Da giovedì 21 aprile arriva nelle nostre sale Un Figlio, il film diretto da Mehdi M. Barsaoui, un potente dramma familiare tra Etica e Religione, all’alba della primavera araba, teso come un thriller e ispirato al cinema di Asghar Farhadi. Un film che tocca le corde più profonde dell’animo umano e che si avvale dell’interpretazione magistrale di Sami Bouajila, che gli è valsa il premio come Migliore Attore nella sezione Orizzonti del festival di Venezia, ai César 2021 e ai Lumiere Awards 2021.
Il film
Tunisia, estate 2011. Fares (Sami Bouajila) e Meriem (Najla ben Abdallah) sono una coppia felice, hanno un figlio di dieci anni di nome Aziz e una primavera araba che porta con sé la speranza di un futuro migliore per la Tunisia. Le loro giornate trascorrono felici e spensierate, ma la tragedia è dietro l’angolo. Al ritorno da un fine settimana a Tataouine la loro auto cade in un’imboscata, sconvolgendo le loro vite per sempre e facendo emergere un segreto inconfessabile. Fino a che punto è lecito spingersi per salvare il proprio figlio?
Il senso della genitorialità
Un Figlio, che segna il debutto cinematografico del regista tunisino Mehdi M. Barsaoui, formatosi in Italia al DAMS di Bologna, attraverso una vicenda profondamente connotata dalle contraddizioni della Tunisia attuale, mette in luce tematiche e pone interrogativi di significato universale. L’intreccio fra una cultura patriarcale e l’irrompere della modernità, il conflitto tra ciò che sarebbe tecnicamente e idealmente possibile per salvare una giovane vita e ciò che risulta di fatto oggettivamente impossibile scuotono le nostre coscienze in un crescendo di interrogativi sul senso della genitorialità, sull’inattesa frattura tra la realtà della biologia e quella della biografia.
In attesa di un futuro migliore
E il dramma di una famiglia obbligata a decidere si inscrive in uno scenario dove alla speranza si sostituisce progressivamente la violenza e l’orrore di una indicibile mercificazione. Finché l’incontro di uno sguardo tra una madre e un padre ci apre a un tempo futuro dove guarire significa anche rifondare le relazioni umane su valori ben più forti di quelli meramente genetici.