Ne La Terra Dei Figli – il film che stasera (ore 21:30) sarà proiettato al Movieplanet di San Martino Siccomario all’interno della rassegna Visioni dal Mondo – la società non esiste più, il mondo è regredito e i pochi superstiti ogni giorno lottano per la sopravvivenza. Liberamente tratta dall’omonima graphic novel del fumettista Gipi, questa distopica pellicola – quarta regia di Claudio Cupellini – ci immerge in uno scenario post-apocalittico attraverso gli occhi di un ragazzo di quattordici anni (interpretato da Leon de La Vallée, rapper conosciuto nella scena musicale come Leon Faun) che, dopo la morte del padre, intraprenderà un viaggio verso l’ignoto. Sul suo cammino, incontrerà Maria, una giovane donna sopravvissuta alla fine della civiltà così come la conoscevamo. A darle corpo e anima è stata l’attrice e cantautrice Maria Roveran.
Intervista a Maria Roveran
La Terra dei Figli, che viaggio è per lo spettatore?
Un viaggio alla ricerca di senso, memoria e umanità, attraverso un futuro non così lontano ed un pianeta non così diverso rispetto a come potremmo immaginare la nostra Terra possa diventare. E’ un viaggio avvincente, articolato, complesso e, aggiungerei, necessario che spero riesca ad emozionare e smuovere lo spettatore così come è riuscito ad emozionare e interrogare me nel corso del viaggio interpretativo che ho compiuto durante i mesi di riprese all’interno del set.
Quanta Maria Roveran c’è nella Maria del film?
Quanta ne basta a permettermi di cerare un punto di contatto autentico con il personaggio che interpreto ma non più di questo. Chi vedrà il film si accorgerà di quanto il personaggio che interpreto sia “estremo”, molto distante da molte delle persone che ci circondano e quindi anche molto diverso da me per tipologia di vita, di esperienze compiute, di relazioni e molto altro. Ciò che ho maggiormente condiviso con Maria, forse, è stata una mia certa modalità di percepire gli altri ed il mondo, tutto il resto è stato studiato e preparato insieme al regista Claudio Cupellini.
Simbolicamente il film ci porta alla mente il tema ambientale, una battaglia che la nostra civiltà deve portare avanti per salvaguardare il pianeta e il clima. Che ne pensi?
Penso che chi non consideri il tema e la battaglia ambientale un’emergenziale priorità del periodo storico nel quale stiamo vivendo abbia forse qualche difficoltà a leggere il mondo, ciò che lo circonda e, di conseguenza, anche sé stesso. Penso che dobbiamo al più presto attivare modalità di vivere che siano sostenibili e drasticamente meno impattanti per il nostro pianeta e per tutte le forme di vita che lo abitano. Abbiamo un’enorme responsabilità, dobbiamo farci i conti, guardare in faccia la realtà e farlo al più presto. Le azioni individuali siano fondamentali ma credo che chi sta ai vertici della nostra società, sia a livello politico-istituzionale che economico-produttivo, debba al più presto fare qualcosa di concreto per incentivare e promuovere il cambiamento sistemico e culturale di cui tutti necessitiamo.
Nel film canticchi una filastrocca, “Terra che trema”, una canzone che ha prodotto con Joe Schievano e Matthew S.
Oltre alla recitazione mi dedico alla musica, cantando le canzoni che scrivo e “Terra che trema” è il brano che ho prodotto per il film “La Terra dei Figli”. Nel corso del film il personaggio che interpreto canticchia una filastrocca che ho scritto dopo essere stata incentivata a farlo dallo stesso regista Claudio Cupellini. Da questa filastrocca ne è nato un brano dal sapore totemico, che parla di sensi, di vita, di percezione e di connessione tra gli elementi…è un brano che per me è un po’ anche una preghiera.
A proposito di musica, ci parli del progetto di Epitome?
Epitome, invece, è una raccolta di 3 brani ed è il sunto musicale di alcuni progetti cui ho preso parte in qualità di cantautrice tra cinema e teatro. Canto in lingue diverse, in cinese, nel mio dialetto, in italiano e anche cimbro…la musica è il mezzo con cui esprimo il mio sentire più profondo e anche ciò che i personaggi che interpreto mi fanno scoprire.
Intervista di Giacomo Aricò