Cédric Klapisch, il regista del mitico film cult L’Appartamento Spagnolo (uscito nelle sale vent’anni fa), ha diretto La Vita è Una Danza, una commedia francese – da giovedì 6 ottobre al cinema – che insegna il valore della rinascita anche di fronte alle sfide più ardue, rivolgendo sempre lo sguardo verso il lato più luminoso della vita e abbracciando nuove opportunità. Protagonista del film la prima ballerina dell’Opéra di Parigi Marion Barbeau, qui nei panni di Elise, una promettente ballerina di danza classica che vive nella capitale francese insieme al fidanzato.
Il film
Elise (Marion Barbeau) è una promettente ballerina di danza classica di ventisei anni che vive a Parigi assieme al fidanzato. La sua vita perfetta viene però sconvolta il giorno in cui scopre che il ragazzo la tradisce e rimedia un brutto infortunio in scena, la causa del quale le viene comunicato che non potrà mai più ballare. Il cammino per la guarigione fisica ed emotiva la porta fino in Bretagna, dove il calore dei suoi amici e un nuovo amore la mettono davanti alla possibilità di una rinascita. Armata di tenacia e determinazione, Elise non si lascerà sfuggire l’opportunità. Nonostante il parere dei medici, la ragazza con molta determinazione cercherà ispirazione nella danza contemporanea, nella speranza di poter tornare ancora a muovere qualche passo.
Marion Barbeau racconta…
“Élise ha le caratteristiche tipiche di una ballerina. È una combattente, una persona fortissima che si è costruita una corazza intorno dopo la morte della madre. Ma il suo infortunio le insegnerà anche a domare le sue debolezze e a convivere con le sue fragilità. Questo è ciò che ho amato di più nella sceneggiatura: il fatto che Élise non si senta mai dispiaciuta per se stessa, nonostante quello che le succede”.
Cédric Klapisch racconta…
“Non condivido quel lato oscuro e doloroso che spesso associamo al mondo della danza. Per molte persone, infatti, la danza classica è associata all’idea di sofferenza. C’è ovviamente del vero in questo: i corpi dei ballerini soffrono come quelli dei grandi atleti. Non nego i sacrifici che richiede. Ma ho preferito focalizzarmi più sull’idea della passione che del sacrificio. Non si può essere ballerini senza essere focalizzati sulla vita, perché ballare è soprattutto uno dei piaceri della vita. La storia del film si basa su un’idea di ricostruzione e rinascita, con il desiderio che ci sia bisogno di andare verso qualcosa di positivo e solare, qualunque siano gli sforzi per raggiungerlo. Potrei dire prevedibilmente che è un film sulla vita, un film sul piacere profondo di chi balla e che nutre questo desiderio di elevarsi, di superarsi”.