Finalmente è in sala Ghostbusters: Legacy, terzo episodio del “canone originale” del franchise. Diretto da Jason Reitman, figlio dell’Ivan regista dei primi due film, sembra dichiararsi la risposta definitiva a tutti. Per i vecchi fan, desiderosi di rituffarsi fedelmente a quel mondo inaugurato oltre 35 anni fa. Per le nuove leve, pronte a prender parte alla battaglia contro il male ectoplasmatico con un piglio moderno e contemporaneo. Per chi ama il cinema ovviamente, nell’incontro tra commedia e genere “sci-fi”, in linea con il nostro immaginario dei Ghostbusters… un momento, ma qual è di preciso la nostra idea del franchise?
La serie dove tutto è stato codificato
C’è un episodio emblematico nella prima stagione della serie animata The Real Ghostbusters, anno 1986. Gli eroi volano ad Hollywood per supervisionare un film basato sulla loro vita e, una volta acchiappato il fantasma di turno e terminate le riprese, si recano alla première. Sullo schermo della sala riconosciamo la sequenza iniziale della pellicola vera, il capostipite del 1984, e il Peter del cartone esclama insoddisfatto “Mmh, quello non mi somiglia per niente”…ovviamente è il contrario, è questo personaggio animato ad essere differente da Bill Murray! Ma a noi non suona strano perché il Peter che abbiamo in mente è il carismatico leader del gruppo. Ray è quello buono e determinato, Egon il genio, Winston l’affidabile compagno, Janine il supporto fondamentale, e pure Slimer, comprimario fedele e bislacco. È questa serie, collegata ai giocattoli e action figure di Kenner, che non solo ha fatto riverberare il successo del primo film tra gli anni ‘80 e ‘90, ma in qualche modo ha codificato il franchise nell’immaginario collettivo – in particolare i giovani di allora, oggi 30-40enni. Peccato che l’originale fosse davvero un altra cosa.
Da commedia dissacrante a film per famiglie
Siamo nel 1984 e un progetto decisamente bizzarro riuniva le star del Saturday Night Live. Una commedia dai toni cinici, che si fa beffe della fantascienza. Egon e Ray, due scienziati decisamente nerd – quando ancora il termine non era di moda – insieme a Peter, affabulatore più simile ad un truffatore che ad un dottorando. I tre mettono su un’impresa senza regolamentazione, la cui “fortuna” è quella di avere effettivamente la risposta ad un problema reale: i fantasmi ci sono davvero, e loro sanno come fermarli! Se riflettete, l’unico personaggio positivo è l’ispettore dell’Agenzia per la Protezione dell’Ambiente, animato dalle legittime intenzioni di fare chiarezza su un’attività tutt’altro che trasparente – e noi sappiamo che portano sulla schiena “un acceleratore nucleare non autorizzato”…
Esatto, ci ricordiamo a memoria ogni singola battuta, ma forse non ricordiamo che nell’originale ad esempio Winston è poco più di una comparsa, oppure Slimer è un fantasma tra i tanti. Solo col sequel del 1989 i personaggi assumono un’aria più da eroi che da ciarlatani. Il film è un clone del precedente – New York in preda a un delirio ectoplasmatico, loro in difficoltà che ottengono poi la fiducia del sindaco, etc. – ma il tono è ora da commedia per famiglie. Tutto grazie alla serie animata, che ha trasformato il franchise in qualcos’altro. Di cui comunque, abbiamo atteso per anni un nuovo capitolo… che si sarebbe concretizzato per lo meno in digitale.
