Un fenomeno nato a Broadway e in grado di segnare un’intera generazione ora diventa un evento cinematografico. Il vincitore di Tony, Grammy ed Emmy Award, Ben Platt, riprende il ruolo dell’adolescente ansioso e isolato, alla disperata ricerca di comprensione e amicizia, nel caos della crudele età dei social. Diretto dall’acclamato regista Stephen Chbosky, giovedì 2 dicembre nei cinema arriva Caro Evan Hansen, il film che è stato scritto per il grande schermo dall’autore del musical, Steven Levenson, dal suo libro scritto per la versione teatrale, con musiche e testi dalla coppia da Oscar Benj Pasek & Justin Paul. Nel cast ci sono anche Julianne Moore, Amy Adams, Kaitlyn Dever, Amandla Stenberg, Nik Dodani e Danny Pino.
Il film
Evan Hansen (Ben Platt) vive in continua osservazione degli altri, uno studente dell’ultimo anno del liceo completamente invisibile agli occhi dei suoi coetanei. La lettera di incoraggiamento che Evan scrive a sé stesso viene rubata da Connor Murphy (Colton Ryan), una figura solitaria e volubile, ed è poi successivamente trovata dalla madre di Connor, Cynthia (Amy Adams), e dal padre adottivo dopo che il ragazzo si è tolto la vita. La loro speranza, alimentata dalla lettera, è che il figlio possa aver trovato in Evan l’unico amico della sua breve vita. Per consolare una famiglia straziata dal dolore, Evan inventa una storia di amicizia che non c’è mai stata. Ciò che parte come un’innocente bugia costruita sulla compassione si trasforma in una spirale che Evan non si aspetta e per cui non è preparato. Se all’inizio è celebrato per qualcuno che non è in realtà, Evan deve lottare per trovare il coraggio di dire la verità ed essere finalmente visto per la persona che è. Oltre l’iconico inno You Will Be Found, il film presenta due nuove canzoni scritte da Benj Pasek e Justin Paul: A Little Closer interpretata da Colton Ryan e The Anonymous Ones cantata da Amandla Stenberg, che ha contribuito alla scrittura di testi e musiche con Pasek e Paul.
La nascita di Evan: genesi di un successo a Broadway
Tutto nasce quando Benj Pasek e Justin Paul, amici da sempre, hanno pensato di trasformare in musica i ricordi della loro vita da liceali durante il periodo dell’11 settembre e dell’esplosione dei social media: “siamo entrambi testimoni di quei momenti di dolore collettivo e volevamo indagare quel bisogno condiviso che ha spinto le persone a esprimere il proprio dolore pubblicamente, per vivere una tragedia nazionale – spiega Pasek – ci siamo interrogati sulla crescente solitudine che colpisce la nostra società e sull’attitudine sempre maggiore che porta le persone a voler diventare protagonisti delle tragedie che li circondano. Abbiamo così bisogno di essere apprezzati da fare cose che non avremmo mai preso in considerazione?”. Il duo ha elaborato l’idea e lavorato alla ricerca di qualcuno talmente disperato da millantare l’amicizia con la vittima di una tragedia. Pasek e Paul hanno proseguito la loro ricerca sul tema dell’identità e della creazione di una comunità, soprattutto in funzione di un lutto e di un dolore condiviso. Anche se entrambi erano ben consapevoli che non si trattasse di un argomento facilmente vendibile, hanno voluto comunque scrivere per loro stessi.
L’arrivo di Steven Levenson
Anni dopo è arrivato l’incontro con uno scrittore sulla stessa lunghezza d’onda che li ha affiancati per riuscire a modellare queste idee e renderle un memorabile successo a teatro: Steven Levenson. I tre, nel maggio 2011, hanno dato vita alla storia di un ragazzo che racconta una bugia per creare un legame con un evento terribile che lo ha sfiorato, non tenendo conto di tutte le conseguenze che ne possono nascere. I tre autori si sono confrontati a lungo su quali fossero i temi fondamentali da affrontare e che tipologia di personaggi costruire per ottenere il meglio. La conclusione tratta è che arrivare a identificarsi con il dramma di altre persone fosse legato a una profonda necessità di contatto e che alcune persone arrivano a fingere così tanto per potersi sentire parte di una comunità. Da queste premesse, l’obiettivo è stato di costruire un personaggio centrale che non fosse in grado di avere relazioni con gli altri: “ci siamo trovati ad affrontare il tema dell’ansia sociale, vista dal punto di vista di una persona intrappolata nelle proprie difficoltà e incapace di superarle – chiarisce Levenson – da queste idee è nato Evan. Questo è stato il percorso”.
Ben Platt torna ad essere Evan
Dopo anni di laboratori, frenate e ripartenza, Caro Evan Hansen, diretto da Michael Grief, ha aperto la sua stagione a Broadway nel dicembre 2016. Lo spettacolo è diventato un fenomeno di grande successo, fino a vincere sei Tony Awads, incluso quello per Miglior Musical e Miglior Attore Protagonista per Ben Platt. Già dalla prima lettura del testo, Ben Platt ha vestito i panni di Evan: “parlando di musical moderni, non credo ci siano casi di tale coerenza fra musica e libro – racconta l’attore – da attore non ho mai avuto la sensazione di dover cambiare linguaggio fra recitazione e canto. Si è trattato di un’unica interpretazione e di un solo punto di vista”.
Platt aveva lasciato il ruolo a novembre 2017 dopo tre anni e mezzo, culminati con l’ultimo anno a New York. Il suo contributo al ruolo era stato impagabile e nessuno conosceva Evan meglio di lui: “avere l’opportunità nel corso degli anni di comprenderlo e farlo mio, a livello fisico, vocale ed emotivo, lo ha reso un mio alter ego che ho potuto modellare”. Dopo il periodo a Broadway, Ben Platt ha costruito una carriera di successo, ma ora ha vissuto come un grande onore l’opportunità di tornare a impersonare Evan: “in fin dei conti, questa storia è straordinaria per la sua capacità di emozionare una vasta fetta di pubblico, soprattutto la più giovane – conclude Platt – ovviamente, con un film, ci sono ancora più spettatori che possono entrare in contatto rapidamente con il nostro racconto”.