Sarà da domani al cinema Diplomacy – Una Notte per Salvare Parigi del regista premio Oscar Volker Schlöndorff con André Dussollier e Niels Arestrup, presentato all’ultimo Festival di Berlino. A Settanta anni di distanza e ad un Secolo dallo scoppio della Prima Guerra Mondiale, questo film, tratto dall’opera teatrale Diplomatie di Cyril Gely, ripercorre un fatto del Secondo Grande Conflitto.
Il 25 agosto del 1944, gli alleati entrano a Parigi. Poco prima dell’alba, il generale tedesco Dietrich von Choltitz (Niels Arestrup), governatore militare di Parigi, si prepara ad eseguire gli ordini di Adolph Hitler, distruggere la capitale francese. Ponti e monumenti sono tutti stati minati e sono pronti ad esplodere. Ma sappiamo che Parigi non verrà distrutta. Per quali ragioni von Choltitz si rifiutò di eseguire gli ordini del Führer, nonostante la sua lealtà senza limiti per il Terzo Reich? Sarà stato lo svedese Raoul Nordling (André Dussollier), console generale a Parigi, a far cambiare idea al Generale?
Il regista Volker Schlöndorff ha rilasciato un’intervista di cui vi proponiamo qui sotto un estratto.
Cosa la ha attirata in questo progetto?
La guerra mette gli uomini in situazioni estreme e tira fuori il meglio e il peggio dell’uomo. In questi giorni, un conflitto tra la Francia e la Germania è così impensabile che ho trovato interessante ricordare come fossero in passato le relazioni tra i nostri due paesi. Se, Dio non voglia, Parigi fosse stata rasa al suolo, dubito che si sarebbe creato un legame franco-tedesco. Inoltre, mi attirava l’idea di poter dedicare un tributo a Parigi. Sono legato a quella città, ci vado da quando avevo 17 anni, conosco ogni ponte e ogni monumento. Durante tutti quegli anni in cui sono stato assistente alla regia di Louis Malle e Jean-Pierre Melville ho esplorato più strade io a Parigi di un autista di taxi! Inoltre, amo Parigi e l’avermi chiesto, 50 anni dopo l’evento, di celebrare la sua sopravvivenza, è stato per me un vero privilegio.
Ha fatto ricerche sull’incontro tra il Console Raoul Nordling e il Generale Dietrich Von Choltitz?
L’incontro che abbiamo girato non è avvenuto con le stesse modalità. È storicamente certificato, Nordling e Choltitz si sono incontrati più volte, l’ultima delle quali pochi giorni prima del 24 agosto, presso il Meurice Hotel e al Kommandantur, per negoziare uno scambio di prigionieri politici tedeschi in cambio di prigionieri della Resistenza francese. E l’incontro funzionò molto bene. Tra il 20 e il 24 agosto, i due uomini si erano accordati per una sorta di cessate il fuoco. I combattenti della Resistenza erano riusciti a invadere il quartier generale della polizia di Parigi ma temevano che i tedeschi avrebbero potuto pensare a ritorsioni contro Parigi perché le loro truppe erano ancora in città. Il console e il generale contrattarono, con un complesso negoziato, una tregua in modo che i tedeschi potessero muoversi dentro Parigi senza incorrere in attacchi e imboscate della Resistenza. Durante l’incontro si è parlato anche della bellezza di Parigi e del pericolo della sua imminente distruzione. Esistono le biografie dei due uomini, scritte nel 1950. Includono le loro personali testimonianze in cui ognuno di loro fornisce un ritratto di se e del proprio lavoro ma si devono leggere con il beneficio del dubbio.
Dove finisce la realtà e dove inizia la fiction?
