Si è spento ieri sera a Varsavia, all’età di 90 anni, uno dei più grandi registi polacchi della storia: Andrzej Wajda. Autore coraggioso, schierato a difesa della società, Wajda ha saputo raccontare la storia della Polonia in modo unico e indimenticabile. Nel 1991 vinse la Palma d’Oro a Cannes con L’Uomo di Ferro, racconto del movimento di Solidarnosc. Oggi però lo ricordiamo con Generazione (titolo originale Pokoleine), la sua prima grande pellicola, da lui scritta e diretta nel 1955, che segna la rinascita del cinema polacco negli anni Cinquanta.
La scena iniziale di Generazione – “il film più importante di Wajda” come sostenuto dal critico e documentarista australiano Andrew Pike – è un tour de force tecnico che annuncia molto chiaramente che il regista è un vero e proprio talento. Il merito per la scena straordinariamente complessa va condiviso con il direttore della fotografia, Jerzy Lipman, con cui Wajda collaborò in molti film.
In un’unica ripresa della durata di due minuti, la macchina da presa fa una panoramica e poi una carrellata attraverso la terra desolata della Varsavia distrutta dalla guerra e gradualmente si avvicina a una comunità di umili abitazioni mentre la gente svolge le sue faccende quotidiane – la macchina da presa si avvicina a bambini che giocano, donne che chiacchierano, anziani che giocano a carte, e fa un primo piano di un gruppo di ragazzi intenti a un gioco pericoloso con il coltello.
In una progressione magistrale, si vede e si sente l’autentica desolazione del posto e si viene coinvolti nello sprezzante sfruttamento dei giovani al centro della storia. È una bellissima manifestazione coreografata che dà inizio a un’audace storia sulla resistenza contro l’invasione tedesca della Polonia.
Non solo Generazione era il primo lungometraggio di Wajda dopo una serie di cortometraggi e il primo di una trilogia sulla Guerra (seguito da I Dannati di Varsavia, 1957, e Cenere e Diamanti, 1958), ma rivelava al mondo che il cinema polacco stava per essere reinventato e rinvigorito da una nuova generazione di registi – non solo Wajda e il suo cameraman, ma anche il cast, incluso il giovane Roman Polanski e due giovani attori che divennero stelle del cinema polacco: Tadeusz Lomncicki e Zbigniew Cybulski.
Andrzej Wajda era atteso alla Festa di Roma per essere protagonista di uno degli incontri ravvicinati e dove verrà proiettato il suo ultimo film Afterimage dedicato alla vita del pittore polacco Wladyslaw Strzeminski (1893-1952) e delle repressioni da lui subite nel dopoguerra in Polonia per il rifiuto di piegarsi alle regole del “realismo socialista”, ovvero la dottrina ufficiale imposta agli artisti dal Partito Comunista.
Se n’è andato un uomo coraggioso, un artista che ha trovato nel cinema il mezzo per raccontare la Storia, alimentando menti e cuori.