Alla fine è stato un trionfo per Birdman Or (The Unexpected Virtue Of Ignorance), premiato con gli Oscar come Miglior Film, Miglior Regia, Miglior Sceneggiatura Originale e Miglior Fotografia di Emmanuel Lubezky (già vincitore lo scorso anno con Gravity). Dopo la strabiliante anteprima assoluta alla 71esima Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia, questo bellissimo film ha visto premiato lo straordinario talento del regista messicano Alejandro González Iñárritu che si è avvalso di un inedito e sontuoso Michael Keaton (nomination come Miglior Attore Protagonista) affiancato da altri due candidati non protagonisti, Edward Norton ed Emma Stone.
Adattato da un racconto di Raymond Carver, Birdman è una black comedy ambientata a New York che racconta la storia di Riggan Thomson un attore in declino (Michael Keaton) – famoso per aver in passato interpretato un mitico supereroe – alle prese con le difficoltà e gli imprevisti della messa in scena di uno spettacolo a Broadway che dovrebbe rilanciarne il successo. Nei giorni che precedono la sera della prima, deve fare i conti con un ego irriducibile e gli sforzi per salvare la sua famiglia, la carriera e se stesso.
Alejandro González Iñárritu ha saputo mescolare crudo realismo e fantastico, momenti di ironia e di disperazione. Un insieme di colori e di sensazioni in successione, un (non) montaggio frenetico e concitato, la macchina da presa prima lontana poi vicinissima e quasi asfissiante. L’uso del piano-sequenza nel labirintico teatro (operazione ardua ed esaltante) è un metaforico viaggio nel labirinto della mente del protagonista.
In Birdman si abbracciano anche Teatro e Cinema e questi a loro volta si intrecciano, anche con inquietudine, alla Vita. Il palcoscenico è l’occasione per Riggan di uscire da un personaggio che gli ha dato gloria e fama ma anche un’etichetta ingombrante e un doppio che lo minaccia e tormenta facendogli credere di avere realmente dei super poteri. Il tema della maschera di ognuno di noi, il personaggio che viene prima della persona.
L’opera che cerca di portare in scena è la sua ultima possibilità di riscatto. Difficile, quasi impossibile. Tutto sembra andare per il verso sbagliato. Le prove e le anteprime sono disastrose. E là fuori la Società lo aspetta implacabile e spietata, pronta ad immortalare qualsiasi cosa con il telefonino per generare, attraverso un video su Youtube, milioni di visualizzazioni (quando corre in mutande fuori dal teatro). I giornalisti sono pronti a decretare vita o morte di un artista, i critici si fanno opinion-leader di sentimenti pilotati e imposti dall’alto in un mondo sempre più spersonalizzato.
Nello spiegare la sua opera, il regista, tocca il tema dell’Ego: “Sotto la dittatura dell’ego, soccombiamo tutti. Ci rallegriamo delle glorie passate o sprofondiamo nell’ansia delle eventuali miserie del futuro. Incapaci di affrontare il presente, lasciamo trascorrere la vita, perdendo l’appuntamento che con essa abbiamo. La battaglia dell’ego… così tragica da diventare comica. Come Don Chisciotte, non siamo altro che una ridicola commedia degli equivoci. Se il cinema è solo un mucchio di verità raccontato attraverso le bugie oppure un mucchio di bugie raccontato con molte verità, allora forse, senza battere ciglio e in un solo continuo punto di vista, questo film è la mia battaglia contro l’ego. O forse volevo fare questo film solo perché, come dice Sam a Riggan, “sono terrorizzato a morte, come tutti, di non contare nulla”. D’altronde, come ho detto, le certezze non fanno per me“.
E cosa vuole il pubblico da Riggan? Qualcosa di nuovo e di più colto o un nuovo episodio di Birdman? Vuole un’opera intellettuale o un nuovo Blockbuster da gustarsi con pop-corn e Pepsi? Quale deve essere il personaggio giusto di Thomson? Chi comanda per lui?
Ormai certo del fallimento darà tutta la sua vita, con una pistola carica. Ma sarà la sua bravura ed il rosso realismo dell’ultima scena a farlo trionfare. Una nuova maschera, una nuova vita: Birdman è volato via.
Giacomo Aricò