Il prossimo 4 giugno esce al cinema È Arrivata Mia Figlia! il film di Anna Muylaert incentrato sul sistema di regole sociali che è alla base della cultura brasiliana fin dai tempi del colonialismo e che continua tuttora a forgiare l’architettura emotiva delle persone. Attrice protagonista è Regina Casé.
Val è una governante a tempo pieno che prende molto sul serio il suo lavoro. Indossa un’inamidata uniforme da domestica mentre serve tartine impeccabili, è al servizio dei suoi facoltosi datori di lavoro di San Paolo ogni santo giorno e accudisce amorevolmente il loro figlio adolescente fin da quando era in fasce, avendolo di fatto cresciuto lei stessa.
Ogni cosa e ogni persona ha il suo posto nell’elegante abitazione, finché un bel giorno l’astuta e ambiziosa figlia di Val, Jessica, arriva dalla città natale della donna per fare i test di ammissione all’università. La presenza di Jessica, giovane risoluta e sicura di sé, spezza il tacito e tuttavia rigido equilibrio di potere della casa e Val deve decidere in chi riporre il suo senso di lealtà e che cosa è disposta a sacrificare.
Vi presentiamo di seguito un estratto dell’intervista rilasciata dalla regista Anna Muylaert.
Qual è stato il punto di partenza del suo film?
Ho iniziato a scrivere la sceneggiatura vent’anni fa quando ho avuto il mio primo figlio e mi sono resa conto di quale nobile compito sia crescere un bambino. E al tempo stesso ho anche constatato quanto proprio questo compito sia denigrato dalla cultura brasiliana. Nel mio ambiente sociale, piuttosto che accudire il proprio figlio, le donne molto spesso assumono una bambinaia a tempo pieno e demandano a lei gran parte del lavoro, considerato noioso e spossante. Ma quelle bambinaie molto spesso devono affidare i loro figli a qualcun altro per potersi occupare di quelli delle persone per cui lavorano. Ho ragionato sul fatto che questo paradosso sociale è uno dei più significativi in Brasile, dal momento che sono sempre i bambini a soffrirne, sia quelli dei datori di lavoro sia quelli delle bambinaie. C’è un problema cruciale nel fondamento della nostra società: l’educazione. È davvero possibile allevare un figlio senza affetto? L’affetto può essere comprato? E, se sì, a quale prezzo?
Quali sono le caratteristiche principali del film?
Può essere considerato un film sociale, ma non solo. Il suo approccio diretto non intende né giudicare né esaltare i personaggi, vuole semplicemente mostrare la nuda verità. La sua struttura drammatica è asciutta, quasi algebrica. Inizia con la descrizione delle consuetudini e delle regole che governano i rapporti affettivi e sociali in una famiglia di ceto superiore a San Paolo.
Poi l’attenzione si sposta su Jessica, la figlia della governante, che irrompe nel contesto domestico del tutto inconsapevole delle regole della casa e di conseguenza finisce con il valicare alcune linee di demarcazione e con l’occupare degli spazi che non le spetterebbero. Ovviamente, viene espulsa da quegli spazi che per tradizione le sono vietati. Viene “rimessa al suo posto”, solo che quel “posto” non esiste più.
Come si relaziona il film con il Brasile del passato e con il Brasile del presente?
Il film tratta di due generazioni di donne di umili origini, entrambe nate nel nordest del paese. Il personaggio principale, Val, è una collaboratrice domestica che rispetta le vecchie norme e le consuetudini separatiste e accetta di essere trattata “come una cittadina di seconda classe”, come dice sua figlia. Agli antipodi c’è Jessica, la figlia, che malgrado le sue umili origini, è piena di curiosità e di forza di volontà e pretende quello che le spetta, i suoi diritti civili. Come dice lei stessa: “Non mi considero né migliore né peggiore di chiunque altro”.