La fiction gioca un ruolo fondamentale nel film, ed è ciò che mi interessava di più. Alcuni fatti sono realmente accaduti e Cyril Gely, l’autore del testo teatrale, li ha usati come punto di partenza: i due uomini si conoscevano realmente e avevano parlato del destino ultimo di Parigi. Ecco perché gli Alleati avevano utilizzato il Console come tramite con Von Choltitz, chiedendogli di recapitargli una lettera, probabilmente scritta dal generale Leclerc, che conteneva una proposta per il Generale di abbandonare la città e liberarla senza distruggerla. Come mostrato nel film, il Generale Von Choltitz probabilmente respinse l’ultimatum. Abbiamo strutturato la narrazione partendo da alcuni fatti storici e cercando di capire lo stato d’animo del generale tedesco. La camera d’albergo con il passaggio segreto e la scala nascosta attraverso la quale passava l’amante di Napoleone III, sono una pura invenzione. Ho preferito alleggerire i toni e svincolarmi dalla fedeltà ai fatti. Inoltre, al contrario che in teatro, sullo schermo è necessario un punto di vista, sapere chi sta raccontando la storia e il motivo per cui la sta raccontando. In questo caso poteva farlo solo il Console. Ecco perché il film inizia con una sua passeggiata di notte per le strade di Parigi, ossessionato dalle immagini della distruzione di Varsavia e torturato da una domanda assillante: come convincere il generale ad evitare di far eseguire l’ordine di distruzione firmato da Hitler il giorno prima. Senza scrupoli. Se Parigi è in pericolo, tutto è lecito.
Come ha sviluppato i personaggi?
Von Choltitz, senza essere un martire, anzi molto lontano da esserlo, era comunque in una situazione difficile: era uno dei soldati fedeli al Führer, ha partecipato al massacro degli ebrei in Europa orientale e alla distruzione di Rotterdam. Il Generale incarna la terza o quarta generazione di una lunga stirpe di ufficiali e la sua identità è esemplificata da regole militari, come l’obbedienza – la base di un esercito efficace – l’amore per la patria, per la famiglia e l’onore. Tanto che, nell’agosto del 1944, quando ormai tutti i generali tedeschi avevano smesso di credere nella vittoria, Von Choltitz ricevette l’ordine di distruggere Parigi. La sua reazione fu un attacco d’asma: era incapace di eseguire l’ordine, ma non sapeva come evitare di compiere il suo dovere. Era apparentemente una questione di libera scelta, ma non per lui, lui in realtà non aveva scelta. Sapeva quello che avrebbe dovuto fare, ma non aveva la forza per farlo. A differenza della sua mente, il suo corpo si è ribellato. Proprio in quel momento, il Console si è rivelato quasi come un salvatore agli occhi del Generale che fino a quel momento lo aveva considerato un intruso che si era introdotto furtivamente nella sua suite. Nel momento in cui il console era sul punto di abbandonare la stanza, Von Choltitz ha avuto un attacco d’asma, come se volesse trattenerlo: era la voce del suo inconscio. Il Console voleva, a qualsiasi costo, porre fine alla guerra. Secondo lui, tutto era lecito per raggiungere il suo scopo. Il mio obiettivo è stato quello di rendere omaggio al coraggio, alla dedizione e al lavoro di questo diplomatico di successo, il vero eroe del film. E’ l’incarnazione di valori umani che vanno oltre le leggi dello stato.
I due protagonisti si affrontano l’uno contro l’altro con circospezione come se fossero due giocatori di scacchi.
Ancora meglio, come se si affrontassero in cinque o sei roundes di boxe. Ogni contendente prepara con cura il colpo seguente ma non ci sono knock-out. Ho diviso la sceneggiatura in diversi movimenti musicali. Dopo una introduzione con andante, durante la quale i due personaggi prendono le rispettive misure cercando di capire come l’altro risponderà, i momenti più incalzanti si alternano a ritmi meno intensi. Non è facile ottenere delle interpretazioni così veritiere con due attori che non cercano di sovrastarsi l’un l’altro. Anzi, al contrario, Niels Arestrup e André Dussollier hanno usato il loro talento e la loro esperienza per servire la trama.
Qual è il ruolo svolto da Parigi?
Parigi non è affatto lo sfondo della storia, ma è il terzo personaggio! La città è sempre protagonista, sia quando il buio si dirada per dar spazio alla luce dell’alba o quando le luci dell’Hotel Meurice si spengono improvvisamente per la mancanza di corrente. Parigi è la città della luce, di notte e di giorno, tuttavia rimane una ‘estranea’. Era importante sottolineare il senso di confinamento dei due protagonisti, spostandosi dall’hotel per poi tornare dentro. Quando il generale fa la scelta, che è il momento culminante del film, la fotocamera è sui tetti di Parigi – lo splendore del Louvre si staglia in primo piano, così come l’imponente Grand Palais, il Sacré-Coeur e l’Opera House in lontananza. Solo in quel momento ci viene svelato il terzo personaggio in tutto il suo splendore e sentiamo impellente la sua presenza, il soggetto attorno a cui è costruito il film, Parigi.