Alla Ricerca di Vivian Maier è stato indubbiamente uno dei casi cinematografici della scorsa stagione: un film documentario diretto da John Maloof e Charlie Siskel che ha conquistato i Festival di Toronto e Berlino, facendo scoprire agli spettatori di tutto il mondo la storia della più misteriosa fotografa del ‘900.
“Il mondo è a colori, ma la realtà è in bianco e nero” disse una volta Wim Wenders, e forse mai come per Vivian Maier, fotografa per caso nella Chicago di mezzo secolo fa, queste parole acquistano un senso profondo. Tutto è cominciato col fortunato acquisto di una scatola piena di negativi da parte di Maloof, che ha segnato l’inizio della scoperta di una delle fotografe più importanti – e di certo la più “appartata” – del XX secolo, oggi al centro di mostre nei più importanti musei internazionali.
Alla Ricerca di Vivian Maier è l’eccezionale storia di una normalità divenuta unica nel tempo, l’esercizio di una passione per la fotografia che sale la vivida scala dell’arte e diventa documento di un mondo perduto nel passato, volti e attimi di vita meravigliosamente catturati con la naturalezza che solo il talento possiede. Uno struggente esempio di immortalità. Nella sola forma accettabile.
Vivian Maier (1 febbraio 1926 – 21 aprile 2009), di professione tata per le famiglie dell’alta borghesia di Chicago, ha scattato in segreto oltre 100mila fotografie, ritrovate dopo decenni solo dopo la sua morte, ed è riconosciuta oggi come una delle più grandi fotografe di strada d’America. Il film racconta il viaggio alla scoperta di questa straordinaria figura: “Ho ottenuto il permesso di accedere alle sue cose, quintali di strani oggetti che le erano appartenuti: così ho potuto iniziare il mio lavoro investigativo – racconta il regista – ma più cose scoprivo sul suo conto, più aumentavano le domande. Le sarebbe piaciuto quello che stavo facendo? Perché aveva nascosto al mondo le sue foto e la sua vita personale? Chi diavolo era questa donna che iniziava a sembrare una figura mitologica? La mia ossessione ci ha spinti a “collezionare” interviste e aneddoti provenienti da ogni parte del mondo”.
Il risultato è un ritratto appassionante, fatto di luci e ombre, segreti e bugie: “Il nostro film – spiega Siskel – rivela un lato oscuro della Maier, più oscuro di quanto avrebbe voluto mostrare agli altri, e di quanto era finora noto. Questa, però, è solo un tratto della sua storia. Vivian Maier è stata una sorta di spia: ha catturato, spesso accompagnata dai bambini delle famiglie borghesi di cui si occupava, l’umanità così com’era, e ovunque si trovasse: tra le baracche come nei sobborghi residenziali. Era un’outsider, e ciò le regalava una forma di empatia per gli emarginati che spesso ritraeva. Parlava di sé, scherzosamente, come di una donna misteriosa. Proteggeva la sua vita privata con accanimento e si professava indipendente dai valori borghesi delle famiglie con le quali viveva. È probabile però che, segretamente, abbia desiderato di vivere quegli stessi legami familiari ai quali assisteva da decenni: legami che durante la sua infanzia erano stati recisi”.
Quanto al suo desiderio di non mostrare a nessuno la propria opera, “siamo noi stessi a decidere cosa vogliamo che il mondo sappia di noi – continua Siskel -. Eppure, alla fine, non possiamo fare a meno di rivelare chi siamo. È possibile che se Vivian Maier avesse potuto scegliere, oggi il mondo non saprebbe nulla della sua vita e delle sue fotografie. In vita aveva deciso di nascondersi e nascondere la sua opera. Ma nascondere la propria arte, ovviamente, non vuol dire distruggerla. Maier ha conservato le sue opere mettendone il destino nelle mani di altri”.
Il film è da ora librerie Feltrinelli accompagnato dal volume La Bambinaia Fotografa (a cura di Naima Comotti, pp. 80): Chi era Vivian Maier? Qual è il suo posto nella storia della fotografia del Novecento? Fotografi, artisti, critici, psicanalisti ci accompagnano nella scoperta di un’artista indiscutibile e ormai riconosciuta a livello internazionale, ci aiutano a svelare il mistero della vita di una bambinaia di professione che fece della Street Photography la sua passione segreta.
Siamo noi a decidere cosa vogliamo che il mondo sappia di noi. Eppure, alla fine, non possiamo fare a meno di rivelare chi siamo.
Charlie Siskel