Tratto dal soggetto di Dominique Piat, è da domani al cinema Benvenuti Ma Non Troppo, il film sceneggiato e diretto da Alexandra Leclère e interpretato da un vasto cast: Karin Viard, Didier Bourdon, Valérie Bonneton, Michel Vuillermoz, Josiane Balasko e Patrick Chesnais.
A causa di un inverno particolarmente rigido, il governo francese indice misure speciali che obbligano i cittadini proprietari di appartamenti con stanze libere ad accogliere le persone più disagiate che non possono permettersi un alloggio. Un vento di panico si scatena in tutta la Francia, soprattutto al civico 86 di rue du Cherche Midi, dove sorge un lussuoso palazzo dell’area più esclusiva del centro parigino.
Qui abitano la famiglia Dubreuil (Karin Viard e Didier Bourdon), d’estrazione borghese e conservatrice, e i coniugi Bretzel (Valérie Bonneton e Michel Vuillermoz), intellettuali e radical chic. La monotonia del condominio verrà messa a soqquadro da questa coabitazione forzata, e nel confronto con i nuovi arrivati gli inquilini benestanti scopriranno la loro vera indole.
Vi presentiamo ora un estratto dell’intervista rilasciata dalla regista Alexandra Leclère.
Da dove viene l’idea di realizzare un film su questo soggetto in particolare?
L’idea mi è venuta sette anni fa, con sempre la stessa idea che attraversa i miei film: quella di un piccolo impegno imposto ai personaggi. L’obbligo alla solidarietà. Avevo scritto una primo soggetto di una decina di pagine, che ho sottoposto a un produttore ricevendo come risposta: “Lascia perdere, nessuno ci crederà mai, è impossibile che sia prodotta una cosa del genere!” Quindi ho abbandonato questo progetto per qualche anno, il tempo che ho usato per realizzare un altro film Maman, convincendomi del fatto che non era la pellicola per me…
E perché questo?
Per due ragioni. La prima era la reticenza che sentivo intorno a me quando ne parlavo. La seconda, perché c’erano tanti personaggi in questa storia, io che amo tanto le opere che si svolgono in un unico spazio, e perché mi allontanavo dei miei soggetti preferiti, cioè la famiglia e la coppia. Ma dopo Maman, avevo voglia di tornare alla commedia e siccome sono testarda e credevo nella mia storia, mi ci sono buttata. Ho scritto tutto da sola, senza accordi, e ho fatto leggere a Philippe Godeau chi mi ha detto di sì.
Ciò che sconvolge è che l’attualità degli ultimi mesi collide con il suo scenario, immaginato sette anni fa.
In effetti, è inquietante, anche se non sono molto sorpresa…
Ognuno dei suoi personaggi simboleggia le nostre piccole viltà, la nostra coscienza, i nostri impegni esterni e principalmente; la nostra riluttanza ad accogliere da noi persone svantaggiate…
Questo è abbastanza normale, non saremmo tutti – come gli abitanti di questo condominio – scossi da quel decreto, da quel cataclisma sociale?
Di fronte a questa situazione, all’obbligo di ospitare i diseredati, i suoi personaggi si evolveranno tutti nel corso della storia e alla fine, ci renderemo conto che nonostante i loro difetti, sono sia capibili che amabili.
È questo che volevo assolutamente. Un personaggio non deve mai essere monolitico, altrimenti diventa rapidamente molto fastidioso. Si deve essere in grado di guardare la vita come la gente: da punti di vista diversi. Vorrei che il film fosse percepito come l’ho concepito io: una commedia pura che fa riflettere.
Se si analizzano i suoi quattro film (Les Soeurs Fâchées, Le Prix à Payer, Maman e Benvenuti Ma Non Troppo), si trovano temi ricorrenti: la famiglia, la borghesia, il denaro, la coscienza, in breve la voglia di mettere il dito nella piaga.
La compiacenza non è il mio forte.
Questo deriva dalla sua storia personale, dalla sua educazione?
Credo di no. Non mi riconosco nell’etichetta della regista che fa film autobiografici, per regolare i suoi conti. Les Soeurs Fâchées non era più personale di Le Prix à Payer o Maman. Il partire ogni volta di piccoli fatti reali non mi impedisce, per fortuna, di dare libero sfogo alle mia immaginazione. In Benvenuti Ma Non Troppo non c’è questa ambiguità.