Lunedì 7 febbraio nelle sale italiane – nella versione restaurata dalla Cineteca di Bologna in collaborazione con Centro di Cinematografia e Cineteca del CAI – arriva Italia K2 – Riprese di Mario Fantin (1954), la pellicola che presenta le immagini davvero uniche della “montagna degli italiani”.
Il film
31 luglio 1954: una spedizione italo-pakistana riesce a piantare una piccozza sulla vetta del K2 con le bandiere dei due paesi. È la prima volta che la sua cima viene raggiunta dall’uomo. Ma è anche la prima volta che ne vediamo le immagini, perché uno dei membri della spedizione è il cine-operatore Mario Fantin (bolognese, classe 1921), l’uomo che restituirà agli occhi del mondo le immagini uniche di quell’impresa e di quei paesaggi incontaminati. Fantin effettuò tutte le riprese fino a 6560 metri, poi fu obbligato a fermarsi e istruì gli alpinisti che poterono così documentare la parte finale della scalata. Mai in precedenza riprese cinematografiche erano state effettuate a tali quote.
Uomo e Natura
Il restauro restituisce tutta l’emozione alle immagini e all’impresa compiuta dagli uomini della spedizione. Le immagini sono così potenti che si ha la sensazione di assistere al compimento dell’ultima odissea umana sulla terra. E le riprese, liberate dalla retorica dell’epoca, ci fanno riscoprire lo sguardo etico di Fantin, capace, in condizioni impossibili, di trovare sempre l’inquadratura giusta, quella che ci racconta lo spirito profondo di quest’avventura, il rapporto tra l’uomo e la natura, la bellezza suprema delle montagne, la sfida umana per superare i propri limiti.
Italia K2: non solo un restauro
La Cineteca di Bologna, per gentile concessione del CAI – Club Alpino Italiano, ha realizzato nel 2021 un montaggio, curato da Andrea Meneghelli, a partire dalle riprese di Mario Fantin per il documentario Italia K2, realizzato nel 1955 da Marcello Baldi. I testi delle didascalie che accompagnano il nuovo Italia K2 – Riprese di Mario Fantin sono di Albino Ferrari, la musica originale di Teo Usuelli è stata orchestrata e adattata da Daniele Furlati per gentile concessione di Michele dall’Ongaro. Il restauro in 4K ha utilizzato il reversal e il negativo colonna originali messi a disposizione dal CAI, integrati, per le porzioni lacunose, da un interpositivo. Come riferimento per il grading ci si è avvalsi di una copia d’epoca 35mm conservata dalla Cineteca di Bologna. Tutte le lavorazioni sono state effettuate presso il laboratorio L’Immagine Ritrovata.
L’Italia sulla cima del mondo
Nel 1954 il CAI (Club Alpino Italiano) patrocina una spedizione alpinistica, diretta dal geologo Ardito Desio, che riuscirà, per la prima volta, a raggiungere, il 31 luglio 1954, il K2 (situato nella subcatena del Karakorum). Fu impresa difficilissima perché oltre a scalare gli 8.608 metri della seconda vetta più alta del mondo, bisognava, per raggiungere il campo base (situato a 4.970metri), compiere, a piedi, una marcia di avvicinamento di 240 chilometri, attraversando fiumi su zattere, ponti di vimini sospesi, superare due ghiacciai con 600 portatori… Al di là della grande impresa alpinistica, era anche, a nove anni dalla fine della guerra, la dimostrazione agli italiani e al mondo che l’Italia poteva lasciarsi alle spalle il ricordo della sconfitta. Al ritorno della spedizione il CAI affidò la regia del film a Marcello Baldi, trentino, documentarista d’esperienza, che aggiunse alle immagini della spedizione un controcanto girato in Italia e due voci off. La prima di Italia K2 avvenne il 25 marzo 1955, alla presenza del capo dello Stato, Luigi Einaudi. Il film ebbe un notevole successo, incassò 360 milioni di lire, poco meno di Grisbi di Becker e poco più del Delitto Perfetto di Hitchcock.
L’occhio e la memoria della spedizione: Mario Fantin
Al seguito della spedizione era l’operatore e regista Mario Fantin, già conosciuto per le sue imprese fotografiche e cinematografiche in ambito alpinistico. Le riprese furono realizzate utilizzando varie cineprese 16mm, un cavalletto per dare stabilità alle immagini e pellicola 16mm Kodachrome. Fantin effettuò tutte le riprese fino a 6.560 metri, poi fu obbligato a fermarsi e istruì gli alpinisti che poterono così documentare la parte finale della scalata. Mai prima riprese cinematografiche erano state effettuate a tali quote.