La XIV edizione di Archivio Aperto, il festival di Home Movies – Archivio Nazionale del Film di Famiglia di Bologna dedicato alla riscoperta del patrimonio cinematografico privato e inedito d’archivio che vede protagonisti film amatoriali, indipendenti, sperimentali e documentari su pellicola in formato ridotto, omaggia il genio di Maya Deren con la retrospettiva Amateur is a Lover in programma giovedì 16, venerdì 17 e sabato 18 settembre alle Serre dei Giardini Margherita di Bologna (ore 20.00, ingresso libero, prenotazione obbligatoria su Eventbrite dal sito www.archivioaperto.it). Durante le tre serate tutti i suoi film saranno proiettati nel formato originale, la pellicola 16mm, e saranno disponibili inoltre gratuitamente per tutta la durata di Archivio Aperto, fino al 27 ottobre, insieme a due documentari biografici e a contenuti extra, su piattaforma MYmovies.
Regista, antropologa, danzatrice, poetessa, scrittrice, fotografa, “gattara” – nell’affettuoso documentario The Private Life of a Cat omaggia la sua adorata gatta Glamour Girl, anticipando la febbre per i cat videos contemporanei, amica di André Breton, Marcel Duchamp, Oscar Fischinger e Anaïs Nin. Maya Deren, ucraina di nascita ma statunitense d’adozione, è una delle figure più influenti del cinema d’avanguardia americano, la prima donna a gettare le basi del cinema indipendente, una vera pioniera: tanto che a lei un altro leggendario cineasta, Jonas Mekas, dedicò il “Maya Deren Theatre”, cinema all’Anthology Film Archives di New York, il tempio del cinema sperimentale più importante al mondo. “In film I can make the world dance”, ebbe a dire delle sue pellicole, di cui rimarcò sempre l’impronta di una sensibilità “altra”, tutta femminile, anticipando tematiche di grande attualità.
Di origine ebraica, Deren, al secolo Eleonora Derenkovskaya (la madre la chiamò così in onore di Eleonora Duse), nacque a Kiev nel 1917. Era solo una bambina quando, nel 1922, si trasferì con la famiglia negli Stati Uniti dove il padre, medico trotskista caduto in disgrazia, trovò rifugio e cambiò il nome di famiglia in Deren. Una vita intensa la sua, caratterizzata da una formazione da intellettuale cosmopolita: da adolescente frequenta l’École Internationale della Società delle Nazioni a Ginevra, poi studia giornalismo e letteratura a New York, mentre tenta di pubblicare le sue poesie e frequenta i gruppi trotskisti e pacifisti newyorkesi. Fondamentali sono il lavoro di assistente alla coreografa/danzatrice/antropologa nera Katherine Dunham, pioniera della black dance, e l’incontro con il cineasta Alexander Hammid, suo futuro secondo marito e collaboratore.
Deren comprò con i soldi ereditati dal padre una cinepresa 16mm e con l’aiuto di Hammid realizzò a Hollywood il mitico Meshes of the Afternoon (1943). A New York diventa “Maya” Deren, e al Greenwich Village frequenta gli ambienti dei surrealisti, da Breton a Duchamp, da Fischinger ad Anaïs Nin: Duchamp collaborerà al progetto incompiuto Witch’s Cradle, girato alla Guggenheim Gallery durante la mostra surrealista Art of this Century e le cui immagini rimaste vedremo grazie all’Anthology Film Archives. Negli anni ‘40 e ‘50 si affermò come cineasta in un mondo prettamente maschile, influenzando enormemente il cinema e le altre arti e diventando un punto di riferimento per registi, coreografi, danzatori. Usando differenti location, dalle colline di Hollywood al mare di Long Island ai paesaggi di Haiti, Deren ha realizzato film dirompenti come At Land, Ritual in Transfigured Time, oltre a Meshes of the Afternoon, vincitore del prestigioso premio internazionale per il cinema sperimentale al Festival di Cannes, finita la guerra. Molto più tardi il L.A. Weekly scrisse che in lei, scomparsa troppo presto (nel 1961), si ritrovano “Fellini e Bergman avvolti in un corpo gloriosamente posseduto“, una definizione che oggi suona male e anche cronologicamente errata: Maya Deren viene infatti prima dei due registi europei.
Durante la serata di giovedì 16 settembre è in programma la proiezione delle pellicole Meshes of the Afternoon (1943, 18’), capolavoro onirico, nella lista dei 100 film americani migliori di sempre e al primo posto come cortometraggio e film diretto da una donna, At Land (1944, 14’), odissea emozionale di un personaggio femminile, interpretato dalla stessa Deren, alla ricerca della propria identità in un mondo dominato dalla visione maschile, A Study in Choreography for Camera, (1945, 3′), che segna la nascita del “coreo-cinema” indagando il rapporto tra danza, spazio e macchina da presa, e Ritual in Transfigured Time (1946, 14′), che ha per protagonista la ballerina Rita Christiani. I film saranno sonorizzati live da Francesca Bono (Ofeliadorme) e Vittoria Burattini (Massimo Volume) all’interno del progetto Sound in transfigured time, con il quale le due musiciste omaggiano la Deren in un dialogo al femminile con l’artista, creando suoni onirici e surreali, “un sabba sensoriale, un’immersione nell’ossessivo” secondo le parole della Bono, che sarà protagonista anche venerdì 17 settembre della lettura del testo, accompagnato da immagini d’archivio e suoni, Amateur vs Professional (1959), manifesto poetico e politico di un cinema che si libera dalle costrizioni dell’industria e dalla pesantezza tecnologica e produttiva, contrapponendo un cinema che usa cineprese leggere e mette in gioco il proprio corpo e ritornando all’etimologia del termine per esaltarlo: Amateur is a Lover.
Nella stessa serata di venerdì 17 settembre la proiezione di Meditation on Violence (1948, 12′), meditazione metafisica che prende avvio dalla gestualità della boxe cinese, “uno dei film più personali di Maya Deren” secondo Stan Brakhage, e The Very Eye of Night (1958, 15′), ultimo film terminato dalla Deren, una lunghissima lavorazione – 7 anni – che mette in scena un balletto celestiale realizzato con i danzatori della Metropolitan Opera Ballet School di New York, musicato da Teiji Ito. Sabato 18 settembre infine Divine Horsemen. The living God of Haiti (1947-54, 1977, 50′), viaggio filmico-antropologico nella cultura haitiana, che abbandona la pratica scientifica per avvicinarsi a quella mitologica, cercando il varco invisibile tra mondo haitiano e occidentale.