministratore delegato di MACRO, Charles D. King ha descritto così il film: “è una storia bella, sentita e tragica sulle sfide che stiamo affrontando riguardo alle leggi e alla riforma dell’immigrazione. Volevamo raccontare in modo autentico questa storia per elevare le voci di chi vive continuamente soprusi sulla propria pelle. Quando Justin Chon ha condiviso questa storia con noi, ne siamo rimasti colpiti. Non sapevo che questo fosse qualcosa che sta accadendo nel paese, e ho immaginato che c’è un pubblico più ampio che non è consapevole di queste sfide che alcuni membri della nostra comunità stanno affrontando. Abbiamo pensato che fosse incredibilmente importante raccontare questa storia, specialmente ora, con tutti i problemi che sta affrontando il nostro paese. L’abbiamo vista come una storia che potrebbe mostrare l’universalità di chi siamo e potrebbe aiutare a costruire ponti e riunire le persone“.
Ambientare il film a New Orleans
Mentre la pellicola prendeva forma, Justin Chon, che ha ambientato il film in Louisiana, ha riflettuto: “una cosa che era molto importante per me come asiatico-americano è il modo in cui siamo ritratti nei media. Una cosa importante per me era il nome Antonio: vedere un asiatico-americano con quel nome era molto particolare. L’ho collocato nel sud perché non ho mai visto asiatici con accenti del sud trattati come un fatto naturale della vita. L’ho collocato a New Orleans specificamente perché c’è un’enorme enclave di vietnamiti lì, e uno dei miei obiettivi con questo film era di mostrare due etnie asiatiche adiacenti in un solo film. Questo coreano adottato Antonio impara come potrebbe essere la sua cultura attraverso l’amicizia con una donna vietnamita. È la sua introduzione alla cultura asiatica. Sono paesi che condividono molti traumi di guerra simili“.
Justin Chon anche davanti alla macchina da presa
Anche se l’intento iniziale di Justin Chon era quello di fare solo il regista del film, alla fine ha deciso di interpretare il protagonista Antonio: “questo film era così importante per me che volevo davvero essere presente anche davanti alla macchina da presa perchè ormai ero arrivato ad un punto in cui, avendo vissuto con la storia per così tanto tempo, sentivo che se qualcuno doveva rovinare tutto, sarei stato io a farlo. Non volevo trovarmi in una posizione in cui se qualcuno non avesse dato l’energia che ritenevo necessaria, sarei rimasto deluso“.