Presentato in Concorso al Festival del Cinema di Cannes 2021, giovedì 10 marzo arriva nelle nostre sale Parigi, Tutto In Una Notte, il film scritto e diretto da Catherine Corsini con protagonisti Valeria Bruni Tedeschi, Marina Foïs e Pio Marmaï.
Il film
Raf (Valeria Bruni Tedeschi) e Julie (Marina Foïs), una coppia sull’orlo della rottura, si ritrovano in un affollatissimo pronto soccorso la sera dopo un’importante manifestazione di protesta dei gilet gialli a Parigi. L’incontro con Yann (Pio Marmaï), un manifestante ferito e arrabbiato, manderà in frantumi le loro certezze e i loro pregiudizi. Sarà una lunga notte.
Catherine Corsini
Vi proponiamo qui sotto un estratto dell’intervista rilasciata dalla regista Catherine Corsini.
Con questo film lei ritorna a occuparsi del tempo presente e a parlare di temi di attualità, come le proteste dei Gilet gialli…
Volevo fare un film che parlasse di questioni di attualità scottanti, di quello che succede nel mondo di oggi, incluse le sue divisioni sociali ma non ero sicura del modo in cui affrontare queste tematiche. Come potevo rendere drammaturgicamente quello che stava succedendo? Sarei stata in grado di fare un film politico senza usare l’approccio duro dell’attivista? Quale prospettiva dovevo adottare? Come fare le riprese? Durante tutta la produzione di questo film, ho pensato molto all’approccio, farsesco e al tempo stesso profondo, che Nanni Moretti usa per comunicare le sue convinzioni politiche. Stavo cercando una trama narrativa proprio quando ha avuto inizio il movimento dei gilet gialli.
Perché ha scelto un ospedale per ambientare una storia di frattura sociale?
Quando sono svenuta e mi sono ritrovata al Pronto Soccorso dell’Ospedale Lariboisière, il primo dicembre del 2018, ho capito che avevo trovato l’espediente narrativo giusto per il film e per collegarmi al clima sociale odierno. Per tutta la notte ho seguito attentamente il modo in cui veniva gestita l’attività dell’ospedale, ho osservato il personale stremato e schiacciato da un carico di lavoro eccessivo, il personale era attento ed empatico nei confronti dei pazienti, ma non poteva permettersi di essere anche gentile; ho studiato i pazienti assembrati nella sala d’attesa, in shock, sconvolti, o bisognosi di qualcuno che li ascoltasse… La situazione è ancora più marcata all’Ospedale Lariboisière, che si trova vicino alla stazione ferroviaria e soccorre persone in condizioni di povertà, individui di passaggio, tossicodipendenti, persone con disturbi psichiatrici, minori non accompagnati…Dopo questa esperienza, ho pensato che l’ambiente di un pronto soccorso fosse il posto che mi serviva per raccontare la storia che avevo in mente. Far incontrare una coppia al femminile dell’alta borghesia in un ambiente in cui sono presenti persone di tutti i ceti sociali poteva generare dibattiti e attriti e ritrarre i contrasti e le divisioni della società. Volevo affrontare questa realtà e parlarne attraverso il personaggio di Yann. Yann ama il suo lavoro, ma non riesce a sbarcare il lunario. Vuole dire la sua, come tanti gilet gialli, farsi ascoltare.
In Parigi, Tutto In Una Notte la crisi sociale diventa anche la metafora di una crisi relazionale…
Volevo amplificare entrambe le sfere, quella sociale e quella intima. La crisi dei gilet gialli ha spinto la società a porsi delle domande. I miei personaggi principali hanno forse una vita confortevole, ma la loro relazione non lo è altrettanto. È bastato un evento come una caduta e la conseguente notte in ospedale, perché le cose fossero improvvisamente messe in una diversa prospettiva.
Le relazioni fra le diverse classi sociali sono un tema costante nei suoi film. Cambia qualcosa parlarne oggi, nel contesto di una crisi sociale?
Quando fai un film ambientato in un’altra epoca hai il vantaggio di poter vedere quell’epoca con il senno del poi, con l’aiuto di tempo, analisi e statistiche. Quando sei nel bel mezzo di una crisi non è affatto la stessa cosa. Ma per quanto riguarda la crisi dei gilet gialli che è scoppiata nel 2018, era già da tempo che queste persone si sentivano emarginate, sentivano la divisione fra Parigi e la provincia. Sentiamo parlare di questa frattura sociale dal 1998. Il movimento dei gilet gialli è la continuazione di altri movimenti storici che sono stati repressi ferocemente, come quello della Comune di Parigi. Questi movimenti esprimono un sentimento che ha radici popolari e che potrebbe a volte sembrare populista ma rappresenta semplicemente la reazione all’ingiustizia e la rabbia che deriva dal non sentirsi rispettati e ascoltati.
“Potrebbe sembrare un po’ utopico e ingenuo ma volevo realizzare un film che rispecchiasse il mio sentimento verso la nostra società, il mio auspicio, quello che vorrei che diventasse: una società aperta piuttosto che respingente, arroccata su una posizione di potere. Volevo dare una possibilità all’idea di un futuro più umano, democratico e rispettoso”.
Catherine Corsini