Scritto e diretto nel 2017 da Cho Sun-ho, giovedì 26 agosto arriva per la prima nei nostri cinema A Day, un lungometraggio d’esordio che prende in prestito il concetto di un giorno che si ripete all’infinito, ma con al centro un elemento molto drammatico.
Il film
Kim Joon-Young (Kim Myung-Min) è un chirurgo coreano di grande fama, ma un padre mediocre per sua figlia Eun-Jung (Jo Eun-Hyung). Torna da un viaggio professionale per festeggiare il compleanno della figlia, che da lui non spera più nulla. Mentre lascia l’aeroporto e prende l’auto nel tentativo di trovarla, lei è investita da un tassista (Kang-Sik), proprio davanti ai suoi occhi. Kim Joon-Young è poi condannato a rivivere continuamente il giorno della morte della figlia, senza sapere né perché né come. Cerca di svelare il mistero di questo giorno senza fine con l’aiuto del paramedico Lee Min-Chul, autista di ambulanza, anch’egli intrappolato in questo loop temporale.
L’idea di Cho Sun-ho
Tutto è iniziato quando il regista Cho Sun-ho che si è domandato ”Se qualcuno rivivesse in continuazione il suo peggior incubo, come si sentirebbe? Cosa accadrebbe se due persone fossero bloccate in questa perpetua realtà infernale, ma proseguissero su linee parallele senza mai incontrarsi?”. Ha, poi, aggiunto l’idea di due uomini intrappolati nella terribile situazione de “il giorno in cui la morte delle persone più care si ripete all’infinito”. Joon-young, un padre che assiste alla morte della sua adorata figlia ancora e ancora, non si arrende e cerca in tutti i modi di cambiare il corso degli eventi. Tuttavia, l’infernale giorno non si ripete solo per Joon-young, ma anche per Min-chul, un uomo che deve assistere alla morte della moglie, giorno dopo giorno, nonostante cerchi in tutti i modi di salvarla. Il film svela poco alla volta i segreti che li imprigionano, come se fossero avvolti da un filo, e delinea le ragioni e i dilemmi che li hanno portati a rimanere bloccati in questo maledetto e terribile giorno che si ripete in continuazione.
Una riflessione sul dolore e il senso di colpa
A Day può essere visto anche come una riflessione sul dolore e l’inevitabile senso di colpa di un genitore di fronte alla morte del proprio figlio. Impossibile infatti non sentirsi legati a questo padre di famiglia trascinato in un vortice di cui rifiuta l’esito. E quando interviene il secondo protagonista, anch’egli incastrato nella storia e legato allo stesso tragico evento, la meccanica già ben oliata si fa prendere la mano e permette così al regista di ottenere un ritmo ancora più frenetico oltre che più suspense, accrescendo l’intensità drammatica con la moltiplicazione dei punti di vista. L’aspetto ludico del film in cui i personaggi hanno, come in un videogioco, diverse possibilità di raggiungere il loro obiettivo è presente ma svanisce rapidamente dietro la serietà della posta in gioco.