Dopo essere stato presentato alla 78esima Mostra del Cinema di Venezia, giovedì 14 aprile arriva nelle nostre sale Sundown, il film scritto e diretto dallo sceneggiatore e regista Michel Franco, una pellicola, ambientato ad Acapulco, piena di suspense, graffiante e bollente con protagonisti Charlotte Gainsbourg e Tim Roth.
Il film
Quando un’emergenza lontana richiama la ricca famiglia Bennett nel Regno Unito, interrompendo una vacanza sulla costa messicana ad Acapulco, si fanno spazio tensioni ribollenti tra i rampolli Alice (Charlotte Gainsbourg) e Neil (Tim Roth). Il delicato equilibrio della famiglia apparentemente affiatata, inclusi i fratelli Colin e Alexa (Samuel Bottomley, Albertine Kotting McMillan), viene sconvolto una volta per tutte.
Continuando la sua osservazione di individui e società sotto pressione, lo scrittore e regista Michel Franco esplora le vette e le profondità di un Acapulco – e di una famiglia – che è più di quanto non possa sembrare. Svolgendosi in eleganti suite d’hotel e trasandati ritrovi per turisti di una località balneare eterogenea e stratificata, e mostrandoci la guerra psicologica di una dinastia precaria, Sundown si dipana con colpi di scena acuti e furtivi.
Michel Franco
Riportiamo qui sotto un estratto dell’intervista rilasciata dal regista Michel Franco.
Quali sono le origini di questo film e cosa ti ha spinto a raccontare questa storia in particolare?
È un mix di diversi elementi. Ho scritto il film durante una profonda crisi personale. Mi stavo chiedendo dove mi trovassi negli aspetti personali della mia vita e per la prima volta ho iniziato a pensare che la vita non è infinita e che le cose hanno una fine. Questo successe dopo un viaggio che feci ad Acapulco, con una ragazza. Mentre ci allontanavamo in macchina dall’hotel alle 20:00 per cena, siamo stati fermati e alcuni poliziotti federali ci hanno puntato contro una pistola in modo molto aggressivo. Si chiedevano se la mia ragazza fosse in pericolo, se stesse con me contro la sua volontà. Volevano che uscissi dal veicolo. Sapevo che non lo avrei assolutamente dovuto fare. La mia ragazza non capiva cosa stesse succedendo, mi chiese di fare come dicevano. Sono riuscito a uscire dalla situazione scappando, ci hanno seguito e minacciato, ma siamo riusciti a tornare sani e salvi in hotel. Questo mi ha reso triste, perché Acapulco è uno dei miei posti preferiti.
Puoi descrivere la dinamica familiare unica di questo film? Sembri affascinato da un certo tipo di famiglia: ricca, insulare, quasi oligarchica…
Penso che sia il fatto che alla fine, tutti gli strumenti che dovrebbero avere, che provengono dal denaro, dall’istruzione, da una vita privilegiata, non significhino nulla, perché continuano a commettere gli errori più elementari, non riescono a comunicare l’uno con l’altro. Per me è sempre affascinante quanto si possa fare del male a qualcuno che si ama. Lo ripeto, queste sono persone che dovrebbero riuscire a trasmettere le loro idee e i propri sentimenti, ma continuano a rovinare tutto.
Questo film è su una famiglia in particolare, ma parla di questioni più ampie, come la disuguaglianza economica, l’interruzione delle comunicazioni, la violenza in molte forme.
La famiglia è molto particolare. Spero che le persone riescano a immedesimarcisi trovando dei temi universali, ma esistono nel loro universo unico, nel modo in cui si relazionano tra loro.
C’è una linea di demarcazione tra NEW ORDER, il tuo film precedente, e SUNDOWN, in termini di violenza, e il modo in cui la violenza viene inflitta a certe persone.
In Messico viviamo quotidianamente con la violenza, quindi non posso separarla dalla mia scrittura. Penso che sia pazzesco normalizzare la violenza e accettarla: il minimo che possa fare è discuterne nelle mie opere e cercare di capire come una società possa andare avanti pur accettando quella violenza. Chiunque conosca in Messico è stato minacciato sotto tiro, a volte dai poliziotti, ma è più spaventoso in quell’occasione rispetto a quando viene fatto dai criminali, perché a loro basta dargli quello che vogliono. Il crimine e la violenza fanno parte della vita in Messico: o ti trasferisci da qualche altra parte o provi a capirlo. Quindi, come narratore, devo esplorare quella realtà.
L’idea del sole è molto profonda in questo film: sta proprio lì nel titolo e forse è una metafora per i personaggi. Puoi parlarci dell’importanza del sole in questa storia?
Il sole è vita e morte allo stesso tempo. Il sole è un filo conduttore in questo film e allo stesso tempo Neil si apre sempre di più al sole, ma non è necessariamente una buona cosa. Tuttavia, Neil sa esattamente quello che sta facendo, quindi è una contraddizione e questo mi piace. Detto questo, personalmente sono terrorizzato dal sole per il cancro alla pelle. Quando ero piccolo, la gente pensava ancora che il sole fosse buono, che potevi sdraiartici per sei ore e abbronzarti, che fosse una cosa buona. Questo modo di pensare è cambiato.