Il videogioco, il vero terzo capitolo
Intorno al 2005 Aykroyd stava cercando di far ripartire il franchise, anche senza Bill Murray – assolutamente restio – magari con Ben Stiller. La casa di produzione Terminal Reality riesce nell’impresa… ma in versione digitale! Ghostbusters: The Video Game esce per PlayStation 3, Xbox 360 e Nintendo Wii, diventando – di fatto – un vero e proprio terzo capitolo. La storia è ambientata nel 1991, dove il giocatore interpreta una recluta che entra nel team degli acchiappafantasmi, e si ritrova a fronteggiare il piano di Ivo Shandor – l’architetto del grattacielo del primo capitolo. Come potete immaginare, i riferimenti per i fan si sprecano, così come gag, battute e una grafica di qualità. Ma il cuore del progetto è la sceneggiatura, scritta proprio da Aykroyd e Ramis, e il cast di doppiatori originale, qui al completo. Sicuramente un successo, anche perchè è da questo videogioco vengono creati i Ghost Corps, gli studios di Sony dedicati all’universo cinematografico dei Ghostbusters, presieduto dallo stesso Ivan Reitman e Aykroyd. Il franchise riparte – anche se con una mossa poco fortunata.
La versione al femminile, incredibilmente fedele
Passano trent’anni, e nel 2016 viene coinvolto Paul Feig, alle sue condizioni. Il regista non voleva maneggiare personaggi già canonizzati, così ha provato a dare un’impronta diversa e, al contempo, estremamente fedele. Venendo dal genere comedy, ha ingaggiato attrici dello stesso mondo: Melissa McCarthy, Kristen Wiig, Leslie Jones e soprattutto Kate McKinnon – che reinventa il personaggio dello scienziato sopra le righe. Ghostbusters: Answer the Call gioca con gli stessi stilemi dell’originale, con le protagoniste prese per matte, poi lanciate nell’attività imprenditoriale e infine approvate dal sindaco a salvare New York. Quattro donne che uniscono battute, avventura e paranormale. L’alchimia del cast funzionava alla grande, e la scelta di un reboot al femminile è stata una (giusta) rivoluzione. Divertente ma non perfetto, non è stato premiato dagli incassi, assolutamente al di sotto delle aspettative, ed è stato stroncato più dai nostalgici, che dai critici. La dimostrazione che l’eredità di un simile franchise, in particolare al maschile, è difficile da sostenere con qualcosa di esteriormente diverso, anche se molto più fedele allo spirito dell’originale. Fino ad oggi, almeno.
Il marketing della nostalgia canaglia
“Arrivati in una piccola città, una madre single e i suoi due figli iniziano a scoprire la loro connessione con gli Acchiappafantasmi originali e la segreta eredità lasciata dal nonno”. Questa la sinossi del nuovo capitolo, che in un certo senso… parla di noi. Disorientati dopo un passato confuso, pronti a fare luce sulla misteriosa eredità che i Ghostbusters originali ci hanno lasciato. Ma abbiamo l’occasione per fare i conti con la nostra percezione e i nostri trascorsi con gli amici equipaggiati da zaino protonico e tuta grigia. Quando nel trailer viene svelata l’iconica Ecto-1… ci si commuove! Fondamentalmente è puro “marketing della nostalgia“, un mix in stile Super8 di J.J. Abrams, che omaggiava i Goonies di Richard Donner, e la consapevolezza di Stranger Things, emblema del rispolvero degli anni’80 operato da Netflix. Lo sanno gli studios, lo sappiamo noi. Stavolta però ci va bene così, perché il simbolo di quel fantasma ingabbiato nel segnale rosso è scolpito nella nostra infanzia e giovinezza.
Quindi, “siamo pronti a credere in loro”?
Fin dal primo trailer Ghostbusters: Legacy (Afterlife, in originale) mette le mani avanti: è fatto “dai fan, per i fan”. Comprensibile, soprattutto dopo essersi bruciati con la versione al femminile. Insomma, sarebbe giusto aspettarsi una partenza di fedeltà, ma poi serve una direzione nuova e originale – come nei fatti è sempre stato. Eccetto gli zaini protonici, il resto cambia sempre, e l’evoluzione è un bene. Forse è questo il mood giusto con cui affrontare questo film, di cui abbiamo paura ed entusiasmo, anche se in un certo senso, ci tocca da vicino. Se ricordate, nel primo capitolo, gli acchiappafantasmi si promuovano con uno spot TV rivolto a potenziali clienti perseguitati dai fantasmi. Affermano con sicurezza “Siamo pronti a credere in voi“. Oggi tocca a noi prenotare i nostri biglietti in sala, e provare a credere in loro.
Enrico Banfo