Nel primo giorno della Mostra cinematografica, a Venezia prende il via anche la 30esima edizione della Settimana Internazionale della Critica con la proiezione, Fuori Concorso, di Jia – The Family, folgorante e fluviale esordio del cinese Liu Shumin. Una monumentale opera girata in 35mm (lunga 4 ore e 40 minuti!) che emoziona e che racconta con tenerezza la Cina dei nostri giorni.
La storia, all’apparenza ordinaria, è quella di Liu e Deng: sposati da cinquant’anni, vivono in una piccola città della Cina più profonda. Quando decidono di mettersi in viaggio per andare a trovare i figli, scopriremo con loro un Paese “inedito”, lontano dagli stereotipi che certo cinema cinese d’autore ha cavalcato in questi anni, e molto più “vicino” – nei sentimenti, nei piccoli problemi quotidiani, negli affetti – di quanto pensiamo.
Un evento speciale che, per la prima volta, rappresenta la pre-apertura della SIC che avrà invece inizio domani con la proiezione, oltre che degli Orphans di Peter Mullan, di Banat (il viaggio) del nostro Adriano Valerio. Il film vede protagonista un cast d’eccezione composto da: Edoardo Gabbriellini, Elena Radonicich, Stefan Velniciuc e con Piera Degli Esposti.
Ivo (Edoardo Gabbriellini) e Clara (Elena Radonicich) vivono a Bari. Ivo è agronomo, ed ha appena accettato un’offerta di lavoro in Romania. Clara esce da una difficile storia d’amore. S’incontrano per caso nell’appartamento dell’eccentrica Signora Nitti (Piera Degli Esposti): lui è affittuario uscente, lei la nuova inquilina.
E si riconoscono all’istante, entrambi sospesi tra una vita che finisce e una nuova che comincia. Poi Ivo parte per la Romania, e Clara resta a Bari. Quando perde il suo lavoro in un cantiere navale, Clara decide di raggiungerlo. Insieme condividono lo spaesamento in una terra straniera e l’incertezza del futuro, così come la sensazione di un amore che sta nascendo. L’esilio dalla loro terra è l’unico modo per essere felici?
La società che fa da sfondo al film di Adriano Valerio è spaesata, precaria, senza punti di riferimento. In un’epoca in cui l’Italia è vista come terra dei miracoli da migranti che arrivano dall’Est e dall’Africa, Banat (il viaggio) racconta il percorso di due immigrati al contrario, verso la Romania.
Una generazione che vede i confini europei come una soglia da attraversare per cercare altre opportunità. Ma che contestualmente vive l’inevitabile senso di spaesamento dettato dal distacco dalle proprie radici, che provo io stesso, che ho lasciato l’Italia da molti anni per vivere e lavorare in diversi paesi. Ma i sogni, per quanto la corsa possa essere folle e ricca di ostacoli, vanno colti. Come mele.
Nonostante la drammaticità che sottende la storia dei personaggi, il regista ha raccontato l’avventura di Ivo e Clara anche con un tono leggero e divertente, da commedia. Perché, come spiega il Adriano Valerio “a salvare i nostri personaggi sospesi tra questo e quel mondo, in fondo, non potrà che essere un po’ di sana ironia”.