21 marzo 1931. 90 anni fa a Milano nasceva Alda Giuseppina Angela Merini, nota semplicemente come Alda Merini. Una delle più grandi poetesse dell’Italia contemporanea, che in ogni parola esprimeva tutta la sua vita, segnata in particolare dagli anni in manicomio. La poesia è stata per lei al contempo specchio fedele ed espressione salvifica. La ricordiamo attraverso due documentari.
Alda Merini – La Pazza Della Porta Accanto
Il primo documentario di cui vi parliamo è Alda Merini – La Pazza Della Porta Accanto, diretto da Antonietta De Lillo nel 2013. La regista riprende riprende il girato da lei realizzato in occasione di una lunga conversazione avuta con la poetessa nel giugno del 1995 e in parte confluito in quello stesso anno nel videoritratto Ogni Sedia Ha Il Suo Rumore con la partecipazione dell’attrice Licia Maglietta e presentato al festival di Locarno. Circa 20 anni dopo con La pazza della porta accanto – Conversazione con Alda Merini, la regista ricostruisce integralmente quell’incontro, attraverso la tecnica del found footage applicata al proprio stesso girato insieme alle nuove immagini realizzate appositamente per il film da Luca Musella.
Nel film Alda Merini racconta la propria vita in una narrazione intima e familiare, oscillando continuamente tra pubblico e privato e soffermandosi sui capitoli più significativi della sua esistenza – l’infanzia, la sua femminilità, gli amori, l’esperienza della maternità e il rapporto con i figli, la follia e la sua lucida riflessione sulla poesia e sull’arte. Il volto della poetessa, i dettagli degli occhi, delle mani e del suo corpo, compongono un ritratto dell’artista senza nascondere le contraddizioni che hanno caratterizzato la vita e le opere di una tra le più importanti e note figure letterarie del secolo scorso. Uno sguardo inedito che con semplicità tenta di restituire la grandezza artistica e umana di Alda Merini.
Alda Merini – Una Donna Sul Palcoscenico
Il secondo documentario di cui vi parliamo è Alda Merini – Una Donna Sul Palcoscenico, diretto da Cosimo Damiano Damato nel 2009, poco prima della morte della poetessa. Il film è stato girato in presa diretta nella casa di Alda Merini, dove la poetessa dei Navigli si abbandona ad un racconto di sé puro ed elegiaco, mettendo a nudo la sua anima. Un incontro fatto di gesti, parole, sguardi. Un dialogo privato che trasuda dolore ma che rivela l’anima più segreta e nascosta della Merini, la sua sapienza antica e il suo candore. La poetica, la filosofia, la genialità della Merini viene raccontata dal regista Damato grazie ad un canovaccio che affronta i temi del dono della poesia, del misticismo, della seduzione, della musica, un dialogo che diviene confidenza, afflato dell’anima, laddove si parla del dolore, delle brutture del manicomio, della follia riversata a piene mani nella poesia, del mistero di Cristo e della passione.
“Un giorno io ho perso una parola, sono venuta qui per dirvelo e non perché voi abbiate risposta. Non amo i dialoghi o le domande, mi sono accorta che cantavo in un’orchestra che non aveva voci. Ho meditato a lungo sul silenzio. Al silenzio non c’è risposta“.
Questi sono i primi versi inediti del prologo scritto da Alda Merini e che prendono vita grazie alla voce di Mariangela Melato, interprete di alcune poesie inedite. Il documentario assume i toni di un vero e proprio recital nel momento in cui la Merini recita alcune delle sue pagine poetiche più intensamente liriche, come Genesi, Lirica Antica e Lettere. Nel film Alda si rivela una vera eterna musa, si siede al pianoforte e con la magia delle sue mani accenna alcune note di Johnny Guitar. Ma dal ritratto quotidiano della grande poetessa emergono anche momenti esilaranti, giocati sul filo dell’ironia e della complicità del “riso come antidoto al terrore” direbbe Chaplin. Alda si racconta con grazia: la sua voce è armonia pura per l’anima. Sorride e si commuove mentre parla di medici, elettroshock, maternità e poesia. Una donna sul palcoscenico è anche un viaggio per immagini del maestro Giuliano Grittini. Grande amico della Merini, Grittini è riuscito a penetrare con la sua fotografia l’anima della poetessa.
Cosimo Damiano Damato raccontò…
“Il mio è un film sulla poesia. Ho voluto raccontare oggi, nel ventunesimo secolo, la vita di un’artista, la storia di una donna che vive di poesia e grazie alla poesia. Il mio è un vero innamoramento verso la poetessa dei Navigli, sedotto dalla forza delle sue parole e dalla profondità del suo sguardo. In questi tre anni di frequentazioni ho avuto la fortuna di toccare con mano la genialità di questa donna: entrando in quella casa ho respirato un’armonia e una serenità generate proprio dal quell’equilibrio precario e dal caos che vi dimora. Desideravo raccontare la Merini vera, quella che piange pensando ai suoi figli strappati al suo seno dal manicomio, quella che ha amato la poesia fino a rischiare la vita stessa. Una scelta stilistica che mi ha portato ad un grande sacrificio, tre anni di lunghe attese sotto la sua casa sui Navigli, tre anni anche di rifiuti, ripagati, poi, da lunghi abbracci e tenerezze. A volte ho anche spento la telecamera commuovendomi con lei, altre ho lasciato la mia commozione come colonna sonora del suo racconto, altre ho sentito il suo dolore fluire e scorrere dalle sue mani calde“.
“Credo che il mio sia un film onesto e rispettoso ed anche coraggioso come è stato del resto il produttore Angelo Tumminelli. In questo viaggio ci sono stati molti compagni come il fotografo Giuliano Grittini, un uomo che si prende amorevolmente cura della poetessa, quasi dimenticata dalla su città Milano. Il prologo Una Donna sul Palcoscenico, che nel film viene interpretato in maniera vibrante dalla voce densa di Mariangela Melato, è nato al telefono nel dicembre del 2006. In un pomeriggio di pioggia ho sentito la Merini al telefono che senza nemmeno salutarci mi dice: “Ha una penna? Scriva: Una donna sul palcoscenico…..un giorno io ho perso…”. Ero in un bar e nella confusione mi sono chiuso in un bagno ed ho scritto i suoi versi dettati al telefono. Spesso penso che se in quel momento non avessi avuto la possibilità di scrivere, il mondo avrebbe perso un dono della poesia. Alda è un patrimonio ed orgoglio della cultura italiana, una vera donna sul palcoscenico“.
“Durante la lavorazione ho assistito al parto di alcune poesie durante le riprese del documentario, come nel caso di A Christian. Poesia per un figlio. Alda, mentre respirava la vita succhiando avida il filtro delle sue sigarette, abbandonata sul suo letto-talamo della cultura fra libri, fogli dattiloscritti, abiti vintage e fotografie che la ritraggono dinanzi al manicomio Paolo Pini, prigione della sua passionalità giovanile – mi guarda e mi dice: “Le regalo una poesia” – chiude gli occhi e quasi in un’estasi poetica, con le dita innalzate al cielo partorisce una lirica intensa che è negazione della poesia stessa, una provocazione da carpe diem oraziano“.
“Figlio ricordati
La musica della vita è sempre quella
Una sola persona non può avere mille duemila fogli
Un solo albero non può avere mille duemila frutti
E quando sei solo
Ricordati che la verità più grande
È la tua identità.
Lascia la poesia
Rinnegala
Vivi la vita giorno per giorno
Mangia il tuo pane quotidiano dei tuoi giovani anni”.Alda Merini